IL COSA E IL DOVE
Lo scorso Venerdì 13 (già, proprio come il film “de paura”) VIRTÙ QUOTIDIANE, con il patrocinio del CONSORZIO VINI D’ABRUZZO (e di L’AQUILA CAPITALE DELLA CULTURA 2026), negli spazi del Palazzo dell’Emiciclo de L’Aquila si è svolta la seconda Edizione di ABRUZZO IN BOLLA, Evento dedicato alla spumantizzazione abruzzese che quest’anno, quasi triplicate le Aziende presenti, ha riunito nel capoluogo abruzzese il mondo delle frizzantezze.
Banchi d’assaggio, show cookings, talkings, pizza, caffè e masterclass hanno richiamato un folto pubblico che ha deciso di sfidare le inclemenze di un meteo che certo poco invitava alla freschezza di un calice bollicinoso
I TALKINGS
Interessanti e ben condotti hanno visto salire sul palco autorità ed esperti ed acceso dibattiti su più fronti, conditi con qualche assaggio di cui non Vi dirò perché fatti senza la dovuta attenzione.
DALLE CIME AGLI ABISSI, GLI AFFINAMENTI SPECIALI DELLO SPUMANTE
Si è iniziato con quegli “affinamenti speciali” che tanto fanno notizia e di cui si parla troppo poco e spesso a sproposito.
Protagonisti Antonio Arrighi (dell’Azienda ARRIGHI di Porto Azzurro, Isola d’Elba, in diretta streaming causa “vendemmia complicata”), Pierluigi Lugano (BISSON “LA CANTINA ADEGLI ABISSI” di Sestri Levante), Bruno Carpitella (VINI D’ALTURA) e Gianluca Grilli (TENUTA DEL PAGURO, Ravenna).
Dalle profondità del mare all’atmosfera rarefatta delle alte quote, tra uve e bottiglie sommerse (o sepolte nella neve), il dibattito ha toccato temi che hanno coinvolto sicurezza alimentare ed evoluzioni reali o supposte dei vini coinvolti suscitando interesse e discussioni anche “accese” tra il pubblico e i Produttori (e tra i Produttori stessi).
GLI SPUMANTI DEL MEZZOGIORNO E LA (RI)SCOPERTA DELL’AUTOCTONO
Il secondo appuntamento “dialettico” era con gli “spumanti del Sud”, quelli in cui i vitigni autoctoni recitano la parte del protagonista.
Puglia, Campania, Abruzzo e Sicilia; Bombino Bianco, Caprettone, Passerina e Carricante questi i personaggi interpretati da Antonio Pisante (PISAN-BATTÈL), Massimo Setaro (CASA SETARO), Federico Faraone(AZIENDA AGRICOLA FARAONE), Annapaola Cipolla (TENUTE ORESTIADI).
Vini che raccontano Storia, storie, Territori, forza, coscienza, provocazione, distruzione, rinascita, arte, sviluppo.
Che hanno solleticato la fantasia dei Produttori e che dovrebbero stimolare l’estro delle amministrazioni.
Che possono essere ricchezza e motore, punto di partenza per l’esplorazione di un “dove” passando dal conoscere un “chi” senza tener conto di un “quando”.
L’enoturismo può essere scevro da stagionalità.
LA BOLLA DELLE BOLLE: DOVE VA LA SPUMANTIZZAZIONE ITALIANA?
Il dibattito si è sviluppato tra storia e marketing, partendo dall’intervento in streaming di Mattia Vezzola(COSTARIPA) che ha raccontato di come il (la) Franciacorta sia nato da una intuizione e dalla voglia di confrontarsi con quello Champagne che sembrava irraggiungibile e che capacità e tecnologia al servizio della filosofia di produzione hanno consentito di avvicinare sempre di più.
Paolo Rossino (Presidente del CONSORZIO ALTA LANGA) ha detto della forza di un Territorio e di come il legame indissolubile tra questo e l’Uomo generino Qualità.
Umberto Cosmo (BELLENDA) ha poi inquadrato il “fenomeno” Prosecco dalla “timida nascita” negli anni ’60 dell’800 allo sviluppo folgorante dei giorni nostri, raccontando di come, tra l’Asti e Champagne, il Prosecco sia quasi “caduto” in una fetta di mercato che aveva bisogno di una “bolla democratica”.
Pietro Pellegrini (PELLEGRINI SPA) ha evidenziato come la Qualità senza il marketing rischi di non essere recepita dal mercato e di quanto sia dunque fondamentale lavorare sulla comunicazione.
Da ultimo, il Prof. Leonardo Seghetti, tecnologo alimentare, gastronomo e custode di infinite verità, ha tentato (invero senza troppa convinzione) di spezzare una lancia a favore di una tradizione spumantistica abruzzese che ha radici lontane e futuro incerto a causa dell’ancora reticente voglia di “fare quadrato” da parte dei Produttori con una “frecciatina” lanciata a questi ultimi circa la possibilità che il voler “disingolfare” le cantine faccia esplodere la bolla delle bolle.
L’ABRUZZO EFFERVESCENTE, DA DOVE VIENE E DOVE VA
L’ultimo dibattito ha visto autorità e Produttori cercare di convincere il pubblico (e di convincersi) che lo spumante abruzzese abbia radici solide (in parte vero se pensiamo a FARAONE e alla sua “Licenza N°1” del 21 Maggio 1983).
Il problema è il terreno nel quale queste radici stanno ora cercando nutrimento.
Quel “TRABOCCO” del quale tanto si parla, quelle “bollicine con il mare dentro” non sono il passato, non sono la Tradizione e non credo saranno il futuro.
Lo stesso “elemento paesaggistico” da cui prende nome lo “spumante d’Abruzzo” non comunica ormai più Qualità.
Nuove Denominazioni decise a tavolino per cercare di clonare i successi altrui (anche meritati) senza un adeguato supporto culturale e di marketing sono quantomeno un azzardo.
L’Abruzzo del vino non credo abbia “bisogno” di rincorrere le mode.
Le assecondi, per carità, ma valorizzi in primis quelle unicità enologiche che ben si sposano con l’unicità geografico-territoriale della Regione e che passano sotto il nome di Passerina, di Cococciola, di Cerasuolo d’Abruzzo…
L’Abruzzo, anche quello del vino, ha bisogno di concretezze, di fiducia nelle proprie capacità e di lavorare seriamente su una comunicazione a 360° che coinvolga tutti gli attori della promozione, della ricettività, del turismo eno-gastronomico.
Le bollicine?
Potrebbero aggiungere frizzantezze o essere utilizzate per festeggiare il raggiungimento dello scopo ma…la strada è ancora lunga e ricca di insidie.
E INFINE…LA MASTERCLASS
Protagonista, è il caso di dirlo, Tommaso Caporale autore della Guida “BOLLIZINE” ed ideatore di un metodo di degustazione che, anziché sgranare gli occhi e schioccare la lingua, fa aprire le orecchie.
Ingegnere informatico con la passione del vino ha mutato i propri interessi abbracciando il fascinoso mondo della radio.
Ed è così che, a forza di ronzii s’è piccato di “campionare” quelli delle bollicine, intuendo che ogni vitigno e ogni metodo di produzione possano avere un proprio timbro sonoro.
Quattro gli spumanti in degustazione (posto che si possa ancora usare questo termine).
VINCO, CITRA, EREDI LEGONZIANO e CASAL THAULERO i Produttori e una trentina di facce smarrite ma pronte a rivoluzionare il proprio metodo di approccio alla spumantistica.
Ora, non starò qui a descriverVi spettrogrammi e dettagli procedurali nè a dirVi del sentito entusiasmo di Tommaso, bensì di quello dei molti che cercavano di convincersi delle sue asserzioni avvicinando all’orecchio i calici quali fossero conchiglie.
E da quelle “conchiglie”, sotto un tendone colpito da una pioggia implacabile, si percepiva distintamente un mare in burrasca.
Davvero, fremevo di curiosità e sarei venuto a L’Aquila anche solo per partecipare a questo momento che sembrava aggiungere sprint a un mondo del vino troppo spesso “seduto” ma…
Vabbè…
Tralasciando il numero di variabili tale da inficiare qualsiasi metodologia sperimentale (soprattutto parlando di spumanti Metodo Classico) e diversi vulnus scientifici sui quali il ricordo dell’esame di “FISICA 1” mi invita a riflettere, vorrei teneste presente che le frequenze percepite dalla fascia di età più attenta al consumo del vino sono drammaticamente ridotte dall’inesorabile avanzare del tempo.
Quelle più alte sono le prime che perdiamo e, intorno ai sessant’anni (me, per esempio, nonostante la pluriennale passione per la riproduzione musicale di qualità) anche quelle tra i 3 e i 6Khz diventano un’ipotesi (dunque, cosa potranno mai apprezzare le orecchie del quasi ottant’enne illustre enologo che ha compilato la prefazione della Guida?).
L’idea poi dell’ipotetico sviluppo futuro di una app che ci consenta di analizzare un vino semplicemente avvicinando il microfono dello smartphone al calice beh…mi repelle!
Che ne sarebbe della poesia del vino?!
In un mondo in cui tutti siamo in cerca di certezze, le “incertezze” che ci regala il vino sono uno dei pochi beni rifugio su cui fare affidamento, uno dei pochi momenti in cui ci piace pensare che due più due possa non fare quattro.
Come potrà mai uno spettrogramma raccontare le emozioni suscitate dal nostro vino del cuore?!
Mah…
Avrete a questo punto sicuramente capito come io non sia riuscito a percepire differenze tra i vini in “auscultazione” e, peggio ancora, che le mie orecchie (ma anche quelle del relatore) non sono riuscite a carpire la nota stonata emessa dal sottile difetto di cui era affetto uno di loro.
E mentre penso di proporre questo “gioco” a un amico sommelier non vedente, immagino sedute di ascolto con un gruppo di amici audiofili e/o musicisti di riconosciuta fama.
È proprio il caso di dire: “chi ha orecchie per intendere, intenda”.
A LATERE
A latere c’erano i banchi d’assaggio di ben 27 Aziende del Territorio, tante bolle, davvero tante!
Tante cose conosciute, tante cose nuove, tante cose da conoscere ma…perdonatemi, a un certo punto avevo davvero troppo freddo per assaggiare con cognizione di causa e ho mollato la presa cedendo al richiamo di una doccia calda.
Tuttavia 4 vini (solo quattro) ve li voglio raccontare perché sono riusciti a zittire i brividi (provocandone di altro genere) e calmare l’animo.
SPUMANTE METODO CLASSICO “IL SANTAGIUSTA” 2014 (sbocc. 2022), VIGNA DI MORE: 70 parti di Pinot Nero e il saldo di Chardonnay per questo Metodo Classico davvero “eroico” (a cominciare dalla storia della Produttrice) che offre al naso un panorama ampio come quello che si scorge dai 700m slm delle vigne dalle quali proviene.
Frutta (anche tropicale), mela lungi dall’essere matura, cedro, nuvole tostate di nocciole e pane integrale stanno in finestra e, da dietro le tendine, gettano uno sguardo attento su sottigliezze di miele a contrastare il bastoncino di liquirizia per poi perdersi in una mineralità calcarea come la facciata della chiesa da cui prende il nome.
In bocca è bufera di freschezza, turbine sapido, quasi algido nel suo voler imporre la propria unicità, aspro nel raccontare le erbe rade dei pendii più scarrupati ma al contempo cremoso e avvolgente, pieno, ricco di suggestioni.
Un vino che sa d’Abruzzo e che non si vergogna delle proprie origini.
Da bere ascoltando PROTECT THE LAND dei SYSTEM OF A DOWN.
(92 Punti, forse 93).
SPUMANTE METODO CLASSICO “IL SANTAGIUSTA” ROSÉ (“DORÉ”) 2018 (sbocc. 2022), VIGNA DI MORE: “Doré”, come lo definisce Adriana (Tronca), un colore per errore (fa pure rima) corretto nelle analisi successive aggiungendo attenzione alla cura.
Racconta piccoli frutti rossi e petali di rosa in aggiunta al panorama che si scorgeva dalla finestra del vino precedente ma lo fa scostando le tendine di una rusticità che sa di compita eleganza, non vergognandosi di tirare in ballo la salsa di pomodoro e la torta di carote.
Sorso profondo e completo, di tensione fresco-sapida che non mostra cedimenti e grassezza che completa la percezione fruttato-agrumate.
Più forte che gentile, un vino di polso che racconta del cuore.
Da bere ascoltando TI REGALERÒ UNA ROSA di SIMONE CRISTICCHI.
(quasi 90 punti, meno del precedente ma…mi piace di più).
E lasciatemi ora dedicare due parole a quella Adriana che ha lasciato Milano e la Franciacorta per seguire il cuore e le proprie radici.
Quell’Adriana che non ha voluto sentire ragioni ed è stata più eroica dei vigneti che coltiva nel volere a tutti i costi che Pinot Nero, Kerner, Traminer stringessero amicizia con la Cococciola e colonizzassero i pendii di Goriano Valli (AQ).
Quell’Adriana che difende con i denti il proprio lavoro e le proprie idee (e che ha una figlia che, a occhio…).
Quello di Adriana è un mondo che rifugge il clamore e vive del fascino della calma, del silenzio urlato da quel Parco Velino-Sirente che vive in pace all’ombra di aree protette ben più famose.
Qui c’è bisogno di approfondire e, soprattutto, di assaggiare con la dovuta calma.
Stay tuned.
SPUMANTE METODO CLASSICO “ANNA” 2016 (sbocc. Maggio 2024) MAGNUM, CENTORAME: incredibilmente mi accorgo di non aver mai speso parole per questo Metodo Classico da Pecorino “tradizionalmente” parcheggiato 50 mesi sui propri lieviti!
Dovrò porre rimedio a questa lacuna.
Nel frattempo diciamo di questa magnum la cui “pena” è stata inasprita di ulteriori 30 mesi.
L’effervescenza è onda, adriatica e lontana dietro la collina, è intrico di canne…
Un vociare continuo e sommesso ma affatto confuso in cui ciascuno degli attori recita la propria parte senza “impallare” l’altro.
E allora ecco l’aria carica di iodio, le erbe aromatiche e il burro fuso che aspetta di diventare dolcezza di pasticceria, la pesca bianca il tè delle cinque, quello al bergamotto…
E in bocca l’effervescenza diventa crema, sostanziosa, masticabile, un dolce contrasto alla minerale sapidità che cerca di staccare di ruota una freschezza comunque mai doma.
Dimenticate il vezzo di ascoltarlo con le orecchie e fatelo col cuore, Vi ripagherà a suon di emozioni.
Da bere ascoltando ANNA E MARCO di LUCIO DALLA.
(94 punti)
SPUMANTE METODO CLASSICO “48 MESI” BRUT, FAUSTO ZAZZARA: sinceramente, non serbavo un ricordo “entusiasmante” degli spumanti “made in Tocco da Casauria” di questo coraggioso Produttore assaggiati precedentemente.
Troppo “Majgual” per i miei gusti.
Qui invece le acque sembrano chetarsi e Pecorino, Cococciola e Passerina trovare una quadra.
Complesso e poco incline al frutto, il naso dice appena di frutta bianca prima di raccontare anice e una frutta secca che si sposa con un po’ di pane per accennare tostature affatto invadenti.
Fresco e sapido, in bocca la frutta si prende invece i propri spazi e fa da legante per i richiami olfattivi che caratterizzano la chiusura.
(Quasi 84 Punti, quasi).
E QUINDI?
E quindi è il momento di ringraziare VIRTÙ QUOTIDIANE (nella persona di Marco Signori) intanto per avermi voluto ospitare e poi per lo sforzo profuso nell’organizzare un Evento complesso come ABRUZZO IN BOLLA e per aver voluto fermamente affermare il valore della spumantizzazione abruzzese (quella VERA, non quella serva del mercato e dei “facili consumi”) organizzando incontri che la mettessero a confronto, senza paura alcuna, con i mostri sacri del perlage italiano.
Ed è il momento di mettere in agenda l’Edizione 2025, un’Edizione che mi auguro non solo ancora più ricca e partecipata ma, consentitemi un piccolo buffetto agli organizzatori, ripensata forse nel periodo (e nella giornata) e dotata di un “piano B” che…può sempre far comodo.
Avanti così, alzando l’asticella!