IL COSA E IL DOVE
Lo scorso 12 Novembre GAMBERO ROSSO e VILLA SALETTA hanno organizzato presso il ristorante GLASS di Roma una cena-degustazione dedicata ai vini dell’importante Produttore Chiantigiano in abbinamento ai piatti della Chef Cristina Bowerman.
Una serata impegnativa e ricca di spunti per approfondimenti futuri.
VILLA SALETTA
1200 anni di storia, 1500 ettari (millecinquecentoettari!), vigneti, uliveti, silvicoltura, selvaggina, tartufi, ospitalità…
Tutto questo e molto altro è VILLA SALETTA, oggi di proprietà della Famiglia inglese HANDS (attiva nel mondo della finanza e della hotellerie di lusso.
Una realtà amministrata a 360° da David Landini (agronomo ed enologo) che in cantina mixa, con il massimo rispetto, la tradizione secolare con l’amore per la “cuginanza bordolese” introducendo fermentazioni integrali e pionieristiche lavorazioni in fusti di Perlè e atmosfera ridotta.
I risultati si condensano nelle 5 etichette in degustazione in questa occasione più uno Spumante Metodo Classico Rosé e un 100% Cabernet Franc prodotto con le uve di uno dei CRU aziendali.
CRISTINA BOWERMAN
Pugliese (Cerignola) d’America (San Francisco).
Avvocato (ma graphic designer) trova pace approcciandosi alla cucina per dare uno sfogo al proprio estro e alla propria creatività trasformando nel tempo una passione non solo in un mestiere ma in una vera e propria espressione del proprio animo artistico.
Personalità, look, location del Ristorante, ecletticità del menù, attenzione al dettaglio, ricerca continua, c’è tutto questo e pure una stella Michelin dentro Cristina Bowerman.
Tanto, fin troppo per uno come me che, al massimo, prepara da mangiare.
In questa velocissima e intensa esperienza ho dovuto ri-imparare ad approcciarmi al piatto; ho dovuto usare tutti i sensi per cercare di capire il linguaggio del cibo, cercare collegamenti con il mondo e con lo spirito sperando nell’aiuto di Google per capire cosa stessi mangiando…
E mi sono poi dovuto stupire di un brusco tornare con i per terra grazie a un piatto di Ravioli del Plin.
Cristina Bowerman e la sua cucina in una parola sola?!
PORCAPALETTA!
I VINI (E I PIATTI)
– ROSATO ITALIANO “ROSÉ” 2022: un rosato “democratico” dove Sangiovese, Merlot, Cabernet Franc e Cabernet Sauvignon partecipano in parti uguali a un risultato finale che mette tutti d’accordo proponendo al naso piccoli frutti rossi e agrumi (pompelmo rosa) su uno sfondo di sapida mineralità sottolineando in chiusura e in quell’ultima goccia che sporca il calice un animo vegetale che sa di orto e ricorda il kren.
In bocca la frutta si addolcisce scomodando la pesca mentre le amaritudini di erbe aromatiche tirano acqua al proprio mulino.
Chiude sottilmente piccante su dolci ricordi fruttati sposando bene il “Sashimi di ricciola, miso alla rapa rossa, leche de tigre e tobiko al wasabi” anche se forse, quel kren percepito all’olfatto, amplifica un po’ troppo l’ultimo ingrediente.
(86+ Punti)
– CHIANTI SUPERIORE DOCG 2018: quasi tutto Sangiovese (con due dosi omeopatiche di Cabernet Sauvignon e Merlot) per un Chianti tanto succoso già al naso quanto scuro dal punto di vista del profilo olfattivo.
C’è un bosco intero in quel calice, a cominciare dalla terra umida e dalle cortecce e non dimentico neppure dei funghi.
L’agrume aumenta il senso di freschezza spingendo all’inizio sul chinotto e lasciando poi spazio alle più aromatiche e dolci sensazioni di un bergamotto che ben stempera la vaniglia dei legni.
In bocca scorre e disseta riproponendo si i descrittori olfattivi, ma facendolo con un pizzico di eleganza di troppo.
Così “incravattato” lascia che la parte femminile del Sangiovese alzi un po’ troppo la voce facendogli guadagnare sicuramente punti in piacevolezza ma cedendo qualcosa sul piano della coerenza.
Abbinato alle “Stelline Felicetti, seppie, burro di miso e Tè Lapsang Souchong” stringe forte la mano alle sensazioni fumé che il Tè dona al piatto e, seppur bilanciando perfettamente le grassezze dello stesso, tende a dire un po’ troppo la sua.
(88+ Punti, gran parte dei quali, credo, merito del vetro).
– TOSCANA IGT ROSSO “CHIAVE DI SALETTA” 2018: per metà Sangiovese fa 100 con 20 parti ciascuno di Cabernet Franc e Cabernet Sauvignon e il saldo di Merlot.
Presenta al naso un lungo e scuro corteo di spezie e balsamicità fatto di chiodi di garofano, tabacco e liquirizia che sembra prendere il via da un bosco che è essenzialmente piccoli frutti maturi e poi muschi e cortecce.
Il sorso è fresco e glicerico, giocato a dadi tra dolcezze ciliegiose e freschezze agrumate con una trama tannica davvero ben tessuta e un finale tutto freschezze balsamiche.
Abbinato ai “Ravioli al Plin all’amatriciana e guanciale croccante” pensavo si comportasse con più polso rispetto al CHIANTI SUPERIORE che, provato, ha mostrato più carattere.
(88 Punti).
– TOSCANA IGT ROSSO “SALETTA GIULIA” 2019: due terzi di Cabernet Franc e uno di Cabernet Sauvignon che…avrei detto il contrario.
Due CRU uno dei quali è quello della vigna che, nel 1841, fu la prima d’Europa “circolare” ad avere una forma circolare.
Un naso ricco che, pur non nascondendo le vegetalità del sottobosco umido, calca la mano sulla frutta, rossa e polposa, racconta di amaritudini e freschezze balsamiche e rivela un legno…un po’ troppo “legno” (nonostante la fermentazione “integrale” e le barrique esauste).
Sorso sostanzioso ma non opulento, concentrato ma dinamicamente leggero, tannico quanto deve, fresco quanto serve.
Esuberante nel suo allungo ma…troppo “rive droite” per i miei gusti.
Il piatto in abbinamento era “Quaglia ripiena, fichi secchi al Marsala, pistacchi di Bronte, demiglace all’umeboshi e girandola di patate”, elegante, completo nelle consistenze e nell’approccio estetico-gustativo, adattissimo a testare se il matrimonio con il vino fosse d’amore oppure d’interesse e…con alcune parti del piatto si, con altre ni.
(86+/87- Punti)
– TOSCANA IGT ROSSO “SALETTA RICCARDI” 2019: hundred percent Sangiovese, ASSURDO già a primo naso!
Da subito svela un’oliva orgogliosa di esserci e vegetalità ortolane, poi passa ai toni del bosco, delle cortecce, delle felci, degli intrichi di rovi che regalano frutti e non lesinano spine.
Un tocco di prugna, più di un quid di spezie e un finale di balsamica apertura.
Il sorso è un’ordinata scaffalatura, ciascun descrittore al proprio posto per un risultato di ordinata compenetrazione, i tannini tessono trama e ordito con eleganza persiana, morbido, tridimensionale…
Un vino definitivo.
Devo dirVi altro?!
ASSAGGIATELO!
Rimpiangerete di non averne altre bottiglie!
In abbinamento, molto corretto, “Capriolo, patata americana, Lion’s Mane glassati e demiglace al cioccolato fondente”, forse il piatto che ho apprezzato con maggior difficoltà, un concentrato di grassezze mirabilmente imbrigliate dall’astringenza del cacao e dall’esuberanza del capriolo.
Da bere ascoltando LETTO 26 di STEFANO ROSSO (in omaggio anche al rione per eccellenza di questa nostra bombardata Capitale).
(94+ Punti).
La cena si chiude sperimentando lo “stesso vino in calici diversi” e abbinando “ad minchiam” i vini già assaggiati con la piccola pasticceria servita in coda, tra chiacchiere più o meno costruttive, un bicchiere di assenzio, risate, un caffè e appuntamenti dati in cantina o ai prossimi Eventi romani.
E QUINDI?
E quindi niente!
Questa volta non so davvero come chiudere questo articolo.
Forse basterebbero i ringraziamenti, a GAMBERO ROSSO, a VILLA SALETTA (anche e soprattutto nella persona di David Landini), a Roberta Perna (che ha fatto da trait d’union), a Cristina Bowerman e al suo staff ma…
Ho come l’impressione che manchi qualcosa.
Dovrò tornare da GLASS per accertarmene.