IL COSA ED IL DOVE
Dal 4 al 6 Novembre u.s., nell’ormai consueta location della Città dell’Altra Economia di Roma, i Vignaioli Artigiani Naturali hanno organizzato “VAN TO ROME 2023”, manifestazione dedicata a quei Produttori che si piccano di produrre vini “naturali”.
Una trentina di Aziende provenienti da tutta Italia accomunate da uno stile di produzione ad impatto quanto più prossimo allo zero in vigna ed in cantina.
Uno stile che sottolinea la volontà di preservare quanto più possibile vigne ed ecosistemi in genere attraverso conduzioni biologiche e/o biodinamiche in campagna e fermentazioni spontanee in cantina, il tutto per consegnare a noi bevitori un prodotto che sia reale interpretazione di un’annata e di un terroir.
GLI ASSAGGI
Sisi, c’era davvero tanta roba da assaggiare ma io avevo un tempo limitato ed allora, con la scusa di salutare un amico Produttore e riassaggiarne le etichette ho chiesto consiglio.
Ed è stato così che ad un suggerimento ne è seguito un altro, poi un altro ancora, poi…
Poi s’è fatta ‘na certa e sono dovuto scappare prima che l’autobus diventasse nuovamente una zucca.
Comunque è stata l’occasione per sorprendermi ancora una volta di alcune produzioni (ed allo stesso tempo rimanere perplesso da altre che, nel 2023, davvero non dovrebbero…).
Come sempre, nelle righe seguenti troverete il mio personalissimo ed incompleto “recit de dégustation” (filtrato, in questo caso, di quanto ho avuto il pudore di filtrare).
Voi dategli una letta ed andate ad assaggiare, resterete sorpresi!
Siate curiosi, SEMPRE!
IL PIEMONTE
BRICCO VISCONTI
Che a Colle San Fedente (AT) si sia trovato “l’uovo di Colombo”?
Mah, lo sapete come la penso sui vini “naturali” (e lo sanno anche i Produttori che incontro), epperò quelli di Giorgio (Migliasso) sono di quelli che ti fanno pensare che un altro mondo sia possibile (salvo poi doversi ricredere in altre occasioni).
1.5ha, 4 vigneti, 10000 bottiglie (tutte rigorosamente numerate).
Giorgio lo scrive bello in grande sulle etichette che le suo sono “microvinificazioni” (max 350lt) e che utilizza la ceramica (ma pure il coccio pesto “home made).
Niente solforosa da 8 anni (0.8 g/l è quanto naturalmente presente nell’uva), tutti i processi rigorosamente in riduzione salvo…il TAPPO, “sniffatissimo” e rigorosamente in sughero.
Credetemi: assaggiate, ma soprattutto parlate con lui.
VINO ROSSO “LUIS” 2021: un Freisa di cui colpisce subito una nota affumicata (che fumé è un’altra cosa), di un sottobosco che dice pure di fungo (in senso buonissimo) e rivela poi frutta scura e sensazioni di rabarbaro.
Sorso caldo e di adeguata freschezza, dai tannini vispi e piacevolmente “rustici, ben rispondente all’olfatto ma un po’ squadrato, come se i diversi descrittori componessero le facce di un cubo di Rubik non ancora risolto…
Ma sono sicuro che basti una bella cura a base di vetro per aggiustare tutto.
VINO ROSSO “SOFI” 2022: chi s’aspetta un Grignolino dal colore classicamente rosa scuro rimarrà sorpreso dall’intensità cromatica che il terreno regala a questo vino.
Il naso porta la stessa firma del vino precedente (affumicatura a parte), ci sono le more ed i rovi, c’è la rosa, c’è il sottobosco (senza funghi).
In bocca è caldo, morbido, di piacevole freschezza e bella sapidità con una intrigante nota brettata certamente non voluta ma affatto fuori luogo.
VINO ROSSO “MIASS” 2021: Dolcetto…un vitigno difficile qui addomesticato con sapienza.
Un naso di marasche, agrumi (chinotto), note vegetali affatto nascoste, amaritudini di rabarbaro, una bella vena minerale.
Fresco, invitante il sorso e grippanti i tannini con un finale ricco di ricordi fruttato-agrumati.
VINO ROSSO “SOFI” 2020: vale in buona parte quanto scritto per il primo vino con una marcata sottolineatura della parte amaricante (ed un leggerissimo sospiro di brett).
In bocca le “squadrature” della 2021 spariscono ed il vino assume una forma che ricorda quella del contenitore in cui è stato prodotto ed evidenzia una complessa stratificazione gustativa che pone in risalto una sorprendente nota dolce-amara di kaki (peccato per quel veniale peccato di sughero che distrae un po’).
Gran bel vino, da bere ascoltando “CONFORTBLY NUMB” dei PINK FLOYD.
VINO ROSSO “PIT” 2020: naso appena disturbato da un extra di alcol ma che ragala profumi di bosco resinoso, alloro, un che di selvatico e scure mineralità.
Sorso verticalissimo, elegante ed equilibrato, dai tannini eleganti ma con le sneakers ai piedi ed un allungo tuto da scoprire.
Bello il Nebbiolo senza legno ma…ci vuole tempo.
PET NAT ROSATO “ROSÈ DI PIT”: un rifermentato da Nebbiolo dal naso ammiccante e fragoloso e dal sorso strutturatissimo cui i lieviti regalano note vagamente casearie, selvagge e funky.
Un vino fighissimo, da assaggiare assolutamente e di cui avere una bella scorta in cantina (ché non serviranno gli amici per aiutarVi a finirlo…ci penserete da soli).
Io gli assegno il mio premio (SURPRAIS), Voi bevetelo con la cannuccia ascoltando “INSIDE ALL THE PEOPLE” dei PLANET FUNK.
LE MARCHE
TENUTA SAN MARCELLO
Da Milano a Senigallia per vivere, da Senigallia alla Georgia e ritorno per fare vino.
Questo in breve il percorso di Massimo (Palmieri) che nella sua TENUTA SAN MARCELLO coccola 5ha campagna ad impatto praticamente zero vinificando Verdicchio e Lacrima in anfore interrate che sono gemellaggio tra la storia enologica della Georgia a quella delle Marche.
VERDICCHIO DEI CASTELLI DI JESI CLASSICO DOC “BUCA DELLA MARCONA” 2022: Verdicchio (di cui il 15% sosta sulle bucce) che al naso regala note erbacee e freschezze di mandarino, calore di fienagione e dolcezze esotiche.
In bocca, dinamico e minerale, sorprende per la marina freschezza che si accosta con le grassezze regalate dalla parte proteica dell’uva.
Davvero un bell’incipit.
VERDICCHIO DEI CASTELLI DI JESI DOC CLASSICO SUPERIORE “CIPRIANI” 2022: qui la vendemmia tardiva lascia che al naso comandino le dolcezze di tiglio ed acacia e che solo in coda la mandorla alzi la testa strizzando l’occhio a delicate tostature ed ad un quid di idrocarburo.
Sorso voluminoso ed ampio, che sottolinea grassezze di agrume candito, che sorprende per la persistenza centrale sapida e glicerica e chiude su note minerali di pietrisco.
MARCHE IGT BIANCO “INDISCIPLINATO”: questo vino andrebbe “letto” con quello successivo (“CIELO SOMMERSO”) in quanto “gemelli” separati dalla stessa anfora.
L’argilla dell’anfora e l’argilla del suolo in cui questa è interrata, quasi fosse un ritorno alle proprie origini.
Vinificato in parte con i raspi (ormai legnosi ad Ottobre), “INDISCIPLINATO” rappresenta la parte alta del contenitore e regala un naso complesso che racconta di balsamicità di erbe aromatiche (rosmarino in primis poi salvia e timo) su cui si innestano carezze dolci di tiglio e camomilla, amaritudini di frutta secca e sottili speziature.
Sorso ampio e succoso che evidenzia un’anima salina e chiude su grandi freschezze dopo aver recitato con ordine il mantra dei descrittori olfattivi.
Davvero TOPPP!
Bevetelo ascoltando “CRISI DI VALORI” dei DISCIPLINATHA (come mi sia venuta in mente non lo so ma Voi…fitateVI).
MARCHE IGT BIANCO “CIELO SOMMERSO”: l’etichetta capovolta e la bottiglia bagnata nella terra del vigneto sono un omaggio all’argilla da cui trae nutrimento la vite ed in cui riposa il vino.
Gemello diverso del precedente mantiene la frutta secca e ne aggiunge di candita, racconta l’oriente misterioso delle spezie e l’intimistico incedere di torba, tabacco ed incenso.
Sorso di grande sostanza e freschezza ed imperante sapidità che l’affatto sottaciuto grip tannico rende vieppiù interessante.
Un Verdicchio sorprendente anzi…DUE!
MARCHE IGT ROSATO “PETALOSO” 2021: tutta Lacrima di Morro d’Alba (anzi, con un 5% di bucce del Verdicchio) per un naso delicato, fin troppo se vi cerchiamo la stessa firma dei vini precedenti.
C’ha la freschezza del melograno, un graffio di more di rovo, la gentilezza delle viole.
In bocca denota invece pugno di ferro in guanto di velluto, sottolineando amaritudini e chiudendo su richiami dolci e fruttati.
Altro che rosato!
“CRY BABY”: 70 parti di Rosato, 20 di Verdicchio e 10 di Lacrima, un gioco, un esperimento che ha il colore dello sciroppo di amarena
Un gioco che ha il colore dell’amarena Fabbri, il profumo dei piccoli frutti, della melagrana e di un quid di anguria.
In bocca è un po’ una ridda di sapori sostenuti da freschezza e sapidità ma senza apparente coordinazione.
Un esperimento da ripetere?
LACRIMA DI MORRO D’ALBA DOC “BASTARO” 2022: Lacrima di Morro d’Alba e nient’altro, con un rotundone in grande spolvero che con un balzo spazio-tempo mi porta, per un attimo, nel Friuli dello Schioppettino.
Poi sciorina ricordi autunnali di humus e foglie bagnate, rose, amarene e soffi balsamici.
Sorso morbido, di buona struttura e bell’equilibrio fresco-sapido, di elegante trama tannica e finale dedicato alle spezie ed ai ricordi di frutti rossi.
LACRIMA DI MORRO D’ALBA DOC SUPERIORE “MELANO” 2021: vendemmia tardiva e 7 mesi di anfora si traducono in un naso che lascia la viola stagliarsi in maniera netta su marasche, more, lavanda ed una pletora di spezie che va dal pepe alla cannella passando per noce moscata e chiodi di garofano.
Sorso lungo, di sferzante freschezza, segnato da tannini ancora pistoleri e succosità d’agrume.
Vetro ed attesa, questo l’oggi di un vino dal grande futuro.
IL LAZIO
IL VECCHIO POGGIO
Anche di questa Azienda avevo già scritto qui.
Quasi un ettaro coltivato a Syrah, Cabernet Sauvignon, Riesling, Lecinaro, Passerina (ma pure un’altra chicca ampelografica di cui non Vi dico).
Rigorosamente bio in vigna, vinificazioni attente e senza trucchi, affinamenti in anfora.
NO LABEL “RIAMA”: Lecinaro in purezza con una etichetta (ancora non stampata) che racconta una storia di donne, partenze, ritorni, sofferenze, amore.
Davvero troppo freddo nasconde marasche e viole dietro il ferro della spada e vegetalità terragne.
Sorso fresco, sapido e molto coerente, vergato dagli spigolosi rimandi olfattivi e da tannini ancora pistoleri che però, nel finale e con qualche grado in più, rivela un animo insospettabilmente gentile e fruttato.
Un vino da aspettare, nel tempo e nel bicchiere.
L’ABRUZZO
MCCALIN
Federico (Nardi) “one man show” in quel di Martinsicuro (un lembo di Teramano che fate prima a raggiungere sconfinando nelle Marche), vignaiolo, cantiniere, pittore, musicista ed un sacco di altre cose.
2ha per 13 (tredici) etichette prodotte ciascuna da un cru (ben 6 le declinazioni di Montepulciano).
Vini sinceri come Federico (a volte sin troppo), progettati (non inventati) e da bere assolutamente.
Date un’occhiata anche a quanto avevo già detto a suo proposito qui.
VINO ROSSO “ROSSO BOP” 2021: a completare la gamma “BOP” ecco il Montepulciano giusto per un disco di Charlie Parker.
Un naso tradizionale, più campagnolo che selvatico, che racconta di piccoli frutti e non dimentica il contorno di amaritudini vegetali e le brezze balsamiche.
Un sorso squillante che narra agrumi rossi conditi dal giusto di una piccantezza che dice di sale e spezie.
Una tavola, una tovaglia, un tagliere, pane, salame e tanti amici.
VINO ROSSO “MENEINFISCHIO” 2020: il più “easy” della batteria di Montepulciano di Casa Nardi, quello cui se non fosse per la sferzante acidità non perdonerei quel residuo zuccherino, quello dell’etichetta impertinente, quello che fa rima con Estate e che vuole una scorta esagerata di bottiglie per far fronte alle chiacchiere che deve pareggiare.
Un vino di quelli che il sorso arriva al massimo in contemporanea con l’olfatto, un cestino di frutti croccanti con quella virgola di spezie che li rende più interessanti e quel tanto di carta vetrata tannica che da la mano alla freschezza per pulire la bocca preparandola al secondo sorso.
Non il mio, ma sicuramente di tanti.
VINO ROSATO “LIBEROARBITRIO” 2020: Cerasuolo?
Macchè!
Rosato?
Forse…
Insomma, dell’anima del Montepulciano manca forse solo la nota green, per il resto sono frutti rossi e neri, morbida prugna, vispo pepe nero, liquirizia da baraccone, un appena di frutta secca.
Il sorso (come il colore) non si discosta molto da quello del “LIBEROARBITRIO” solo, forse, con un minimo di grazia femminile in più nonostante l’accento marcato sulla trama tannica ed i 15° alcolici assolutamente maschi.
Succoso, freschissimo e dai lunghi richiami fruttati.
Chissà perché ci focalizzo la pizza con le acciughe…
VINO ROSSO “INCONTRO” 2020: un Montepulciano che lascia la vasca del “ROSSODAMARE” per farsi un anno di confino in barrique.
Di quel “KOMANDANTE” che ricordo, non ha le note fungine e catramose ma, dopo un accenno quasi ferroso, riempie il naso di more e ribes, del bosco ha le radici, delle spezie l’oriente dei chiodi di garofano, del mare il timbro salmastro.
Sorso avvolgente e caldo, tannini pettinati e bella sapidità, con un finale che avrei preferito più maschio ma che mixa con garbo amaritudini e dolcezze fruttate.
VINO ROSSO “ROSSODAMARE 2020: solo acciaio per questo Montepulciano boschivo e resinoso, scuro di spezie e liquirizia e quasi grafitico, cui solo la ciliegia nera matura regala morbide carezze olfattive.
Sorso di imperante freschezza e tannini presenti ed educati cui i ricordi fruttati conferiscono morbidezza ed equilibrio.
LA CAMPANIA
2VITE
Progetto recentissimo (prima annata prodotta la 2018) a firma Giancarlo Moschetti e Vincenzo Mercurio.
Un solo vino, 2000 bottiglie prodotte da Aglianico (di Taurasi) e Piedirosso (di Lettere).
Nessun intervento in vigna, nessun intervento in cantina se non quelli previsti dal loro personalissimo protocollo, fermentazioni spontanee, follature che sono un vero e proprio “battesimo” nei tini tronco-conici ed affinamento in tonneaux.
Il risultato è un vino di stirpe aristocratica con un animo infuso di sana pazzia napoletana, un vino che mi piacerebbe davvero ri-asaggiare con calma, chè in questa sessione di speed-date tasting m’è sembrato debba ancora trovare una quadra (che magari sarà nascosta anche solo nel semplicissimo vetro).
VINO ROSSO 2021: con il Piedirosso ridotto al solo 20% il naso racconta mirtilli in confettura, prugna, liquirizia, tabacco dolce e mallo di noce (peccato per lo sgarbo di una nota smaltata di cui è difficile fare la tara).
In bocca mostra un’acidità dirompente cui stentano a tener testa l’ampiezza e la fitta trama tannica.
Chiude lungo su ricordi di frutta spingendo il piede sull’acceleratore delle spezie.
VINO ROSSO 2020: 60 parti di Aglianico e 40 di Piedirosso per quella che si rivelerà essere, alla fine degli assaggi ed a mio modestissimo parere, la bottiglia più azzeccata.
Bella la ciliegia dell’aglianico a pareggiare il sottobosco erbaceo, le more e la prugna del piedirosso.
E poi quell’atmosfera balsamica di quasi incenso…
Sorso ampio eppure verticalissimo, succoso e ravvivato dai tannini ancora pistoleri e con un lungo finale elegantemente boisé.
VINO ROSSO 2019: il naso è centrato su rose, gerani e viole, ma sono le note balsamiche e le erbe aromatiche quelle che alzano la voce ed il loro coro copre un frutto lungi dall’essere maturo.
Il sorso è una lama a doppio filo, affilatissimo (troppo direi), segnato da un’acidità che zittisce trama tannica e ricordi fruttati lasciando spazio solo a tostature che ben riempiono il calice vuoto.
VINO ROSSO 2018: Aglianico batte Piedirosso 68 a 32.
Prima annata prodotta vuol dire vigne nuove, legni nuovi ed idee da schiarire.
Le ciliegie e le prugne segnano le morbidezze olfattive mentre la scorza d’arancia (ma pure il succo) spingono l’accelerazione delle freschezze.
Seguono amaritudini di salvia, timo e liquirizia, un quid pepato, sofficezze di cioccolato ed una nota balsamica ed appena canforata.
Il sorso massiccio ed avvolgente, governato con pugno di ferro dall’Aglianico ed appena ingentilito dal più morigerato Piedirosso sottolinea cioccolato e tostature e fa leva su frutta ed agrume per rendere la beva più easy.
Bevetene la verticale ascoltando “‘O BBUONO e ‘O MALAMENTE” degli ALMAMEGRETTA.
ED ORA?
Ora è intanto il momento dei ringraziamenti, a tutti i Produttori presenti ed ad un’organizzazione che m’ha aperto le porte anche “fuori orario”, e poi è il momento delle riflessioni su un mondo, quello dei “vini naturali”, ancora sconosciuto (in parte anche a chi li fa).
Di sicuro sono un tentativo di presentare il Terroir senza filtro alcuno ma, in diversi casi, rispecchiano “un’artigianalità” che non può essere giustificata.
Mi rendo conto di avere ancora molto da imparare sull’argomento (ed è per questo che metto da parte le perplessità e corro ad assaggiare appena possibile) e continuo a domandarmi se il vino “naturale” sia solo una moda o cosa.
Di certo una larga fetta di mercato non fa che parlare d’altro, ma quello del vino è un universo che non può e non deve essere esplorato con i paraocchi.
Chi ha orecchie per intendere, intenda.