IL COSA ED IL DOVE
E niente, pure quest’anno sono finito in bocca al “mostro” dei vini naturali.
WOW (xxxxx) il VAN del 2021, ha proposto al sempre vasto pubblico degli amanti dei vini naturali, le produzioni di una quarantina di Aziende provenienti da tutta Italia ed approdate alla Città dell’Altra Economia di Roma (per me che sono anziano, sempre Ex Mattatoio Testaccio rimane).
Speravo che il Lunedì, giorno dedicato a Stampa ed operatori del settore, fosse una giornata tranquilla ma: stai bbene così!
Lunga la fila, affollate le due sale, pubblico “tarato” (ma nessuna sorpresa in merito), talebani, influencer che dovrebbero cambiare mestiere (o per lo meno farsi vedere da un otorinolaringoiatra), Produttori davvero bravissimi e più di qualche imbarazzo.
E siccome se non vai non assaggi e se non assaggi non impari (cosa che dovrebbe valere anche e soprattutto per quei Produttori che continuano a presentare discutibili produzioni anno dopo anno) qui sto.
Dunque ho assaggiato, conosciuto, imparato, corretto opinioni e rinforzato dogmi.
Nel complesso una bella esperienza che, sicuramente, ripeterò.
Bbravi a tutti quei Produttori che mi hanno presentato i loro vini senza usare l’aggettivo naturale: mi state simpatici!
GLI ASSAGGI
L’ABRUZZO
TOCCO D’ITALY “MORMAJ”
È una vecchia conoscenza e comincio da loro proprio per questo.
MORMAJ è Territorio, e si legge: Trebbiano, Pecorino e Montepulciano.
5ha di cui la metà produttivi, Vino si ma anche EVO.
Del “TREBBIANO”, il 20% fa il giusto di macerazione.
I pendii della Majella riempiono il naso (erbaceo, floreale ed un tocco di mela).
Sostanzioso, croccante e sapido l’assaggio di un vino “quotidiano ma con classe”.
Il “PECORINO” gioca sui tanti profumi (timo, pesca gialla ed un mix di agrumi) ed il varietale, dribblando con classe quell’esotico ormai dilagante nella categoria.
Sorso congruente giocato sul frutto.
Il naso del “ROSATO” rimanda al melograno ed ai ciclamini senza dimenticare quei frutti rossi che governano un assaggio fresco e sapido ed un finale che propone le note verdi tipiche del vitigno.
Il “MONTEPULCIANO” si propone con un bel mix di frutti rossi, amarene e spezie vieppiù vivacizzate dalla peposità del cemento.
Avvolgente e carnoso il sorso, seppur di spiccate freschezza e dinamicità.
Un assaggio veloce pure per il “PET NAT” da Trebbiano (rifermentato con il mosto congelato della stessa annata) ancora non pronto ma interessante, in divenire, grazie alle belle note di erbe aromatiche e pera.
Dulcis in fundo l’EVO!
Monocultivar di Toccolana estratta davvero bene ma appena imbottigliata e quindi ancora scomposta e spadaccina.
Mi ripropongo di riassaggiarla tra un mesetto o poco più perchè sono sicuro che quel prato falciato da poco e quella foglia di pomodoro mi regaleranno sicuramente delle belle emozioni.
MCCALIN
McCalin non è Scozia ma l’Abruzzo ed il mare di Martinsicuro (per capire il nome dovete avere famigliarità con l’espressione “Di chi sci lu fije”?).
Qui, poi, maremare, visto che la casa paterna, alla fine degli anni ’50 era sotto l’acqua (oggi a 150 metri dalla riva).
7 CRU, 2ha e poche bottiglie.
Trebbiano, Montepulciano, Passerina e Malvasia.
“KUVÈ ANTICA” 2019 è Trebbiano (raccolto presto) e Passerina (raccolta tardi).
Propone briose freschezze e calma di camomilla in un’atmosfera piacevolmente fumè.
La 2020 si propone più scarica ma forse più fresca e più sapida, sicuramente più pronta e beverina.
“LIBERO ARBITRIO” è il Cerasuolo di una volta (quello che rosato non è e che è Montepulciano nell’animo) e l’unico a non provenire da un unico CRU.
82 giorni di fermentazione gli regalano note di ciliegia e cacao che stuzzicano la beva.
“ROSSO D’AMARE” 2018.
Solo mosto fiore per tutta questa ciliegia!
Interessante la nota di cipria e gratificante quel richiamo al verde che rimanda alle tipicità del vitigno ed accompagna la piacevole speziatura.
Sarà perchè “ALKEMIKO” esce da botti di castagno fatte in Sicilia che rimanda al sole, al calore ed alle dolcezze della trinacria.
Una aggraziata nota fumè può solo accompagnare.
Parlando di “INCONTRO”, devo confessare troppa vaniglia per me che amo i Montepulciano “old school”.
Diciamo: un po’ da “femmina”, comunque prontissimo.
IL PIEMONTE
TENUTA BELVEDERE
Gianluca (Cabrini) ha preso in mano e rimesso in sesto nel 2013 i 10ha di una vecchia Azienda di quell’Oltrepò Pavese che è terra di Pinot Nero (ma qui pure Moscato, Riesling, Croatina e Barbera).
Ovviamente, minimo impatto ambientale in vigna, niente più del necessario in cantina e pure le etichette a seguire questa filosofia.
Il “MOSCATO” è il secondo “non dolce” che assaggio in poco tempo (vv. “MUS-QUILA” di QUILA nell’articolo dedicato a “BUONO NON LO CONOSCEVO 2021“).
Aromatico e con un lungo ed intrigante finale amaricante a coprire quello che sarebbe dovuto essere dolce.
Un tutto che lo rende amicone e friendly alla beva.
“WAI” è un ancestrale in cui si aggiunge il Riesling al Pinot Nero.
Un naso tutt’altro che banale, niente idrocarburi per carità, ma quell’idea d’amaro e fumè che vivacizza l’assaggio dell’austero Pinot Nero aggiungendo a rose e viole la mela golden ed il giusto di spezie bianche.
L’assaggio è frizzante e dinamico ancorchè “rustico”.
“WAI” ROSÈ è solo Pinot Nero, fiorito di rose e viole ma su un bel cestino di frutti rossi succosi e croccanti cui un accenno di agrume aggiunge ulteriore simpatia.
Decisamente votato alla frutta l’assaggio che chiude con bella freschezza e sapidità (forse meno interessante del fratello bianco).
Il “METODO CLASSICO MA NON TROPPO” è presente qui dopo 52 mesi sui lieviti (deppiù per le bottiglie che ancora aspettano di essere sperimentate).
Ripropone il rosato con una impostazione radical chic.
Più che “classico”, direi “classicheggiante”, una interpretazione moderna che coniuga passato, presente e futuro.
Il “PINOT GRIGIO” esce da anfora e cemento in una veste un po’ fuori da quei canoni cui mi ha abituato il mio Friuli.
Maturo di pera e di mela golden con richiami a spezie e miele (ma è appena passata una “influencer” caduta in una bottiglia di profumo e non so se il mio naso si è ancora ripreso dallo shock) con un giusto di lemongrass a vivacizzare un sorso, non grasso, giocato sulle sapidità e sul bicchiere sempre colmo.
“LO AMO MACERATO” propone il Cortese ingentilito da un 5% di Moscato che in realtà si dà parecchio da fare.
Tonneau ed anfora, mi chiederebbe un secondo sorso ma il tempo è tiranno e…mi ripropongo di studiare meglio lui e quel Cortese che poco conosco.
“GRÉS” è quel Riesling Renano che non potrà mai ricordarmi la Mosella ma che comunque è piacevolmente “spiazzante”.
Nel suo essere varietale, associa ai pochipochi idrocarburi una bella aromaticità e tanto minerale in una interessante nota ossidativa.
Un vino per i curiosi, per quelli che riescono ad andare oltre le banalità di un assaggio comunque di sicuro successo.
Il “PINOT NERO” veste il “pinguino” e si propone, elegante di china e liquirizia, con freschezze che allontanano da schemi precostituiti (avrei forse gradito un naso più “abbondante”).
“LA COCCINEA” è la Croatina della batteria.
Figa, aggressive.
Profuma di violetta ma graffia di spezie nella penombra dell’umido sottobosco.
Bella struttura e tannini vivaci regalano un sorso assolutamente ammiccante.
Dulcis in fundo, regalo il mio premio “ABBRACCIO” a quel mix di Barbera e Croatina che, mosso nell’animo e nell’assaggio, mi riportano a quelle “barbera”, oggi fuori moda, che mi faceva assaggiare lo “zio matto” e che tanto mi facevano impazzire.
Nessuna descrizione, perchè un vino così lo dovete “da asaggiare”!
LA TOSCANA
MATRIGNANO
È la Toscana dei colli aretini.
Un’Azienda degli anni ’60, 6h di Sangiovese riveduti e corretti prima in BIO e poi in NATURALE.
Del Pet Nat “SAN”, assaggio sia la 2019 che la 2020.
La prima è davvero singolare per una nota “proteica” che, senza offesa alcuna, mi rimanda all’estate della “carne simmenthal”.
Un naso dimesso, ma un assaggio leggermente sapido e fighissimo!
La 2020 è tutto un altro vino che va ad incontrare quello della 2019 nella sua lunga progressione (probabilmente un blend dei due sarebbe salomonico ma perfetto).
“AMATO” è una dedica al primo colono dell’Azienda.
5% di Merlot a fare 100 con il Sangiovese .
Sangiovese nell’animo con quel tocco di Merlot a chiudere un cerchio di freschezze e spigoli con grazia d’oltralpe.
“OSTINATO” è invece dedicato al nonno.
Chianti Colli Aretini da vigneto promiscuo del 1969.
Quel Chianti che ce n’è sempre meno, quello delle tavole di una volta.
IL LAZIO
FRA I MONTI
5ha, 20000 bottiglie ed una delle pochissime realtà a vinificare quell’autoctono a bacca bianca che va sotto il nome di Maturano e che è finito sul Registro Nazionale delle Varietà di Vite solo da un paio di lustri.
Rocco (Toti) e Benedetto (Leone) stanno a Terelle (FR), le loro vigne a 1000m slm ed in cantina anfore, cemento e vetroresina.
“RIVOLUZIONE CABERNICANA” è Cabernet Sauvignon uscito dal cemento con frutto e sostanza.
Lo descriverei volentieri ma è già finito prima ancora che me ne sia reso conto!
Un vino da bere con la cannuccia (e se ci sono gli amici, preparatene una buona scorta).
“UNA AL GIORNO” dovrebbe essere Merlot, ma lo è meno del Cabernet.
Meno frutto e più spigoli per un assaggio di imbarazzante piacevolezza (secondo me dovrebbe “passarlo la Mutua)!
Con “TINTO DI ROSSO”, Pet Nat rosato da Merlot (con il mosto dell’annata prima), il Merlot rialza la testa e si riappropria delle peculiarità del vitigno.
Passatemi il termine: occhio a non perderci la vista!
“A LA VOLÉE” è Pet Nat di Semillon e Maturano il cui pigiato, quando esce dall’anfora, finisce in bottiglia con le bucce congelate precedentemente.
Di spiccata mineralità, propone fiori e frutta, ma soprattutto interessantissime note erbacee.
“BIANCO DI CIVITA” (dove Civita è la signora che si occupava della vigna) Fiano e Maturano, esce dall’anfora proponendoci quesiti interessantissimi da risolvere.
Ma è tannico o minerale?
Agrumato o salato?
Una progressione verticale perfetta di profumi e sostanza che: attenzione alle bottiglie bucate!
Nel complesso, vini che è difficile abbinarli a qualcosa: apriteli, iniziateli e…finiteli!
Poche storie!
Questi sono vini, non chiacchiere (e poi Rocco è troppo grosso per poterlo gontraddire)!
MARCO FALCONE
È una delle belle realtà di Piglio.
“PRIMI CINQUE” è frutto su spezie, freschezze su spigoli (arrotondati fino ad un certo punto).
“GIARROCCO” esce dall’anfora con una punta di volatile che tiene ammanettate le spezie troppo a lungo prima di liberarle con il rischio di non apprezzarle.
“5/10” viene da un impianto ad alberello ed è il più classico della batteria.
Bella e completa la proposta e la progressione che parte da un assaggio figo per terminare nelle complessità e tostature di caffè.
Un’Azienda che mi impegno a visitare al più presto.
MARIA ERNESTA BERUCCI
Beh, qui bisognerebbe scomodare un po’ di storia del Cesanese, partendo da quella famiglia Massimi che pare essere stata la prima a piantarne in zona per arrivare a quella di Maria Ernesta che da questi rilevò i terreni negli anni ’60 (2.5ha e 9000 bottiglie).
Ma per questo ci vorrebbe (e ci vorrà) un articolo a parte (anche perchè solo a parlare di “viticoltura olo-omeopatica” mi viene la pelle d’oca).
Oggi cerchiamo di essere concisi e puntuali su quanto assaggiato partendo innanzitutto dalla Passerina del Frusinate “RAPHAEL”.
L’immagine che proietta è quella del prato verde su cui ti siedi a sgranocchiare frutta gialla.
Sapido e lungo il finale di ammandorlata “interessantezza”.
“RAPHAEL” è però pure il primo cesanese della batteria.
Esce dal cemento fruttato e floreale quel tanto che serve a dominare con piglio le note erbacee introducendo ad una interessante mineralità.
Un assaggio “across borders” che nei wine bar tirerà parecchio.
“L’ONDA” è Cesanese del Piglio Superiore che fa cemento e botte di quarto passaggio.
Amarena e ciliegia matura, accompagnano balsamicità e tostature verso un finale di proteica, animale sostanza.
Assaggio caldo ed elegante reso interessante da un allungo piacevolmente amaricante.
“MOLA DA PIEDI” è si la località in cui è situata la vigna, ma pure un’immagine davvero rappresentativa della “pigiatura pedestre” cui sono sottoposte le uve.
600 bottiglie, pochepoche (ma d’altra parte i piedini di Maria Ernesta sono piccinipiccini).
In questo ritrovo il cesanese che amo, quello spigoloso, scorbutico, erbaceo e scuro di bosco umido e foglie secche.
Forse ancora un po’ “rustico” (chissà perchè mi viene in mente il De Rerum Natura) nei tannini e nelle acidità ma interessante e con un tocco tutto orientaleggiante.
I CHICCHI
Siamo ad Ardea su uno dei lembi più estremi dei prodotti del Vulcano Laziale ed il mare ad un tiro di schioppo.
Circa un ha di vigneto a Cabernet Sauvignon e Franc, 8000 bottiglie (praticamente il vino per casa).
“DIMÀ” è Malvasia di Candia e Trebbiano.
Un naso beh, non pulitissimo ma interessante: vulcanico e marino.
Corretto l’assaggio e fresca la beva.
“L’INCASTRO” fa 100 aggiungendo al 60 di Cabernet Sauvignon, il 40 di Cabernet Franc.
Quest’ultimo, manco a dirlo, governa (volutamente) l’assaggio di un vino piacevolissimo che fa solo cemento.
“TORREBRUNA” è il biglietto da visita dell’Azienda.
8 mesi di cemento ed 8 di legno.
Nella 2018, I legni di terzo e quarto passaggio stondano il Franc addomesticandolo del giusto senza fargli perdere personalità.
Nero di piccoli frutti al naso, propone un assaggio un pochino corto governato da tannini ancora troppo scalpitanti.
La 2017 interpreta un’annata particolarmente secca e calda con maggiore estrazione ed astringenza (qui, i mesi di cemento sono 10).
La prugna governa un naso più ampio, balsamico, grafitico.
Anche l’assaggio è più garbato ed accordato ed ha un allungo piacevolmente salino.
La 2016 ha tannini da vendere e, laddove la 2017 era arrivata, qui siamo di fronte ad un vino che deve ancora partire (se avessi pazienza ne comprerei per berlo tra 10 anni).
Sottobosco umido ed eucalipto accompagnano i chiodi di garofano.
Al palato i tannini sono una sensazione fisica ed accompagnano sensazioni chinate in accordo con arancia sanguinella.
ED ORA?
Ora, come sempre, inizierà per me il periodo di ricerca, studio, approfondimento oltrechè quello di “stalkeraggio” nei confronti di quei Produttori che hanno avuto la malaugurata idea di stupirmi.
Come ormai saprete, NON sono un amante dei “vini naturali”, ma la curiosità e la voglia di imparare mi guideranno sicuramente ad altri eventi come questo cui parteciperò sempre e comunque con entusiasmo e senza alcun preconcetto
In chiusura, mi prendo la libertà di fare un appunto nei confronti degli organizzatori.
Credo che il sistema del “secchio” per svuotare i vini non bevuti (ed in troppi casi “sputati”) sia davvero BRUTTOBRUTTO!
Non solo lo ritengo poco “decoroso” ma, anche e soprattutto, poco rispettoso sia nei confronti dei Produttori che del Vino.
Cambiatelo, Vi prego!