IL COSA E IL DOVE
Nei giorni 25 e 26 Febbraio u.s. le sale dell’Hotel Palatino di Roma hanno ospitato la 13° Edizione di VINI DA TERRE ESTREME, Evento firmato PILOTA GREEN e Andrea Petrini che si propone di far conoscere al grande pubblico (ma anche a tanti operatori dl settore) il lavoro di quel ristretto numero di Produttori che si ostinano a coltivare la Vitis Vinifera là dove la natura fa di tutto per contrastare il loro lavoro.
Dall’ostinato impegno di questi vignaioli nascono bottiglie che raccontano lembi sperduti di Territorio strappati con ferma determinazione boschi e scarrupi per il nostro edonistico piacere, produzioni limitate per emozioni senza fine.
30 Aziende, banchi d’assaggio e masterclass (dedicate pensate un po’ anche all’EVO!) per una due giorni di grande fascino e grande successo.
GLI ASSAGGI
C’era tanto da assaggiare ma io ro ben disposto ed ero pure riuscito ad incastrare l’impegno inderogaBBile delle gare del figlio ma…
C’è sempre un “ma” e, in questo caso, s’è materializzato sotto forma del numero di etichette che ciascun Produttore ha portato: ‘na cifra!!!!!
E quindi addio buoni propositi e spazio all’estro.
Ormai saprete che preferisco assaggiare l’intera produzione di un’Azienda piuttosto che spizzicare qua e là tra quelle presenti ed in questo caso m’è toccato sacrificare alcuni nomi che avevo messo in agenda sull’altare di quella dead-line temporale che mi consentiva di attraversare Roma per raggiungere in tempo la piscina che ospitava l’agone natatorio.
Comunque mica sono stato con le mani in mano!
Date quindi una letta alle mie personalissime note di degustazione se non altro per dirmi BBravo e, se non doveste trovare quello che pensavate beh…sarà per la prossima volta o per quando, magari, mi doveste consigliare Voi qualcosa che mi sono perso e che a Vostro giudizio, andava davvero provato.
LA LIGURIA
TENUTA MAFFONE
6ha di piccoli appezzamenti rubati al bosco in Valle Arroscia (IM), a metà strada tra il mare della Riviera di Ponente e le nevi delle Alpi Liguri.
Vecchi vigneti di anche 120 anni (tutti iscritti all’Albo dei Vigneti Storici e dei Vigneti Eroici), spesso a piede franco perché talmente isolati che neppure la fillossera era riuscita a trovarli.
Focus sull’Ormeasco ma senza dimenticare il Pigato.
RIVIERA LIGURE DI PONENTE PIGATO SUPERIORE “GIUANÒ” 2022: il contributo del legno che ospita un 40% della massa regala al naso l’immagine di un tavolato sul quale riposa la frutta secca.
Poi arrivano le amaritudini delle erbe aromatiche e quelle fresche della menta.
Apprezzabile la presenza balsamica e resinosa del bosco e sottili i richiami minerali.
Sorso caldo e glicerico ma mai appesantito e con un finale di arrembante freschezza e sapidità mai doma segnato da leggeri ricordi amaricanti.
RIVIERA LIGURE DI PONENTE DOC GRANACCIA “LIGAGNA” 2022: il naso sembra respirare l’aria dei prati alpini tra erbe amare e resine boschive.
Intenso il contributo, amaricante anch’esso, di timo e rosmarino mentre la freschezza dell’arancia amara non riesce a coprire quel tocco smaltato che un po’ disturba.
Sorso che coinvolge e invoglia, sostenuto dalla fitta trama tannica e da una sapidità mai doma.
Un vino da spendere con gli amici ma anche da provare con il pesce.
ORMEASCO DI PORNASSIO DOC SUPERIORE “U MENEGHIN” 2021: in una atmosfera sottilmente fumé, spezie e bacche scure introducono a succosi frutti di bosco e ad un floreale pot pourrì e lasciano che la chiusura esprima leggere tostature.
Sorso succoso e giovanissimo, permeato di sapida mineralità, segnato da un intrigante grip tannico e con un lodevole allungo.
SPUMANTE METODO CLASSICO ROSÉ “DUEZEROSETTE” 2016: “IL” Metodo Classico da Ormeasco(per il fatto di essere stati i primi a farlo ed essere ancora gli unici).
72 mesi sui lieviti per un naso maledettamente in linea con il vino precedente.
Intense note di una frutta non dimentica della pasticceria precedono soffi di spezie natalizie in una atmosfera cupa di vegetalità boschive ed amaricante di china e timo.
Sorso cremosissimo e di verticale spinta fresco-sapida per una beva elegante e compulsiva.
Certo che per essere uno spumante di “recupero” (in pieno “stile genovese”) beh…
Si prende il mio premio “GEIMSBOND”
Da bere ascoltando, neanche a dirlo “CREUZA DE MÄ” di FABRIZIO DE ANDRÈ.
IL VENETO
SANDRO DE BRUNO
Dal cuore della Lessinia, 40ha di vulcano dedicati tutti a Durella e Garganega.
Vigneti posti a 600/700m slm, grandi escursioni termiche e conduzione attenta e rispettosa.
LESSINI DURELLO DOC METODO CLASSICO “36 MESI DOSAGGIO ZERO” RISERVA: piacevolissimamente amaricante di nespola eppure dolce di susina, floreale quel tanto che deve ma profondamente minerale e con il giusto di crosta di pane.
Sorso intrigante e ritmato dai continui richiami olfattivi cui va ad aggiungersi un tocco d’agrume.
Lo so, Vi sembrerà essere troppo importante per utilizzarlo tra chiacchiere e amici ma…io ce lo vedo proprio bene.
LESSINI DURELLO DOC METODO CLASSICO “60 MESI EXTRA BRUT” RISERVA: al naso comunica una struttura non da poco, sostenuta da dolcezze esotiche e pizzicori agrumati ma lastricata di pietrosa mineralità.
Sorso luminoso in cui l’elegante carbonica (ahimè non aiutata dal calice) aiuta i richiami agrumati e conduce a un finale decisamente sapido e appena amaricante.
LESSINI DURELLO DOC METODO CLASSICO “100 MESI EXTRA BRUT” RISERVA: al naso propone incipriata eleganza e sottili note balsamiche presto sostituite da lieviti e tostature pasticcere mentre s’avanza un’onda minerale.
Il sorso è una lama a doppio filo (di qua freschezza, di là mineralità) che la struttura del vino, muscolosa nella sua agilità, ben gestisce.
Lungo e tostato il finale di un Metodo Classico davvero di gran classe.
IL FRIULI VENEZIA GIULIA
GASPARE BUSCEMI
Mica è facile riassumere in due righe il personaggio Gaspare Buscemi e il suo lavoro.
Pensando quindi di dedicargli lo spazio che merita in un approfondimento futuro, Vi dico qui soltanto che siamo a Cormons (GO), che l’uomo si definisce “enologo, vinificatore, artigiano” e che il principio fondante della sua filosofia mi pare possa dirsi essere il “non fare”.
Le sue produzioni non sono “facili” e vanno approcciate con mente libera da preconcetti e cuore aperto alle emozioni.
Provate i suoi vini e poi…parliamone.
VINO FRIZZANTE “PERLE D’UVA”: un naso più ampio che verticale, quasi un grandangolo puntato sul Friuli del vino.
C’è tanto d’agrume, amaro anche, come le erbe di campo, ma ci sono anche i fiori, gentili.
Sorso sussurrato e carbonica perfettamente coordinata con esso a raccontare freschezza confermare mineralità.
VINO FRIZZANTE “PERLE D’UVA” 2002 (MOSTO 2004, SBOCCAURA 2023): sotto quel tappo a corona, sotto il sughero c’è…un naso assoluto!
Pinot Grigio, Chardonnay, Sauvignon e Malvasia.
La sottile carbonica della rifermentazione veicola idrocarburi, albicocche disidratate, erbe aromatiche amare, mineralità profonda e poi un infinito corteo di descrittori in continua evoluzione (eh…ad avere più tempo!).
Sorso cremoso, quasi grasso, di eleganza interiore e mai affettata, perfettamente rispondente all’olfatto, sottilmente tannico e di lunghezza ancora da scoprire.
Un’esperienza.
Da bere ascoltando “JUST BREATHE” dei PEARL JAM.
VENEZIA GIULIA IGT “BRAIDE BIANCO” 2021: beh, ‘ste vigne stanno a Colloredo di Monte Albano, proprio dietro casa mia ed ho già messo in agenda di andarmele a spizzare appena possibile.
Assemblaggio di “quel che c’è”, regala un naso fresco, vegetale e balsamico.
Ci trovate il finocchietto selvatico e la mentuccia, una manciata di malva ed un non so che di esotico (che non c’avrei messo ma c’è).
Sorso sottile, scorre via in un attimo e vuole subito un refill per far finta di dover apprezzare meglio quei descrittori che vogliamo per forza trovare nel vino senza pensare al solo piacere di berlo.
Traditore.
Da bere ascoltando “LIFE’S TOO GOOD” degli SUGARCUBES.
VENEZIA GIULIA IGT “BRAIDE BIANCO” 2005: l’ossidazione come caratteristica, non come difetto, questo il concetto che dobbiamo imparare a digerire.
Al giro di boa dei diciott’anni di vita l’invito è a focalizzare l’attenzione sui fiori, sulla cera d’api, sul frutto maturo, le piccantezze di zenzero e spezie d’oriente.
Sorso ampio e di freschezza ancora vivace, ben saldo sulle gambe della propria struttura, di ghiaiosa sapidità e con un finale che scansa le dolcezze per amaritudini d’osso di pesca.
VENEZIA GIULIA IGT “ALTURE BIANCO” 2021: Pinot Bianco e Ribolla Gialla (della sua vigna) regalano un naso di frutta fresca gialla e matura cui si aggiunge una distesa di fiori di campo.
Il sorso?
Fresco, piacevole, di mineralità rispettosa del Territorio, un continuum senza cedimento alcuno e con un finale piacevolmente amaricante.
VENEZIA GIULIA IGT “ALTURE BIANCO” 2009: la saggezza della complessità unita alla gioventù di chi dentro non invecchierà mai.
Sottilmente fumé, racconta del sale di un mare che era e ci mette vicino la dolcezza delle mele mature, un tocco d’acacia, graffi di frutta secca, spezie dolci.
Sorso che vive del contrasto tra le sottili dolcezze e l’arrembante sapidità, sottolineando il frutto con spezie e liquirizia.
Chiusura coerente e lunga ancora a firma salina.
VENEZIA GIULIA IGT “ALTURE ROSSO” 2021: un Cabernet dal naso scalpitante, selvaggio più che selvatico, un cavallo che, montato a pelo, alla fine si lascia condurre lungo erbacei sentieri verso frutti rossi e spezie.
Sorso che è piena espressione dell’uva, succoso, invitante, fresco e spigoloso quanto serve per sbatterci il mignolino e chiederne un secondo bicchiere per far passare la bua.
VENEZIA GIULIA IGT “BRAIDE ROSSO” 2021: “Anin ta braide co ai di menà dongje la meniche”!
La voce di mio nonno…mi sembra quasi di sentirla…
“Braide” termine friulano per indicare il campo che qui individua un vino di dissacrante immediatezza, terraterra, semplice, artigianale, contadino.
Al naso marasche e prugne, terra umida, muschio, fiori…
Sorso di una immediatezza che fa quasi lacrimare, tannico quanto ci si aspetta e di persistenza ben più che adeguata a versarVi il secondo bicchiere.
Easy, che volete di più?!
Da bere ascoltando “PIANO MAN” di BILLY JOEL.
VENEZIA GIULIA IGT “BRAIDE ROSSO” 2005: stesso nome per un vino proveniente da un altro vigneto che, seppur già maggiorenne, sembra essere più monello del precedente.
Freschezze boschive di felci ombrose, funghi e piccoli frutti s’accostano a sottigliezze di peperone verde, tabacco e leggera speziatura.
Sorso agilissimo, fresco, scorrevole e che, più luminoso dell’olfatto, sottolinea i piccoli frutti con piccantezze speziate allungandosi poi in un finale giocato tra frutto e sottile mineralità.
VENEZIA GIULIA IGT “ALTURE ROSSO” 2004: l’olfatto, ahimè, ha ormai poco da raccontare ma ci chiede con tutto il cuore di amplificare quelli che di passati strilli sono ora solo mormorii con l’assaggio che gli è dovuto se non altro per rispetto.
Ed in bocca…caspita!
Frutta fresca, viva freschezza, sapidità da vendere e tutto l’erbaceo spigolo che il Cabernet ci può regalare.
Qui non stenti a respirare freschezze di menta, a caricare di tabacco la pipa, a far viaggiare la fantasia…
Un vino non valutabile ma…chi l’ha detto che dobbiamo per forza farlo!?
GLI “OSSIDATI”
VENEZIA GIULIA IGT “SCELTA AMBRATA” 1988: un Pinot Bianco (ossidato non macerato) che non si può descrivere tecnicamente.
Un vino che i “soloni” del bicchiere verserebbero nel lavandino (e in parte, confesso, anche io sarei stato lì lì per compiere il fattaccio).
Ma Gaspare ha la capacità di traghettarci fuori dallo Stige del difetto lasciando entrare le emozioni.
Il naso?
Dai!
Il naso è “finito” (o “sfinito”) ma non rinuncia ad alzare ancora la testa, ostinato nel raccontare chinotto e salvia, zafferano e susine, un gheriglio di noce, un soffio di terra…
In bocca sembra rianimarsi, rialzare la testa in un sussulto di freschezza.
Un sorso di dolcezze mai scontate in un’atmosfera di incensata sacralità.
Un vino che ha una storia da raccontare ad orecchie che la vogliono ascoltare (e le mie non sono ancora sicuro che possano intendere).
Da bere ascoltando “THE END” dei DOORS.
VENEZIA GIULIA IGT VERDUZZO SECCO 1988: come dal bruco la farfalla, da uno “sbaglio” un vino che il tempo e l’ossigeno hanno reso praticamente privo di alcol, con un olfatto da paura!
Un incipit di pienezze mentolate introduce ad un infinito corteo di descrittori.
E allora ecco, in parata, uva sultanina, canditi, lieviti appena dolci, noce, liquirizia, erbe officinali…
Il sorso?
Uno strapiombo di acidità e comparabile spalla sapida e poi…un baratro nero che Vi lascia con poco o niente in mano.
Detta così dovrei dire: “peccato”!
Eppure mi vien da pensare che con qualche formaggio particolarmente “strong” possa dire la sua.
Magari riuscirò a fare la prova.
Gli do il mio Premio “SOCRATE” confidando in futuro di riuscire ad essere più filosofo negli assaggi rassegnandomi al “sapere di non sapere”.
Da bere ascoltando “HIGH AND DRY” dei RADIOHEAD.
VENEZIA GIULIA IGT VERDUZZO SECCO 1992: da un’altra zona un’interpretazione più “dolce” che intreccia pesche ed albicocche, spezie e caramella d’orzo ai toni amaricanti ma comunque suadenti del miele di castagno e ad accenni iodati.
Sorso di gentili dolcezze ben equilibrate dalla ricca vena sapida e tartarica con una chiusura di lunghezza tale da portarVi “verso l’infinito e oltre”.
BORTOLUSSO
45ha di terra di confine in una regione di confine.
L’estremo di coltivare la vite lì dove il sale dell’alto Adriatico caratterizza l’assaggio.
Qui, in anteprima, le annate 2023 che pagano lo scotto di un equilibrio ancora non raggiunto.
VENEZIA GIULIA IGT RIBOLLA GIALLA 2023: fa quasi estrapolare in un contesto marino quel vitigno che normalmente mi fa immaginare la collina.
Ed allora ecco che le sottili dolcezze d’acacia si fondono con il contesto salino in un simpatico dualismo che accosta quello della mela renetta e delle erbe aromatiche.
Sorso agile, succoso animato da una spina dorsale di profonda sapidità.
FRIULI ANNIA DOC FRIULANO 2023: un Tocai dal naso moderno e dinamico.
Mixa ammiccanti dolcezze di mela golden e ananas maturo con un quid di erbe aromatiche, mandorla fresca ed agrume.
Fresco e coerente nel calice, in bocca sostituisce la mineralità di un mare che era con la sapidità di quello che è.
Un Friulano più per le nuove generazioni che per quelli anziani come me.
TRE VENEZIE IGT MALVASIA 2023: profondamente floreale rivela leggerezze di rose e zagare e grassa sostanza di frutta esotica il tutto picchiettato di erbe fini.
Sorso pieno e caldo ma snello e dinamico con quella firma di sapidità ben incisa anche nel finale ammandorlato.
TRE VENEZIE IGT SAUVIGNON 2023: davvero gren il naso!
Di esuberante varietalità è tutto un rincorrersi di salvia, edera, rucola, peperone verde con un appena di frutta esotica e ribes
Sorso di grande coerenza, mai sgarbato nel riproporre le verzure olfattive rimarcandole anzi con l’evidenziatore della sapidità.
TRE VENEZIE IGT VERDUZZO 2022: l’olfatto, dolce e grasso, rivela mela golden matura e miele d’acacia ma già preannuncia le sorprese dell’assaggio con quella nota iodata di fondo ed un fumé traditore.
Sorso morbido e succoso che, mentre vive delle sportellate tra i rimandi delle dolcezze olfattive ed una marina, impetuosa salinità, affonda il piede sull’acceleratore di quella nota affumicata che ora vuole assolutamente dire la sua.
Un vino da provare senza preconcetti e riprovare per il piacere di farlo.
Bello.
Da bere ascoltando “BITTER SWEET SYMPHONY” dei VERVE.
RIBOLLA GIALLA SPUMANTE EXTRA DRY: 120gg di autoclave per un naso di mela golden, cedro e sottili vegetalità.
Sorso ammiccante e piacione, di buona corrispondenza e onesta persistenza.
Vabbè…non amo particolarmente la Ribolla spumantizzata (extra dry poi…) ma io so’ strano, lo sapete.
VENEZIA GIULIA IGT REFOSCO DAL PEDUNCOLO ROSSO 2022: olfatto didattico che, tra amarene ed erbe aromatiche lascia emergere amaritudini di genziana, liquirizia e rabarbaro da uno sfondo di spezie e vanigliato.
Sorso semplice, caldo, morbido e ben equilibrato da freschezza e sapidità, educato nel presentare i tannini e con un finale leggermente ammandorlato.
TRE VENEZIE IGT SCHIOPPETTINO 2020: il legno c’è e dice la sua nel duetto olfattivo tra frutta e spezie nel quale more e lamponi si contrappongono al pepe nero mentre sottili balsamicità stanno in finestra a guardare.
Assaggio piacevolmente fresco e di intrigante speziatura per un sorso che strizza un po’ troppo l’occhio al pubblico femminile.
GIOVANNI DRI IL RONCAT
10ha in quel di Ramandolo (che è frazione di Nimis e unico paese del Friuli a dare il proprio nome ad un vino).
Una produzione che da cinquant’anni racconta il territorio centrata in primis su quel Verduzzo che deve la propria fama essenzialmente a Giovanni (vabbè, anche a Dario che gli sta di fronte).
FRIULI COLLI ORIENTALI DOC SCHIOPPETTINO “MONTE DEI CARPINI” 2019: vabbè mica dovrò dirVi di quel Rotundone che fa quasi starnutire?!
E allora Vi racconto le prugne secche e le ciliegie, le freschezze vegetali e mentolate, la liquirizia e la gentilezza di un mazzo di viole.
Sorso arrembante, di rude, maschia tannicità eppure di così femminile avvenenza da risultare irresistibile.
Forse non sarà il “mio” Schioppettino ma…difficile rinunciare ad un vino così.
FRIULI COLLI ORIENTALI REFOSCO DAL PEDUNCOLO ROSSO 2016: un mazzo di violette ed un balcone di gerani fioriti precedono marmellatosi accenti di piccoli frutti di bosco in una atmosfera profondamente minerale.
Sorso fresco e tannini vellutati sono solo l’incipit di un sorso in cui la frutta è protagonista assoluta.
Il Refosco è il “mio” rosso, per quel suo essere così “friulano dentro” ma a questo mancano gli spigoli ed è, forse, un po’ troppo “gentile”.
FRIULI COLLI ORIENTALI DOC PIGNOLO “MONTE DEI CARPINI” 2018: il Pignolo è un vino “nomen omen”, vuole attenzione e pazienza…
Questo è scuro come l’ombra che il Monte Bernadia proietta su Ramandolo, sa dei boschi che accarezzano il confine, del tabacco da fumare tra una roncata e l’altra.
È scura la frutta, scure le spezie, morbido il cioccolato, fresche le brezze balsamiche.
Il palato è austero, bacchettato da tannini ancora monelli e graffiato da freschezza e sapidità.
Lunga e firmata dai richiami fruttati la chiusura ma…
Ad essere “pignolo” ha ancora bisogno di un po’ di vetro per digerire il legno.
Pazientate.
RAMANDOLO DOCG 2021: in una atmosfera forse boschiva e di soffusa mineralità e, il naso è un sabba dolce-amaro di pesche succose e mandorle amare, scorzette d’agrume e miele.
Sorso avvolgente segnato dalle sportellate tra glicerica dolcezza e tannini da “rosso mancato”.
Fresco quanto deve e lungo di più chiude vegetale.
Lui vince il mio premio “LEVATEMELO” e voi…provatelo con la carbonara.
Da bere ascoltando “SUGAR MOUNTAIN” di NEIL YOUNG.
RAMANDOLO DOCG “UVE DICEMBRINE” 2018: l’olfatto è un uppercut da KO!
Un destro pasticcere caricato crostata di pesche, scorze d’arancio candito e miele che non dimentica i tigli in fiore e una profonda mineralità.
Il sorso è un caldo abbraccio e quel sottile tannino che è l’anima del Verduzzo uno scossone che fa riavvicinare il calice alle labbra.
Lungo e di sapida mineralità il finale di un vino che è un pezzo di storia del Friuli del vino.
FRIULI COLLI ORIENTALI PICOLIT DOCG 2019: l’albicocca è nota fresca e succosa in una sinfonia di pasticcere dolcezze natalizie in cui non mancano rintocchi amaricanti di nocciola fresca e piccantezze zenzerose.
Sorso di dolcezza ben sostenuta dalle robuste spalle freso-sapide e con una chiusura ricca di canditi rimandi.
Mai provato con il foie gras di Jolanda De Colò?
IL LAZIO
CASALE DEL GIGLIO
Dal 1967 un pezzo di storia vinicola del Lazio.
Un’Azienda che ha scommesso su un areale strappato alla palude come quello della Pianura Pontina su cui nessuno avrebbe mai posato gli occhi per impiantare vigneti.
Una produzione che non fa figli e figliastri tra vitigni autoctoni e internazionali e che oggi è sinonimo di classica eleganza.
LAZIO IGB BIANCO BIANCOLELLA “TORRE DELLA GUARDIA” 2022: dall’Isola di Ponza un naso ripido e marino che racconta ginestre, cespugli e timo serpillo prima di concentrarsi sulle dolcezze della frutta gialla matura (anche esotica).
Sorso caldo ma che la tirrenica sapidità rende particolarmente coinvolgente, ben ritmato nei rimandi olfattivi e con una chiusura di ottima persistenza.
Un sorso diverso da una cantina spesso troppo classicheggiante.
Da bere ascoltando “ALL AROUND THE WATCHTOWER” di JIMI HENDRIX.
L’ABRUZZO
BIAGI
Una cinquantina di ettari a Colonnella (TE), lì dove le Marche cedono il passo all’Abruzzo delle colline.
Una produzione attenta all’ambiente e centrata sui vitigni autoctoni con una costola dedicata a quei “vini d’altura” che aspettano la loro prontezza tra le nevi e l’aria sottile delle alte quote del Gran Sasso raccontando evoluzioni su cui c’è ancora molto da imparare.
SPUMANTE METODO CLASSICO “MARTINA BIAGI” BRUT: metà Pecorino, poi 35 parti di Passerina ed il saldo di Chardonnay che propinano note dolci di susina e camomilla che le amaritudini di noce cercano di pareggiare.
Seguono soffi d’agrume e le volute di burro che regala la pasticceria.
Sorso cremoso e fresco con l’invitante carbonica ad evidenziare gli agrumi su uno sfondo di marina sapidità.
TREBBIANO D’ABRUZZO DOC SUPERIORE “ASHÈ” SELEZIONE DA VECCHIE VIGNE 2020: affinato tra le nevi e l’atmosfera rarefatta delle alte quote del Gran Sasso rivela un animo tropicale segnato qua e là da sfumature agrumate e ricordi appenninici di rocce e prati verdi.
Il sorso, che denota freschezza e adriatica sapidità, chiude su note ammandorlate.
Beh, sicuramente NON il mio Trebbiano ma, certamente, una coraggiosa interpretazione del vitigno.
COLLI APRUTINI IGT PECORINO 2022: dai vigneti più alti un Pecorino che al naso rivela dolcezze di frutta ed acacia appena segnate da vegetalità balsamiche di sambuco e anice non dimentiche delle erbe aromatiche.
Sorso fresco e sapido di bella rispondenza con l’olfatto a firmare un Pecorino troppo piacione per i miei gusti.
COLLI APRUTINI IGT PASSERINA 2020: una Passerina tutta mele verdi graffiata qua e là da amaritudini di timo e freschezze di pompelmo e segnata da una sottile mineralità.
Sorso fresco e invitante centrato sulla frutta e con una chiusura di bella sapidità.
COLLI APRUTINI IGT MALVASIA 2020: una Malvasia (Istriana) dall’animo sauvignonesco, profondamente aromatica, che racconta camomilla, pesca gialla ed un intrico di agrumi in un quadro di percepibile vegetalità.
Fresco, sapido e con un finale tutto dedicato agli agrumi, si rivela forse troppo poco territoriale.
MONTEPULCIANO D’ABRUZZO DOC “RETRÒ” SELEZIONE DA VECCHIE VIGNE 2022: olfatto balsamico e boschivo che lascia immaginare marasche e bacche nere, nobiltà d’alloro e selvaticità contadine.
Sorso di bella freschezza e tannini ancora un po’ rustici, decisamente sapido e con un finale di decise amaritudini.
Ancora giovane dimostra la scapigliata avvenenza di una beva spensierata e caciarona.
C’è da lavorarci sopra ancora un po’ (e davvero non mi ricordo se anche questo sia finito al confino in quel di Campo Imperatore) ma si becca comunque il mio premio “MESCI”.
LA BASILICATA
NIMA
Poco più che un fazzoletto di terra in quella Melfi (PZ) che mise nero su bianco uguaglianza di diritti e sostegno all’agricoltura.
Aglianico, Moscato e Malvasia per Tradizione e conduzione biologica per rispetto.
BASILICATA IGT AGLIANICO “CAMARDA” 2022: le dolcezze ed il loro contraltare.
Il bosco e il suo limitare, le bacche nere, i cespugli di rosa canina (spine comprese), le spezie, le prugne mature…
Il sorso accosta la freschezza delle alte vette a una mineralità da centro della terra che i tannini non ancora domi amplificano vieppù.
Chiude speziato chiedendo un altro sorso.
Da bere ascoltando “SONGS FROM THE WOOD” dei JETHRO TULL.
AGLIANICO DEL VULTURE DOC “SPINALE” 2020: un Aglianico scuro e di decisa balsamicità, che racconta di prugne, spezie, camini da poco spenti e intriganti grasse dolcezze di quasi castagna (peccato per quell’ “appena” di alcol”).
Sorso massiccio ma dinamico, tannico quanto deve ma mai sgarbato e con un finale in cui si riaffacciano prepotenti i richiami balsamici di liquirizia e anice.
Bello.
BASILICATA IGT AGLIANICO “SPINALE ANFORA” 2021: olfatto che accosta l’importante balsamicità dell’anice a note di legni nobili, le amaritudini delle erbe aromatiche alle dolcezze di una prugna marmellatosa (peccato per lo sgarbo di una nota di paraffina che…).
Sorso sostanzioso ma reso affatto pesante dalla freschezza e da quella balsamicità che anche qui non vuole saperne di star zitta.
Gli do il mio premio “MANNAGGIA” proponendomi di riassaggiarlo appena possibile perché…secondo me c’ha un sacco di carte da giocare.
E ORA?
Ora è il momento dei ringraziamenti, agli Organizzatori per avermi ospitato e ai Produttori per avermi sopportato.
Ed è il momento delle riflessioni sul valore di quanto assaggiato e sull’impegno che mi toccherà profondere per raccontare e approfondire.
Beh, intanto metto in agenda una Edizione 2025 che spero sia ancora romana e poi…mi metto al lavoro.