
Siccome voglio sperare che di “CONTESA” in quanto Azienda non Vi debba più dire nulla (avete letto i miei articoli precedenti vero!) proverò a dire qualcosa del filo sottile che lega Rocco (Pasetti) a John Fante e di come ‘sto Montepulciano abbia un nome così azzeccato.
John nasce in America da padre abruzzese (di Torricella Peligna) emigrato come molti in cerca di fortuna.
Nei suoi libri indossa i panni di Arturo Bandini per raccontare storie crude e senza lieto fine, per dire di un’America senza radici che contrasta con quelle sue, profondamente affondate nell’Abruzzo paterno.
E la storia di Arturo (John) è quella di tanti, desiderosi di affrancarsi, piegati sotto il peso di sogni che l’alba dissolve in una realtà di continue difficoltà quotidiane, poco inclini a dimenticare una terra d’origine cui si avvinghiano per sentimento e necessità.
La storia di Arturo è quella di un uomo diretto, istintivo, determinato, senza maschere.
E di quella storia Rocco ha trascritto poche parole su due etichette: “ASPETTA PRIMAVERA” (di cui dovreste aver letto qui) e “CHIEDI ALLA POLVERE”.
Le ultime tre dicono del Montepulciano (e dell’Uomo), di un vino che incarna l’Abruzzo e l’attaccamento degli abruzzesi alla propria terra, di un vino che è sintesi di storia, storie, fatica, sentimenti, di un vino che è scoglio e faro.
“ASK THE DUST” (“CHIEDI ALLA POLVERE”).
E Voi chiedete…chiedete!
Lei Vi risponderà, Vi dirà cose che molti non vogliono sentirsi dire, di come un vino possa (debba) essere “semplice”, specchio di un Territorio e di una Cultura.
Soffiatela via quella polvere per vedere cosa nasconde.
Troverete una bottiglia che è come un vecchio libro dimenticato in soffitta, uno scrigno di ricordi, un viaggio nel tempo.
2017…
Sembra dietro l’angolo ma è come una porta sul tempo, uno Stargate per viaggiare altrove.
Ed il Vostro sarà un viaggio lungo…
Un viaggio che inizia da un vigneto che da ottant’anni affonda le radici in quella terra che fu dei Vestini e che oggi Rocco custodisce.
Un lungo cammino lungo il quale incontrerete soprattutto un’idea ma, per i meno “poetici” di Voi (quelli che ai descrittori ci tengono), polvere (quella da scuotere dalle scarpe), frutto, camino, spezia, confetture, prugne secche, balsamicità tabaccose che si confondono con dolcezze d’oriente e poi un agrume quasi rissoso, che genera caos.
Laggiù, in fondo, una luce d’amarena e poi di nuovo il pozzo scuro e senza fondo del caffè e del cacao.
Un vino capace di attraversaVi l’anima, un vino talmente “old style” da risultare modernissimo, affatto ruffiano, forse “rustico”, di compunta eleganza, rispettoso.
Un vino che restituisce.
Un presidio culturale.
Da bere ascoltando “ROOTS” degli IMAGINE DRAGONS.
Il prezzo?
Non Ve lo dico, ma…fidateVi.
p.s. due mesi fa un paio di bottiglie hanno “rischiato il lavandino” nel momento meno opportuno.
Colpa di nessuno (o di un fato beffardo ed avverso).
A distanza di tempo (e di spazio) mi sono preso la briga di ri-assaggiarlo, perchè se lo merita il vino e, soprattutto il vignaiolo.
Bravo Rocco!