
Se Vi dovessero chiedere dov’è Montina di Torreano non rispondete: “Ad un tiro di schioppo da Cividale del Friuli” ma: “Dove sta JACUSS” (invero NON solo)”!
Si, la casa di Sandro (Iacuzzi) Ve la dovrete forse un po’ cercare (anche se mo ci stanno pure i cartelli da seguire) ma quando, nel dubbio, fermerete la macchina…lo vedrete comparire come spiritello ed accoglierVi con l’immancabile sorriso.
Entrate!
Entrate nel suo giardino e prendete posto ai lati del vecchio carro che usa come tavolo.
Entrate ed assisterete ad altre magie: lo vedrete scomparire per poi palesarsi di nuovo con una bottiglia e due bicchieri in mano (attenzione! Lasciato a sè stesso potrebbe riuscire a moltiplicarveli per 2, 4, 8…).
Quest’anno c’era anche Marta (e gli onnipresenti Picolit e Pippo), quasi fresca di laurea in enologia, già da un bel pezzo con i piedi ben piantati in Azienda ed idee molto chiare (e non necessariamente in linea con quelle paterne).
Stesso sorriso, stessi occhi, stesso piglio, stessi valori, stesso senso di appartenenza ad una terra dalla quale i vignaioli sembrano trarre energia.
Quella di Marta è una generazione che ai valori che fanno ormai parte del DNA della sua come delle altre famiglie di Produttori, aggiunge un quid di sana “incoscienza”.
Nessun timore reverenziale, nessun preconcetto, nessuna paura di confrontarsi, nessun timore di promuove magari il lavoro di altri, voglia di crescere e di far crescere, con la propria realtà, tutto un Territorio.
Vabbè, mo basta.
Di Marta parleremo un’altra volta, magari dando voce proprio a lei (anche se le interviste non è che mi piacciano molto), magari prendendo spunto dai premi che ha già iniziato a vincere o magari da quel Sauvignon (mala bestia) che tanto coccola…
Mo ci penso, intanto…
Parliamo di Tocai (ops! Friulano).
“FORMENT”, dall’italiano “Frumento”.
Ma qui “FORMENT” sembra nascondere una sottile stilettata a quanti hanno avuto parte nella dolorosa perdita di un vino che era (ed È) molto più di quel nome cui ha dovuto rinunciare.
Non filtrato, solo lieviti indigeni, vestito di vetro solo nelle annate migliori ed una specie di Stargate sulla mia infanzia, qualcosa che è molto più che solo un nome.
Personalità da vendere e tutto uno spigolo.
Vi riempie il naso con ruvida gentilezza, come quei friulani che non vorrebbero nessuno tra i piedi ma poi faticano a lasciarvi andare.
Di profonda mineralià, racconta in maniera un po’ arruffata dolcezze di agrumi e mandorle, freschezze piccanti di zenzero, verzure di basilico, messi appena mietute ed un tocco d’acacia.
Il sorso, morbido e ciccione, è un tributo al vino che fu, quello che sapeva di vendemmie quasi tardive e che chiudeva gli occhi di fronte ai gradi alcolici (una cosa che trovo getti una sorta di ponte con il “Frascati” cui pure sono affezionato).
Un sorso che serve a pettinare l’irruenza olfattiva disegnando una elegante riga su una chioma di salina mineralità che i guizzi agrumati vorrebbero scapigliare.
Da una annata stellare un sorso lunghissimo, di quelli che “uno non ne basta”.
Compratene una cassa (almeno) e bevetelo ascoltando “BAKERMAN” dei LAID BACK.
p.s. Se doveste voler leggere qualcos’altro di JACUSS potrete farlo qui e qui.