IL COSA ED IL DOVE
Undicesima Edizione per LIFE OF WINE (delle passate potrete leggere qui e qui), l’Evento degli Eventi organizzato da STUDIO UMAMI e Roberta Perna con la collaborazione di Maurizio Valeriani che consente ad appassionati ed esperti del settore di compiere un viaggio nelle età del vino perdendosi nel mare delle emozioni.
56 le Aziende presenti quest’anno nella ormai consueta location dell’Hotel Villa Pamphili di Roma a presentare le capacità evolutive dei propri vini.
GLI ASSAGGI
Una proposta vastissima (anche se forse meno completa a confronto delle ultime due Edizioni), troppo per una persona sola.
Se poi ci mettete in mezzo il tour de force di un fine settimana in cui si sono accavallati ben 5 Eventi enoici e le gare di nuoto di mio figlio beh…
Ho fatto quanto nelle mie possibilità, ri-assaggiando per conferma e cercando, vagabondo, quanto occhi, naso, istinto e fortuna mi consigliavano.
Tanti pezzi di assoluta bravura, qualche bottiglia che c’ha provato ma non c’è riuscita e comunque, sempre, il piacere di mettere a confronto le proprie emozioni con il parere di chi il vino la ha fatto e lo fa.
Date una letta alle mie personali note di degustazione, correte ad assaggiare (qualora ne aveste la possibilità) e mettete in agenda sin da ora l’Edizione 2024 cui non dovrete assolutamente mancare!
IL PIEMONTE
LA STRADINA
Quella de “LA STRADINA” è una storia di amicizia che va al di là del poco vino prodotto (2000 bottiglie).
Una storia che racconta di una prima vendemmia nel 2004, delle prime bottiglie nel 2008 e della nascita dell’Azienda nel 2013.
Una storia i cui protagonisti sono 5 amici, il Nebbiolo, il porfido rosso, i boschi e la tenacia di voler fare vino là dove la fatica ne è uno degli ingredienti principali.
GATTINARA DOCG 2020: tra viole e ciliegie croccanti alza la testa la mineralità ed intriga quella nota fumé che…
Sorso birbante e di grande scorrevolezza, con una freschezza davvero sopra le righe che impedisce, per ora, di parlare di equilibrio ma che fa ben capire dove porterà quella “stradina”.
– 2018: dopo aver assaggiato la 2020 beh…mi sarei aspettato di più ed invece resto un pochino imbambolato nel cercare di sfuggire alla presa di un alcol che veicola con poco garbo i profumi.
Meglio il sorso che, a bocce ferme, si lascia apprezzare per coerenza.
La vera sorpresa la regala il fondo del bicchiere che, magari sarà solo fantasia ma, sotto il Monte Rosa lascia intravedere ben più che uno spiraglio di mare.
GATTINARA DOCG “BALÒS” 2019: colpisce per un profilo olfattivo che relega i fiori a lontano ricordo e spinge sull’acceleratore delle erbe officinali lasciando ai chiodi di garofano il vessillo della speziatura, peccato solo (mi sia consentito almeno un appunto) che lo faccia con il “troppo” garbo di tre anni di legno piccolo.
Un gradino sopra il sorso, di mirabile coerenza, innervato di salina mineralità e con un finale da guerriero dell’Età del Ferro.
Mi piace questo non avermi convinto completamente: vuol dire che mi toccherà ri-assaggiarlo con calma!
GATTINARA DOCG “RUSET” RISERVA 2015: scuro e fresco il naso, elegante di viole appassite, peposo (ma non macinato), balsamico di liquirizia e tabacco, non dimentico della china e…più affumicato che boisé.
Sorso godurioso, carezzevole il tessuto tannico, traviante la speziatura e con una chiusura che è un geode di preziosa mineralità.
Da bere ascoltando “ASTRONOMY” dei METALLICA.
L’ALTO ADIGE
ERSTE + NEUE
Azienda con una storia secolare cui va il merito di aver avuto da sempre il coraggio di puntare sulla Qualità rifuggendo la Quantità.
Un esempio di realtà cooperativa cui far riferimento.
SÜDTIROL – ALTO ADIGE DOC PINOT BIANCO “PUNTAY” 2021: sono i prati alpini ad essere in evidenza, con i loro fiori e le erbe amare.
Poi è la volta degli agrumi, delle spezie che picchiettano il naso, di un accenno di polvere da sparo e di un’idea di tavolato che sa di ricordi lasciati in soffitta.
Sorso fresco che ben gestisce il calore, ed allungo ben più che onesto a ricordare le note floreali aggiungendo un retrolfatto vagamente boisé.
– 2020: qui i fiori cominciano a cedere il passo agli agrumi maturi, alle spezie si accostano dolcezze mandorlate e la parte pirica assume un aspetto decisamente più minerale.
Il sorso si arrotonda ma non cede affatto sul fronte freschezza mentre la sapidità alza decisamente il volume.
Chiusura lunga e decisamente aromatica.
– “PUNAR” 2013: dieci anni vogliono dire spalle larghe ed un olfatto che vira nettamente su note balsamiche strizzando l’occhio ad un finocchietto selvatico che zittisce quasi del tutto le gentilezze floreali e fruttate.
Il sorso nasconde nel guanto di velluto delle morbidezze, il pugno di ferro di una freschezza tagliente ed una mineralità profonda.
Bellissimo!
Da bere ascoltando “ORCA” dei WINTERSLEEP.
SÜDTIROL – ALTO ADIGE DOC GEWÜRZTRAMINER “PUNTAY” 2021: netto l’assolo della pesca gialla matura con l’accompagnamento del coro delle erbe aromatiche (rosmarino in primis) ed un sambuco che fatica a stare al proprio posto e la mineralità che impregna l’atmosfera.
Sorso di grande avvolgenza e calore, di larghe spalle fresco-sapide e ben centrato sulle aromaticità.
– 2009: pesca, vegetalità di sambuco, freschezze di lemongrass e gentilezze di rose si mettono il vestito della festa dimostrando un’eleganza assoluta mentre un soffio di legni nobili mormora in sottofondo.
In bocca è sapido e “gewürz”, polposo e masticabile.
Dimostra un fascino irresistibile.
SÜDTUROL – ALTO ADIGE DOC PINOT NERO “PUNTAY” RISERVA 2021: dolcezze di frutti di rovo in confettura si mescolano ad amaritudini di cassis, un lontano mentolato aggiunge freschezza balsamica al cioccolato ed il bosco permea l’atmosfera.
Sorso materico ma garbato, con un succo che sembra voler essere sneaker sotto il vestito elegante, lungo e coerente.
– “MEZZAN” 2012: i piccoli frutti sono ancora capofila ma sono le spezie dolci ad alzare la voce, l’umido del bosco accompagna ed una leggera piccantezza aggiunge interesse.
Sorso dinamico e di grande scorrevolezza nonostante gli anni passati nella costrizione della bottiglia, caldo e di decisa sapidità con un finale tutto spezie e leggermente amaricante.
– “MEZZAN” 2009: vabbè, questo non ce l’ha fatta…
La seconda bottiglia ha provato a raccontare qualcosa in bocca ma niente da fare.
Succede…
CANTINA KALTERN
440ha suddivisi tra 590 soci per una cooperativa che dal 1906 rappresenta un pezzo di storia del vino altoatesino ed è un vero e proprio riferimento non solo per le altre Aziende della Regione.
Grande attenzione all’Ambiente ed una produzione fortemente rappresentativa del variegato panorama di habitat produttivi.
SÜDTIROL – ALTO ADIGE DOC PINOT BIANCO “QUINTESSENZ” 2018: al naso sono netti il cedro candito ed il fieno ma non si può non dire delle aromaticità di alloro e finocchietto dei fiori, della frutta bianca, delle leggere tostature, di quell’idea boisé e della soffusa mineralità.
Sorso sobrio ma di freschezza e sapidità esuberanti, sostanzioso e con un lungo finale agrumato e minerale.
– 2016: si propone da subito elegantissimo nei suoi abiti esotici per poi comunicare calore di messi e dolcezze di miele con la menta a graffiare ed il cedro candito ad aggiungere sostanza.
Sorso succoso e di grandangolare ampiezza che mette in fila ordinata tutti i descrittori olfattivi e dimostra una evoluzione ancora lungi dall’essere terminata.
SÜDTIROL – ALTO ADIGE DOC KALTERNSEE CLASSICO SUPERIORE “QUINTESSENZ” 2018: naso un pochino chiuso che stenta a raccontare la melagrana e, del bosco, i piccoli frutti ed il muschio.
Il sorso è invece dinamico e birbante, fresco e di cementizia piccantezza per una piacevolezza di beva assoluta e compulsiva.
– 2016: il naso è rosso di fiori e piccoli frutti ma è la balsamicità a colpire.
Il sorso si arrotonda e consente di distinguere gelso, fragoline e lamponi, perde le note piccanti ed intriga con il mistero della parte amaricante spingendo a riempire ancora il bicchiere di un vino che ben nasconde l’età.
IL TRENTINO
LETRARI
Qui in Vallegarina, Lucia Letrari prosegue il lavoro pionieristico iniziato dal padre Lionello nel 1976 producendo Trento DOC che mixano mascolina energia ed eleganza femminile con risultati “che ‘ntender no li può chi no li prova”.
TRENDO DOC BRUT “QUORE” RISERVA 2016: almeno 60 mesi sui lieviti (per tutta la batteria) e sboccatura ad Ottobre 2023.
forse troppo fresco tra spigoli e dolcezze degoir Ott. 23
– 2015: degorgiato nel Febbraio 2023 dimostra quanto sia importante un anno di vetro proponendo un elegantissimo naso che racconta subito di nocciole e sapida mineralità per allargarsi poi sui toni fruttati della pesca bianca, della mela ed ancora frutta secca.
Sorso che denota il grande equilibrio tra freschezza, cremosità ed animo minerale.
Perfezione e sostanza.
– 2012: degorgiato a Novembre 2018 lascia che il naso racconti la frutta gialla (anche tropicale), la pasticceria e la frutta secca ma sorprende e mette al tappeto con quella sua profonda anima boschiva che non dimentica neppure la freschezza dei funghi.
Sorso di sontuosa morbidezza cui la ritmica della freschezza aggiunge verve ed un che di spezia ne allunga il finale rendendolo maledettamente intrigante.
Bellobello!
Da bere ascoltando “THE MAN WITH THE ORN” di MILES DAVIS.
– 2011: degorgiato a Febbraio 2018 ripropone, dimentico del bosco e con una certa stanchezza, i temi della frutta evidenziati dell’annata 2012 aggiungendovi un quid di interessante mineralità
Sorso cremoso, coerente ed ancora energico a dispetto degli anni riportati sulla “carta d’identità”.
IL VENETO
SECONDO MARCO
Da 15 anni nel cuore della Valpolicella Marco Speri prosegue una lunga storia familiare producendo vini profondamente tradizionali ma di disarmante modernità.
Un’interpretazione per carità ma, per quanto inutile possa essere questa affermazione, il mio personale riferimento in materia di Valpolicella.
VALPOLICELLA DOC CLASSICO SUPERIORE RIPASSO 2018: vino “d’annata” che fa leva sull’esuberanza olfattiva per raccontare di frutti rossi, muschioso sottobosco, fresche speziature, vegetalità e graffi minerali.
Sorso dalla muscolatura già definita, con tannini intriganti ed un allungo speziato e di cementizie piccantezze.
– 2014: già al naso racconta, specchio dell’annata, una freschezza superiore a quella della precedente.
Ed ecco che allora la frutta dell’amarena viene annichilita da balsamicità di tabacco da pipa, liquirizia, legni nobili ed orientali in una atmosfera decisamente grafitica non dimentica di note speziate ed ematiche.
Sorso netto e caldo che dei tannini evidenzia l’eleganza di trama ed ordito e si allunga ferreo e tabaccoso.
– 2010: c’entra sicuramente una temperatura troppo alta in quello sgarbo di alcol che sorprende un un naso carico di frutti scuri e maturi (mora, prugna, amarena), peposo e ricamato da dolcezze di cannella e tabacco.
Anche il sorso risente dell’eccessivo abbraccio alcolico ma denota comunque leggiadria ed un equilibrio superiore a quello dell’annata 2014 con tannini, freschezza acida e sapidità minerale a collaborare per il raggiungimento del risultato finale.
– 2009: e questo no…non ce l’ha fatta, neppure una seconda bottiglia che in bocca prova comunque a giocare la carta del fascino del cemento.
Vabbè, sarà per un’altra volta (lo metto tra le bottiglie da voler riassaggiare).
RECIOTO DELLA VALPOLICELLA DOCG CLASSICO 2013: qui l’alcol aiuta a veicolare veloce le note di ciliegie in confettura (ma pure, giuro, un ché di freschezza d’anguria) e le fighissime amaritudini di erbe aromatiche e mallo di noce.
Sorso in cui le evidenti dolcezze sono tenute a bada da una birbante freschezza, da un tannino che, monello, fa molto più che strizzare l’occhio e da un finale di saporita mineralità.
Il leprotto dei Recioti.
– 2008: la prima annata prodotta dimostra quanto, negli anni, l’Azienda abbia fatto per “firmare” le proprie produzioni.
Qui l’attaccamento alla tradizione è evidente come le prepotenti note fruttate (financo fragolose) che lasciano alle balsamicità ed alle amaritudini di timo il ruolo di comprimarie.
Sorso morbido ma affatto “morbidoso”, sempre pronto a sorprendere con il graffio di un tannino o lo schiaffo minerale del lungo finale.
Personalmente preferisco il “nuovo corso” ma questo è un gran bel Recioto.
L’EMILIA ROMAGNA
FATTORIA ZERBINA
27ha di Ravennate a trazione femminile.
Impianti ad alberello, 20 cloni di Sangiovese ed una produzione che, oltre ad essere incentrata sul vitigno principe del Territorio, tiene nella stessa considerazione l’Albana e la Botritys per produrre vini da dessert con un animo profondamente francese.
ROMAGNA DOC SANGIOVESE MARZENO “POGGIO VICCHIO” 2022: naso esuberante, peposo, rosso di ciliegia, fresco di rosa canina e scuro di terra bagnata.
Sorso che acchiappa, sapido, fresco, fruttato, tenuto ben vivo da tannini pistoleri e lungo quanto serve per dimenticarsene e voler riempire nuovamente il bicchiere.
Si becca il mio premio “COTIDIE”.
Da bere ascoltando ”CANZONE DI NOTTE N. 2″ di FRANCESCO GUCCINI.
ROMAGNA DOC SANGIOVESE SUPERIORE “TORRE DI CEPARANO” RISERVA 2018: francamente il legno disturba un po’ e precede sensazioni di more mature, gentilezze di viola, amaritudini di ginepro e soffi balsamici.
Sorso decisamente morbido con freschezza e sapidità che, in progressione, gestiscono l’assaggio; fitta la trama tannica e lungo il finale di bella rispondenza con l’olfatto.
Dalla prima vigna dell’Azienda.
ROMAGNA DOC SANGIOVESE MARZENO “PIETRAMORA” RISERVA 2018: al naso la vaniglia si apprezza ma se ne apprezza anche il controllo, poi viole, amarene, spezie dolci ed una lontana brezza balsamica di liquirizia.
Sorso ricco ed avvolgente, fresco, sostenuto dalla vivacissima trama tannica e con un finale di intrigante balsamicità.
– 2011: peccato che i 15.5° alcolici siano così evidenti (d’altro canto qui non c’è tempo di far respirare i vini) e che veicolino in modo sgarbato i profumi dei piccoli frutti rossi e calchino la mano sulle note speziate; seguono accenni di terra umida e note fumè.
Sorso di grande calore ed inattesa dinamica, tannini ancora vispi ed un finale lungo e sapido.
– 2004: nell’immediato il naso comunica stanchezza ma…per fortuna il dilungarsi in chiacchiere ha fatto si che lo bevessi con poca attenzione!
Ed il calice vuoto, come sempre, ne ha rivelato l’animo celato ai distratti.
Frutti rossi e neri ben distinti arricchiscono un cioccolato che sembra quasi di mordere e le spezie sfrucugliano il naso con un intrigante friccicore.
Vabbè, mi tocca chiederne un secondo sorso per apprezzarne la corretta rispondenza con l’olfatto, le tostature che rendono interessanti le morbidezze e la materica progressione gustativa supportata da tannini che tessono trama ed ordito mi accompagnano sino al lungo finale.
Me so’ sbajato!
Capita.
Da bere ascoltando “ULTIN TOC” dei MITILI FLK.
ALBANA DI ROMAGNA DOCG SECCO “BIANCO DI CEPARANO” 2022: fresco e fruttato racconta subito susine e pere, poi gentilezze di glicine ed amaritudini di timo lasciandoci con la curiosità di sapere cosa sarà di quella nocciola che si sbraccia là in fondo.
Sorso fresco ed affilato che evidenzia profonda sapidità e piccantezze cementizie e con un lungo finale che mixa agrumi e mineralità.
ROMAGNA IGT BIANCO “TERGENO” 2021: delle tre uve con cui era inizialmente prodotto, Chardonnay, Trebbiano ed Albana, è rimasta solo quest’ultima (per il 40% “Botritizzata”) a regalare un naso di agrumi canditi e fresche amaritudini vegetali di salvia, e nespola intarsiate di idrocarburi già ben più che accennati.
Sorso teso ma con una imprescindibile sostanza glicerica cui la profonda sapidità tiene testa ed un finale lungo di dolcezze agrumate.
L’Auslese “de noartri” (o viceversa)
Bellissimissimo!
Da bere ascoltando “DEL MONDO” dei C.S.I.
ALBANA DI ROMAGNA DOCG PASSITO “SCACCO MATTO” 2022: 240 gr/l profilo olfattivo decisamente pasticcere che racconta miele e frutta disidratata e candita lasciando ai fiori solo un accenno e non dimenticando invece il proprio animo minerale.
Sorso di grande avvolgenza anche se ancora non perfettamente bilanciato nelle componenti fresco-sapide con un allungo davvero degno di questo nome.
Giovanissimo.
– 2009: qui la pasticceria inizia a raccontare davvero dei dolci natalizi (torrone, pangiallo, panpepato) con la frutta gialla che accenna allo sciroppo ed un accenno di cioccolato salato.
Sorso elegante ed equilibrato, ben sostenuto dalle larghe spalle fresco-sapide ed il lungo finale tutto dedicato agli agrumi canditi.
– 2004: la parola d’ordine è ZAFFERANO!
Impregna tutti gli altri descrittori ed aromatizza il miele che condisce la frutta secca.
Sorso nobile e materico che distrae dai singoli descrittori lasciando che l’attenzione si focalizzi su un “totum” inscindibile anche nel finale infinito.
ALBANA DI ROMAGNA DOCG PASSITO “ARROCCO” 2018: selezione di acini ed un progetto diverso rispetto a quello di “SCACCO MATTO” per un naso che è un sabba di erbe aromatiche, miele, zafferano, frutta gialla sciroppata e mineralità.
Il sorso denota ottima rispondenza ma non riesce a dirimere il nodo dei descrittori denunciando una “prontezza” ancora lungi dal realizzarsi.
LA TOSCANA
COLOGNOLE
27ha vitati (su 700 totali) nel cuore della denominazione Chianti Rufina.
Dalla più piccola e più alta tra le denominazioni del Chianti una produzione attenta al Sangiovese ma affatto dimentica di vitigni internazionali quali Syrah, Merlot e Chardonnay.
TOSCANA IGT CHARDONNAY “QUATTRO CHIACCHIERE A OLTREPOGGIO” 2001: un vino che conosco bene, e di cui conosco bene annate e potenzialità.
Beh, qui non ci siamo…
Naso che denota una certa flemma nel proporre le grassezze dolci della frutta gialla stramatura e certe note di frolla pasticcera infarcita di crema cui un’iniezione di erbe aromatiche prova a dare una spinta.
Sorso caldo e di freschezze che non riescono a pareggiare la sostanza glicerica.
Viene in aiuto la sapidità che ci accompagna fino alla chiusura segnata dalla frutta secca.
– 1995: bella annata di cui conservo ancora una bottiglia in cantina ma di cui oggi, qui, è meglio non dire.
Sono cose che capitano anche nelle migliori famiglie.
CHIANTI RUFINA DOCG “VIGNETO LE ROGAIE TERRAELECTAE” RISERVA 2018: un naso scuro e fresco, che propone tutto il possibile del bosco (humus, resina, foglie bagnate, piccoli frutti croccanti) e poi amaritudini di china, soffi tabaccosi e ben più di un ché ferroso.
Peccato che anche qui non gli sia amica la temperatura ed uno sgarbo di alcol sporchi un pochino l’olfatto.
Sorso ben più che sostanzioso, di freschezza e sapidità bilanciate con quest’ultima che si impossessa progressivamente della bocca e quasi soffoca la carezza dei tannini miniati.
CHIANTI RUFINA DOCG “RISERVA DEL DON” RISERVA 2017: quasi montano con quella sua freschezza balsamica che racconta boschi ed alloro, irretisce con un richiamo d’arancia e colpisce con un pugno ferroso.
Sorso di grande coerenza, con tannini ancora ben grippanti a contenere l’irruente freschezza ed un finale di potente, minerale, sapidità.
Bellobello!
– 2009: naso che ricordavo più “aggressive” e che invece sembra faticare.
Scuro e poco incline al frutto concede l’idea del sottobosco ed un appena di tabacco.
Sorso equilibrato e privo di spigoli (ahimè) che poco spazio lasci alle emozioni e con un finale di inaspettata, brusca chiusura.
– 1994: al naso propone quanto apprezzato nella 2017 ma con un’energia ormai esaurita.
Sorso stanco ed un po’ legnoso per una bottiglia che avremmo dovuto aprire qualche anno fa.
LAMOLE DI LAMOLE
50 anni di storia e 37ha vitati in quel di Greve in Chianti per una produzione attenta all’ambiente e specchio fedele di un Territorio in cui la quota gioca un ruolo fondamentale sui risultati finali.
CHIANTI CLASSICO DOCG GRAN SELEZIONE “VIGNETO DI CAMPOLUNGO” 2018: annata in commercio.
Al naso spiccano la fresca gentilezza delle viole, una parure completa di sottobosco, le vegetali amaritudini delle erbe aromatiche, un quid di spezie ed ovviamente la frutta piccola e scura.
Sorso identitario, coerente, fresco, sapido, tannico quanto deve e senza sconti e con un finale di bella persistenza.
– 2015: 5% di Cabernet Sauvignon per un olfatto silvestre e profondamente balsamico che non dimentica tabacchi e cuoio e mette sotto spirito la ciliegia.
In bocca la spigliata eleganza del tannino focalizza l’attenzione, ben sostenuta da larghe spalle fresco-sapide che ben gestiscono le parti caloriche.
Gran bel Chianti!
– 2011: prima annata da GRAN SELEZIONE (e 10% di Cabernet Sauvignon) per un naso che racconta la maturazione avanzata delle prugne e la croccantezza dei frutti di bosco, una gentilezza di viola, un soffio d’alloro, legni e tostature.
Sorso che mostra potenza, perde qualche colpo in freschezza, guadagna qualche punto in rotondità e poi…finisce troppo presto.
– 2007: qui di Cabernet ce ne sta il 15% ed il naso perde qualche colpo in termini di eleganza, un po’ troppo matura la frutta, un peccato veniale di ossidazione ed un appena di amarena e mirtillo a rinfrescare.
In bocca sa però riprendersi i propri spazi, forte delle proprie larghe spalle fresco-sapide e di un alcol che non passa inosservato.
Chiude evidenziando un tocco d’incenso ed un tannino…insomma.
IL LAZIO
MUSCARI TOMAJOLI
Tarquinia vuol dire quasi mare, vulcani che erano e quegli Etruschi cui il vino deve tanto.
Solo 2ha coltivati a Vermentino, Montepulciano e Petit Verdot, grande attenzione all’ambiente, crescita qualitativa costante ed un packaging davvero d’acchiappo.
LAZIO IGP ROSSO “AITA” 2021: un vino ma non solo, il segreto di questo Montepulciano sta forse tutto qui.
Ma parlando di questa annata (e conoscendo le altre) beh…per svelarlo bisogna aspettare ancora parecchio.
Tutto preciso, tutto al suo posto, la frutta, le spezie e…quel legno che qui alza troppo la voce e cela il varietale del vitigno dietro un sipario troppo femminile.
Il sorso, nella sua coerenza, ha un sussulto di tirrenica freschezza che mi consente di “rimandarlo a Settembre” confidando in un assaggio negli anni che verranno.
un po’ troppo frocesco, si sente la barique di 1° rispetto a quelle di 2° e 3°
In bocca si riprende ed è tirrenicamente verticale
– 2020: prendete un mixer e metteteci dentro piccoli frutti rossi, amarene, spezie scure, china, un ché di tostato, liquirizia.
Premete il pulsante e…mo provate a dirimere i profumi!
Qui, sembra di giocare a shangai!
Alzate il bastoncino ma non toccate gli altri!
Sorso massiccio, tannini in giacca e cravatta (ma con le sneakers ai piedi) ed un finale che…non finisce.
Da bere ascoltando “BULLET AND A TARGET” di CITIZEN COPE.
– 2019: naso materico nel presentare un’alzata di frutta scura.
Di sinuosa ed orientale speziatura, racconta di cannella e cardamomo e, mentre Vi sembra di poterVi rilassare…vi frega con un gancio balsamico di tabacchi e liquirizia.
Il sorso è di etrusca baldanza ma non si vergogna di mostrare il proprio lato morbido, sottolineando una masticabilità fruttata che trama ed ordito tannici rendono elegante e voluttuosa.
Chiude ricordandoVi il tabacco e che ne avreste dovuto comprare un’altra bottiglia.
L’ABRUZZO
FARAONE
TREBBIANO D’ABRUZZO DOC “SANTA MARIA DELL’ARCO” 2018: la parola d’ordine è freschezza.
I fiori di campo e le pere non ancora mature ma soprattutto la nocciola non ancora matura, questa l’introduzione olfattiva di un vino che mostra poi dettagli di erbe aromatiche e suadenze di spezie dolci.
Sorso fresco e fruttato, progressivo nell’esporre la rispondenza all’olfatto e con un finale che mostra un animo minerale che evidenzieranno gli anni a venire.
– 2014: Perfettamente rispondente all’annata evidenzia una freschezza superiore a quella della 2018
più fresco della 18 con lunga aspettativa di vita, da annata fresca e piovosa
– 2013: annata calda che mette in evidenza terziari idrocarburici quasi prima delle grassezze di frutta gialla matura e candita lasciando che il finale sussurri note boschive e quasi resinose.
Sorso pieno, cremoso, masticabile di grandangolare orizzontalità eppure con una spina dorsale di freschezza mai curva, anzi…
Un vino che dimostra, se ancora ce ne dovesse essere bisogno, quelle che sono le potenzialità del Trebbiano.
Da bere ascoltando “SLEEPING WITH GHOSTS” dei PLACEBO.
MONTEPULCIANO D’ABRUZZO COLLINE TERAMANE DOCG RISERVA “SANTA MARIA DELL’ARCO” 2016: naso caldo ed orizzontale che evidenzia i frutti scuri sulla tela di un sottobosco di foglie secche che non dimentica neppure i funghi.
Non mancano le note balsamiche e quel tocco di vaniglia che è firma del legno stonda il graffio di cacao amaro.
Sorso che segue l’asse delle “Y” con la sua indomita freschezza ed i tannini composti, che non si vergogna di vergare il palato con il verde del varietale e con un finale di sapida mineralità.
– 2011: al naso disturba un pochino quell’alcol che nell’annata 2016 era celato da un legno qui appena sussurrato.
Scuro l’impatto olfattivo, a sottolineare bacche e terra umida con balsamicità di liquirizia e menta ad aprire le narici.
Sorso fresco e decisamente sapido, di grande coerenza con l’olfatto ed un finale che una nota di cioccolato rende appena più rotondo.
Rispetto all’annata 2016 le note “green” sembrano essere state nascoste sotto il tappeto ma l’idea è quella di un vino con una longevità tutta da scoprire.
– 2007: sarà per l’annata calda ma qui il naso sembra suggerire calma.
Il naso si arrotonda attorno ad una ciliegia scura, dolce, succosa, magari sotto spirito cui seguono tabacchi, iodio ed un lungo corteo di spezie.
Sorso ben più dinamico, di freschezza ancora birbante, a tratti quasi agrumato, con tannini di sportiva eleganza ed una sapidità tutta da provare.
BELLO!
Da bere ascoltando “I’M AN OLD COWHAND (FROM THE RIO GRANDE)” di SONNY ROLLINS.
ED ORA?
Ora è il momento dei ringraziamenti: ai Produttori per avermi regalato una giornata di intense emozioni ed agli Organizzatori per avermi dato la possibilità di partecipare ad un Evento unico nel suo genere.
Ed è il momento delle scuse, agli stessi che ho ringraziato ed a Voi per il ritardo con cui escono queste mie poche parole, per colpa della mia ormai risaputa lentezza e di un fine anno troppo denso di appuntamenti per poter poi mettere su carta le mie impressioni.
Cercherò di fare meglio in futuro e, mentre aspetto con ansia la prossima Edizione di LIFE OF WINE, mi appresto ad una Stagione 2024 che si preannuncia davvero ricca di appuntamenti.