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BENVENUTO FRASCATI 2025

IL COSA E IL DOVE

Lo scorso 23 Aprile nella splendida cornice del GIARDINO L’OLIVELLA a Frascati si è tenuta l’Edizione 2025 di BENVENUTO FRASCATI, Evento dedicato alla presentazione della nuova annata del Frascati Superiore DOCG.

Presenti un gran numero di giornalisti e autorità, l’Evento si inseriva all’interno della 4° Edizione di VINALIA PRIORA, la tre giorni organizzata dal COMUNE DI FRASCATI (con il contributo di Regione Lazio, ARSIAL, MUSEO TUSCOLANO, LAZIO INNOVA, FRASCATI SCIENZA, IPERICO SERVIZI e CONSORZIO TUTELA DENOMINAZIONI VINI FRASCATI).

Una Edizione che quest’anno ha voluto valicare i confini del Vulcano Laziale e avvicinare il pubblico alla totalità di un Lazio vitivinicolo che dimostra ogni giorno di più la volontà di emergere a livello anche internazionale presentando vini di livello assoluto.

VINALIA PRIORA

Come già accennato, l’Edizione 2025 dell’Evento inserito all’interno delle iniziative proposte da CASTELLI ROMANI CITTÀ ITALIANA DEL VINO 2025 segna una svolta nel percorso degustativo offerto al pubblico.

Quest’anno, infatti, è stato organizzato un vero e proprio tour nelle geografie dei vini del Lazio abbracciando storia, arte, paesaggio, cultura e qualità dell’intera Regione.

Frascati, che dà il nome alle uniche due DOCG del Lazio, dimostra oggi di non aver paura di assumersi la responsabilità di farsi volano dell’enologia dell’intera Regione e lo dimostra ancora una volta con i numerosi convegni e masterclass che divulgator ed esperti dedicheranno a un Lazio del vino sconosciuto a molti, come quello delle Isole, della Ciociaria, della Tuscia…

Un Lazio che si dimostra poi Territorio assolutamente unico nel momento in cui realizzate che può proporci vini da 6 areali differenti: Isole, Costa, Vulcani, Colline, Laghi e Montagne.

LA MASTERCLASS

Più che una masterclass, IL FRASCATI E IL VULCANO LAZIALE è stata una vera e propria Lectio Magistralis tenuta dal Prof. Attilio Scienza (in collegamento web).

Intanto: “le” Vinalia.

Erano due: le VINALIA RUSTICA (o ALTERA) che si celebrava il 19 Agosto nelle campagne attorno alla città di Tusculum e le VINALIA PRIORA (o URBANA) che, proprio il 23 Aprile, a Roma, celebravano la possibilità di bere, finalmente, il vino prodotto nell’anno precedente.

Due festività dedicate a Giove (e forse a Venere)

Poi il Vulcano Laziale, 600000 anni di storia 60Km di diametro e 1600Km^2 di superficie ricoperti da quasi 300Km^3 di materiali emessi (massimamente piroclastiti) in tre fasi eruttive.

Una storia che ha visto l’ultimo acuto 36000 anni fa e che oggi continua sommessamente (stante la quiescenza dell’apparato).

Sui suoi suoli profondi e particolarmente insensibili alle carenze idriche da migliaia di anni la viticoltura è ben più che semplice attività contadina, è Storia, Cultura, tradizione, geografia, paesaggio, cambiamento.

Dalle viti maritate di Etruschi e Romani ai tendoni degli anni ’70 i Castelli Romani con Frascati in prima linea hanno visto il Territorio mutare per motivi storici e sociali.

L’istituzione della prima DOC italiana (1967) ha quasi coinciso con uno spopolamento delle campagne e la perdita di una generazione di vignaioli e del rapporto tra Territorio e produzione.

I sistemi di allevamento sono stati adeguati alle crescenti richieste del mercato e gran parte del patrimonio ampelografico locale ha rischiato di andare perduto per sempre.

L’occhio troppo spesso poco lungimirante delle cantine sociali ha preferito la produttività della Malvasia di Candia alla Malvasia Puntinata, al Trebbiano Verde, al Bellone e l’enologia aggressiva e di correzione ha fatto scempio di quella di Qualità.

Reso poi merito ai due Santarelli che, uno nel pontino e uno sui Castelli Romani, tanto hanno fatto per ridare lustro alla Qualità vitivinicola del Lazio, il Prof. Scienza ha iniziato con le “bacchettate” sottolineando come ci sia ancora tanto lavoro da fare per capire non solo il vigneto ma anche quello che c’è intorno.

La vocazione di un Territorio, intesa come “costitutiva” e consapevole del tempo (la Storia) e dello spazio (il Territorio e la collettività che lo abita) è niente senza una visione ontologica dello stesso, che sia cioè rispettosa del suo valore culturale e che definisca quelle che sono le responsabilità del Produttore al suo interno.

E lo stesso vigneto va ripensato tenendo conto della storia evolutiva di quella vitis vinifera che da sempre ha ricercato “naturalmente” un tutore cui aggrapparsi.

È dunque sbagliato non solo non rimettere al centro i vitigni tradizionali ma anche pensarli senza un bosco intorno che favorisca lo scambio di informazioni, le interconnessioni tra piante.

E va ripensato il modo di lavorare i terreni salvaguardando il più possibile il microbioma, evitando gli scassi e limitando l’uso del rame.

Il Professore ha poi concluso sottolineando quello che gli inglesi indicano con il termine “eritage”, l’eredità intesa come memoria del patrimonio storico e culturale, un’eredità senza la quale, in futuro, ci ritroveremo a bere dei vini sicuramente buoni, stabili, che durano nel tempo ma che non avranno il carattere del Territorio dal quale provengono.

GLI ASSAGGI

Tre i vini in degustazione, in rappresentanza di tre areali differenti dell’enorme edificio del Vulcano Laziale.

Tre vini rigorosamente “coperti” (e non svelati) provenienti da Nord il primo, da Ovest il secondo e da Sud il terzo.

Tre vini che Jacopo Manni ha invitato a degustare pensando a come ciascuno possa rappresentare non tanto la tipicità di un suolo eterogeneo si ma non poi così tanto dal punto di vista geologico, quanto quella di areali differenti per esposizione e quota.

1600Km^2 non sono certo bruscolini: a Nord le propaggini dell’Appennino proteggono, a Ovest il mare è ben più che un lontano panorama, a Sud il calore è protagonista; tra i circa 100m slm delle vigne più basse e i circa 550 di quelle più alte ci possono essere anche 3° termici di differenza e tutto questo, il vino, lo racconta con dovizia di particolari.

Tre vini frutto di un’annata 2024 che ha rasentato la perfezione e che, se non fosse stato per le piogge di Settembre e Ottobre sarebbe potuta essere l’annata del secolo.

Veniamo comunque ai vini di cui non conosco le etichette e dei quali mi limiterò a darVi le mie solite impressioni azzardando quello che potrebbe essere il Produttore (ma senza fare nomi ché, se poi me dovessi sbajà, non leggereste mai più gli articoli che scriverò in futuro).

1. – figlio di un “dove” del Nord e aperto a quanto l’Est trasporta si presenta con un abito di sbarazzine freschezze.

Boschivo e profondamente piroclastico, veste intrecci di erbe aromatiche e macchia mediterranea su un tessuto floreale di mughetti.

La frutta ha il vegetale della nespola, la succosità del cedro e del pompelmo e l’immancabile firma della mandorla.

Il sorso è chiacchiera sbarazzino ma sottintende un domani di parole meditate, glicerico quanto serve a compensare il filo tagliente della sapidità e la vegetale, ortolana freschezza di lattuga.

Si congeda con un netto timbro salino, un ritorno piccante di rafano e la ceralacca con impresso il sigillo ammandorlato della Malvasia.

Non ne ho ovviamente la certezza ma mi sa tanto essere figlio dell’enologo più famoso e di quella sua cantina che sta sulla Frascati-Colonna, a sx subito dopo il semaforo.

Solo 87 Punti ma tanto divertimento.

2. – un Frascati del West, che gioca più sull’equilibrio (forse troppo) che sui duelli al sole.

In primo piano la frutta, con quella pesca succosa che però non si vergogna di un seme che è più mandorla delle mandorle.

Morbidezze dunque ben gestite a colpi di tufo e amaritudini di timo senza dimenticarsi dei cespugli di ginestra che sgretolano la copertura vulcanica nella quale le viti affondano le proprie radici.

Il sorso, sicuramente agile e ricco di dinamismo, paga un po’ lo scotto di quell’equilibrio di cui Vi dicevo, un equilibrio forse troppo ricercato (od ostentato) che, nel lungo finale che sottolinea la frutta ma non vuol far torto alla salinità mi fa dire: “mannaggia”.

Se dovessi azzardare il Produttore beh…potrebbe avere a che fare con profonde radici romane e altezze rappresentative all’interno del Consorzio.

85 Punti.

3. – il terzo vino viene dal Sud, conosce il Ponentino e porta in dote la mediterranea solarità è un soffio di mare.

Un po’ tronfio nel proporre la frutta matura matura chiude il percorso olfattivo con dei tratti singolarmente fumé introducendo un sorso profondo e sostanzioso più che agile e dinamico.

Più propenso a raccontare il sale del mare lontano piuttosto che il vulcano che ha sotto i piedi, di tale sapidità si dimentica nell’allungo lasciando spazio, in chiusura, al contrasto tra la sottile vena ammandorlata e le dolcezze di buccia di mela.

Non chiedetemi il “chi” o il “cosa”: non so proprio di che vino si tratti.

83 Punti.

E QUINDI?

E quindi GRAZIE a tutti!

Al Comune di Frascati (e in modo particolare all’Assessore Claudio Cerroni, vero motore della Manifestazione e maestro della comunicazione) e a tutti i Partners coinvolti, al Prof. Attilio Scienza per aver saputo ancora una volta allargare i miei orizzonti enoici, a Jacopo Manni per la conduzione della masterclass e per quanto sta facendo per il vino dei Castelli Romani, all’Azienda L’OLIVELLA (GIARDINO L’OLIVELLA) per l’ospitalità, allo Chef Claudio Carfagna per le emozioni che ha saputo mettere nei piatti e a tutto il personale di sala per la professionalità del servizio.

Appuntamento al 2026 (con, spero, più tempo a mia disposizione).

Roberto Alloi

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