
Dove sta?
Matrice sta in provincia di Campobasso, in quel Molise che C’È ma forse non vogliamo vedere, e lì, da più di 100 anni, ci sta quel mulino (MOLINO COFELICE) che non potrebbe mancare in una comunità rurale.
L’attività della Famiglia Cofelice inizia alla fine degli anni ’50 ed arriva ad oggi con Dionisio (che per nome accomuno più al vino che al grano) e segue, in tecnologia e qualità, le richieste crescenti del mercato.
L’incontro
Conosco Dionisio ad una manifestazione romana dedicata all’enogastronomia molisana e la cosa che mi colpisce immediatamente, sono gli occhi curiosi che fa quando mi sente parlare della mia piccola “ricerca” sulla qualità della pasta.
Il mondo ha bisogno di persone curiose, che non credono mai di essere arrivate al vertice ma si mettono sempre in discussione per migliorare la Qualità di quanto producono.
E Dionisio ricalca in pieno tale fisionomia.
Modesto nel dire che di pasta poco sa, modesto nel dire che di grani molto sa, modesto nel definirsi “mugnaio”, modesto nel descrivere la semplicità del suo essere mugnaio, inquadrandolo perfettamente nel territorio in cui opera e che valorizza con il proprio lavoro.
Lavoro, impegno e conoscenza
Ed il lavoro di Dionisio e di sua moglie (Annarita Setaro, che conosco piacevolmente in una lunga telefonata in cui mi dice di quanto l’abbia impegnata una sperimentazione sui biscotti) è un lavoro importante e di cesello.

Dionisio è un grande conoscitore del ricco patrimonio di altiche cultivar di cereali del Molise, che si impegna a recuperare, valorizzare e diffondere.
Cultivar che ben si abbinano all’attività aziendale: tecniche di coltivazione poco invasive, poca resa e qualità TOPPP del prodotto finito.
Se Vi dicesse del Senatore Cappelli probabilmente ne sapreste più di lui, ma Dionisio vi dice del Farro Dicocco (e da “FARRO” forse deriva il termine “FARINA”) della Saragolla (forse l’antenato dei grani duri moderni), della Fucense, della Bianchetta, dell’Arca Sannita, dell’Agostinello e poi basta perchè non sono riuscito a tenerle a mente tutte.

Tecnologia senza età
Annarita, definisce per telefono il loro mulino come “medievale” (e già questo lo accosterebbe al lavoro di enoevo), così come medievale è il lavoro di un mugnaio che è ormai tra i pochi ad utilizzare tecniche e materiali d’altri tempi.

Tre macine tre, di quelle in pietra vera (il corindone lo lasciamo alle nuove generazioni), produzione limitata, filiera cortissima e ricerca continua sul e del territorio.

Produzione limitata per la scarsa resa della materia prima, per la stagionalità cui l’Azienda è necessariamente legata e per le ridotte dimensioni del molino.
Produzione incentrata sulle farine ma con un occhio attento al pane ed alla pasta (qualche piccola sbavatura in questa non mi va di nascondergliela perchè mi sembrerebbe di fargli torto vista la gran voglia di eccellere).
La chiacchierata telefonica con Annarita mi svela, della filosofia aziendale, molto più di quanto non dicano le parole.
Si percepisce una imprenditorialità seria (basta con quelli che fanno qualcosa solo per hobby: “Qui, con il molino, ci dobbiamo campare la famiglia”!) ma con un occhio di grande riguardo per il contadino ed il consumatore.
La farina giusta per il piatto giusto
Forse mi spingo troppo in là, ma percepisco una sorta di marxismo nell’operato di Dionisio quando ragiono sul fatto che ormai la globalizzazione porta a svilire il suo lavoro, puntando solo sulla massimizzazione del capitale, fregandosene anche di quella Qualità che tanto, la gran parte dei consumatori non conosce anche perchè non c’è interesse e profitto nel fargliela conoscere.
E l’attenzione che qui viene invece posta al consumatore traspare benissimo dalle parole di Annarita, che mi dice di accoglienza e “assistenza porta a porta”.
Al molino si vuole raccontare il prodotto fin dalla spiga, consigliare la farina giusta per il piatto giusto.

E per dare il consiglio giusto bisogna assaggiare continuamente, fare esperienza (lei è anche sommelier e quindi se ne rende doppiamente conto), mettersi sempre in discussione ed essere disposti a sacrifici.
E adesso?
Al molino non ci sono ancora stato (colmerò presto questa mancanza e, spero, ne scriverò di più e meglio), ma ce l’ho qui davanti agli occhi: le mani di Dionisio bianche, il tatto per capire, il naso per odorare (mi ricordo quando mio figlio, visitando un altro mulino ed assaggiando il grano che vi si stava macinando mi disse, invertendo l’ordine dei fattori, che “sapeva di pasta”).
Dionisio: una sorta di cavaliere a guardia di tradizioni e territori.
