
Tiare sta a Dolegna del Collio, lembo Nord-Est del Collio friulano che dà la mano all’Isonzo, crocevia di popoli e culture.
Qui Italia e Slovenia si guardano in faccia e si fondono in un suolo che cela tesori che poi finiscono in bottiglia.
TIARE è nome legato a filo doppio al Sauvignon (che veramente non assaggio come si deve da un po’ di tempo per cui, anche o proprio per questo, mi impegno a rimediare il prima possibile).
Eppure, i 10ha di Territorio accuditi da Roberto (Snidarcig), c’hanno un sacco di cose da raccontare anche con il Pinot Nero e la Malvasia (andatevi a spulciare il palmares della Cantina).
Ed oggi, tanto per rimanere fedele alle rotte contrarie che generalmente intraprendo, parliamo proprio di quest’ultima, perchè un’amico me l’ha messa sotto il naso sul finire di una serata e…
Il Friulano è il vino che ti consente l’isteria al bancone, la Malvasia riordina le idee.
Ma (Questa) questa è sinuosa e travolgente, una lettera di tango nella sinfonia della vita.
Si attacca all’anima.
È un’onda che ti porta via, acqua che scava, acqua che lava.
È il vino del mare, quello fatto d’acqua, quello che Venezia attraversava al tempo delle Crociate, ma pure quello che è stato un tempo ed ora è di pietra della ponca.
Salata da doverne bere ancora, amaricante da volerne di più.
Fresca di brezze, è uno scontro di correnti, d’aria e d’acqua.
Eppure, (fedele al suo essere) qui riesci a trovare equilibri anche nella tempesta.
È baruffa, sguardi, sorrisi.
È voce che si alza, coscienza, silenzio.
Un tavolo, due bicchieri…all’uomo (plurale e generico) non serve altro.
Certo, avrei potuto dirVi le solite cose, tipo: “tra il fieno e le erbe di campo, fanno capolino la ginestra e gli agrumi.
Sorso carnoso eppure leggiadro, con freschezza e sapidità che fanno a sportellate allungando l’agrumato finale”, ma ‘sto vino non merita le solite parole.
Allungate una quindicina di euri all’enotecario e fateVi ‘sto giro di emozioni!