A cena (quasi) con Lucia Letrari
Le cose belle capitano (a volte)! E così, nella sera della Cena dei 5 Grappoli di BIBENDA, per “motivi di servizio” mi spostano su un altro tavolo e mi ritrovo preso tra due (tre) fuochi: da una parte il Trentino e l’Alto Adige (chè enologicamente sono due regioni separate), dall’altra la Sardegna.
Terre di confine, redente forse non del tutto, e che producono vini così maledettamente “territoriali” da trasportarvi immediatamente e fin dal primo assaggio tra gli alpini boschi di larici o tra le sugherete isolane.
Quattro produttori di cui prometto di dirVi con dovuta completezza a partire da ora e per le successive “puntate”.
Per cortesia inizio da Lucia Letrari, la “signora delle bolle”.
Comincio da lei perchè “prima le Signore”, e perchè la incontro mentre sto ancora cercando di salvarmi da quel gorgo di “donne del vino” in cui sono caduto e che non accenna a lasciarmi andare (a proposito: stay tuned! perchè ne ho incontrate altre e…ne leggerete delle belle!).
Con Lucia è un rincorrersi per un po’ di giorni fino a che un treno le consente un minimo di tempo per fare quattro chiacchiere con me.
Letrari: dai vini fermi alla storia del TRENTO D.O.C.
La sua è una storia un po’ diversa da quella delle altre donne di cui vi ho parlato finora perchè lei, nel vino c’è nata! e se da una parte questo può averla agevolata, dall’altra non deve essere stato facile proseguire sulla strada imboccata da un padre quale era (ci ha lasciato da poco) Leonello Letrari.
Quest’ultimo infatti, oltre ad essere stato un grande uomo di cantina (il primo a portare le barriques in Trentino), è da considerarsi uno dei padri del “TRENTO DOC”; uno di quelli che a cominciare dal primo dopoguerra è riuscito a portare la qualità dei vini trentini oltre confine (tra le altre cose il suo MARZEMINO è, per me, una delle dimostrazioni che questo vitigno è la vera rappresentazione della realtà vinicola trentina).
Lasciamo comunque da parte (almeno per ora) i vini “fermi”, e parliamo di BOLLE! quelle bolle che hanno lanciato la spumantistica trentina nell’olimpo della qualità.
L’interpretazione del Territorio
La cosa che colpisce di Lucia e delle sue bottiglie è la voglia di interpretare il territorio attraverso la minor “manipolazione” possibile dei vitigni. Sarà che io sono un “estremista” in fatto di bolle, ma una così maniacale attenzione al lungo lavoro dei lieviti, un così parco ricorso all’apporto zuccherino (zucchero di canna si intende!), una voglia matta di “toccare il meno possibile la base, mi conquista immediatamente.
La filosofia produttiva
I vigneti
Non è facile riassumere in poche parole la filosofia portata avanti dall’Azienda di Lucia: si comincia dai vigneti di proprietà sparsi nella Vallagarina che se da una parte sono in qualche modo scomodi da gestire, dall’altra consentono di riassumere il meglio del terroir trentino.
Fondamentale il lavoro sulle cuvée (di vigneti oltre che di vitigni) che consente di coprire con una certa sicurezza i rischi di variabilità climatica e soprattutto conferisce ai vini una incredibile “orizzontalità” nella “verticalità” tipica dei vini trentini.
I vitigni
I vitigni? Senza dimenticare inanzitutto il grande lavoro fatto negli anni per dare importanza ai vitigni aromatici (moscato giallo compreso), Lucia confessa un grande amore per quello Chardonnay che secondo lei caratterizza la delicatezza del territorio trentino e consente di dare al prodotto finale una elegante freschezza.
C’è poi il Pinot Noir, le cui barbatelle provengono rigorosamente da quella Champagne che qualcosa, in fatto di spumantistica “ce capisce”!
La storia dei vini di Letrari è poi la storia della spumantistica trentina: il primo “dosaggio zero”, il primo ROSÉ riserva…
I vini
I vini di Lucia raccontano di mesi di riposo (24, 30, 60, 96!) per quel breve volo di farfalla che è la durata, una volta aperta, di una delle sue bottiglie!
La “RISERVA DEL FONDATORE 976” rappresenta la prima uscita a marchio LETRARI ed è una celebrazione dell’anno di fondazione dell’Azienda (1976). “Dimenticato” 90 mesi sui lieviti per poterci regalare emozioni che riescono a scavare in profondità nel nostro animo, frutta matura e poi quelle note di crosta di pane e di potente mineralità che ritroviamo perfettamente coerenti all’assaggio.
Il “DOSAGGIO ZERO TALENTO” è un piccolo capolavoro che dimostra come una spalla acida così verticale e tagliente possa regalare poi una elegante sinfonia di note croccanti, quasi speziate, in un mare di deliziosa frutta secca e con un finale quasi fumè, tutte cose che nella versione “RISERVA”, se mi permettete un paragone con l’Alta Fedeltà, vengono amplificate “a valvole”.
Il “TRENTO DOC ROSÈ +4” (dove il +4 rappresenta l’extra bonus di mesi rispetto a quelli richiesti dal disciplinare) è forse il più femminile della formidabile “batteria” di assaggio con cui mi sono cimentato e forse quello che meno ricorda la mia immagine mentale di Trento DOC, ma forse è proprio in questa “civettuola” eleganza, in questa sua rotonda fruttuosità, in questa idea di cipria e trucco che risiede la bellezza di questa etichetta.
Le altre etichette assaggiatele Voi! chè io ho già difficoltà a trascrivere quello che hanno suscitato in me quelle sopra presentate!
Una scusa per andarci
Chiudo con una “chicca” per gli amanti delle 2 ruote che spero vogliano andare a trovare Lucia a Rovereto: Besenello sta poco più a Nord e riuscire a salire la SCANUPPIA senza mettere piede a terra (io la feci di notte per aggirare il divieto di transito alle bici) potrebbe davvero meritare un brindisi coi fiocchi!