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Giovanni Dri – Il Roncat: nomen omen

L’ANTEFATTO


La prima visita alla Cantina di GIOVANNI e di STEFANIA risale ad un sacco di anni fa, quando mio nonno era ancora vivo e quell’agronomo di mio cuGGino mi portava ad assaggiare territori che non conoscevo.

IL TERRITORIO E LA STORIA


L’Azienda GIOVANNI DRI – IL RONCAT sta a Ramandolo, e Ramandolo sta dietro casa, estremo lembo dei Colli Orientali del Friuli oltre il quale “non cresce più la vite”; confine in una terra di confine.


Lo stesso toponimo deriva probabilmente da “Romandulus” a sua volta diminutivo di “romandus” con il significato di “romanzo” cioè “friulano” in opposizione a “sloveno” a sottolineare il fatto che la frazione di Ramandolo è proprio al confine linguistico fra gli slavi (a nord) ed i latini (a sud).
Territorio meraviglioso alle pendici del Monte Bernadia che fa da barriera ai venti di tramontana, dove le escursioni termiche sono forti, la pioggia è davvero abbondante e la “ponca” caratterizza in maniera drammaticamente territoriale quello che si beve.

Giovanni Dri Il roncat

LA STORIA NELLA STORIA


Ramandolo è abitato da una frazione delle 2710 persone che popolano Nimis ed è un unicum enologico in Friuli: l’UNICO paese cui è associato il nome di un vino (in FVG tutti i vini sono indicati dal vitigno)!


Qui, coltivare la vite è duro e richiede una pazienza che parte già da un ritardo vegetativo di un mese rispetto alle altre zone.
Qui (e l’Azienda DRI) ne è un esempio, ci vuole forza di volontà, bisogna credere fortemente nel proprio Territorio e vincere la volontà che porta tante altre aziende a conduzione familiare come questa, a chiudere per motivi di costi gestionali spesso non coperti dal ricavato di anni di lavoro.
Qui il Produttore deve avere un Progetto diverso da quello di chi “fa i numeri”, un progetto che deve essere volto al mantenimento (in tutti i sensi) di un territorio.


Tutto ciò si trasferisce biecamente in un listino prezzi inevitabilmente più alto giustificato però, se non altro, da un doveroso distinguo tra chi ha un vigneto e chi compra le uve.

IL TERRITORIO NEI VINI


Qui, dove il vitigno sovrano è il VERDUZZO, i vini sono SOLO del Territorio, ed arrivare allo standard qualitativo di ora non è stato facile.
Non lo è stato perchè è stato necessario cambiare una mentalità produttiva ancestrale che portava a raccogliere “tutto” quando erano pronte le uve rosse, con l’inevitabile risultato di vinificare i bianchi in surmaturazione trovandosi ad avere dolce lo stesso tocai.
È stata necessaria una dura battaglia anche per salvare il Territorio dallo svilimento che sarebbe derivato da un proposto allargamento dell’areale produttivo (quello che è accaduto con il prosecco e sta accadendo con la ribolla è sotto gli occhi di tutti), una battaglia che ha portato all’indicazione aggiuntiva di “classico” per il Ramandolo fatto “come andrebbe fatto”; indicazione che racchiude, come in altre situazioni, tutto il vuoto qualitativo che i disciplinari rappresentano.


Nella tradizione “bianchista” friulana, questo lembo di terra è dedicato essenzialmente ai vini rossi, quelli autoctoni e di confine (come il PIGNOLO, il REFOSCO e lo SCHIOPPETTINO) e quelli internazionali (i più adatti a marcare le differenze territoriali).
L’unica eccezione al dolce VERDUZZO è forse il SAUVIGNON: diverso dagli altri, forse meno profumato e più vicino all’idea dei sauvignon francesi.
Qui, i vini sono caratterizzati da acidità e tannini importanti e quelli dell’Azienda di Giovanni dimostrano appieno le potenzialità di invecchiamento già dal momento che vengono imbottigliati soltanto quando “pronti” (il refosco è del 2013).

DALL’ENO ALL’EVO


Dell’amore e del rispetto di questa Azienda Vi ho già detto, ma il tutto risulta ancora più evidente quando si parla di olio EVO.
Nel 2002, il padre di Stefania (Giovanni) rileva una collina sulla quale una cooperativa che si occupava di ragazzi con handicap, aveva impiantato (senza riuscire però a gestire) frutteti ed uliveti con il patrocinio dell’ERSA, ed inizia a scommettere anche sull’olio di grande qualità.
Circa 2000 piante essenzialmente di BIANCHERA che producono 600/800 litri di EVO di grande qualità (franto alla Scuola di Agraria di Cividale e NON filtrato) che si vende poi principalmente il Austria.
E proprio parlando di EVO, Stefania non riesce a nascondere il proprio disappunto relativo al prezzo (che, secondo lei, dovrebbe essere assimilato a quello dell’Aceto Balsamico Tradizionale) ed alle inutili normative cui è soggetto in un mondo dove sono solo le grandi multinazionali a dettare legge). Come non condividerne la posizione?!
La strada da percorrere per rendere consapevole del valore della QUALITÀ il maggior numero di persone è ovviamente molto lunga ed in salita ma, Aziende come quella di Giovanni e Stefania sono instancabili in questo lavoro di promozione ed io, nel mio piccolo, cerco di dare il mio contributo.

I VINI


Due parole sui vini devo però scriverle e, non potendo e non volendo sostituirmi ai Vostri palati ed alla Vostra doverosa curiosità, voglio andare controcorrente e spezzare una lancia a favore di quel PIGNOLO “MONTE DEI CARPINI” che mi sembra essere il giusto “diavolo” per “l’acquasanta” del RAMANDOLO e tralasciare anche quel REFOSCO che tanto amo e che è stato uno dei primi successi dell’Azienda.
Elegante come non potrei mai essere, declinato sulle note dei ribes e delle more di quei boschi vicini che aggiungono anche un sensibile apporto di terra umida.
Importante la presenza speziata e la componente balsamica, accompagnate da una bocca riempita da tannini vispi ma già rotondi.

Roberto Alloi

Archiviato in:Storie, Vino Contrassegnato con: bianchera, Colli Orientali del Friuli, giovanni dri, il roncat, Monte Bernadia, Monte dei carpini, Nimis, Pignolo, ponca, ramandolo, refosco, sauvignon, schioppettino, stefania dri, ueli, Verduzzo

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