IL COSA ED IL DOVE
Lo scorso 5 Giugno, l’elegante cornice di Palazzo Brancaccio ha ospitato la tappa romana del tour che GAMBERO ROSSO ed il Consorzio Tutela del Lambrusco stanno portando in giro per l’Italia con lo scopo di presentare un vino che davvero non ha bisogno di presentazioni.
Cominciamo dall’asetticità dei numeri:
2: le province (Modena e Reggio Emilia);
6: le Denominazioni presenti;
12: le varietà di vite;
16.000: gli ettari vitati (10.000 quelli a Lambrusco);
50000000: le bottiglie prodotte (quelle DOC).
E concentriamoci poi sulle cose serie…
Sulla storia di un vino frutto di tante varietà di vite, addomesticate in alcuni casi solo in parte, tutte appartenenti ad una grande famiglia (pur essendo a volte solo parenti alla lontana).
Sulla storia di un vino spumeggiante come la terra in cui è nato.
Frutto di nebbie ed opulenze felliniane, che l’avvento della bottiglia ha solo imprigionato in un vetro da cui non vede l’ora di uscire.
Quello di questa serata è una sorta di viaggio che coinvolge l’occhio, il naso, la bocca, l’anima…
14 vini tutti diversi eppure tutti concordi nel raccontare uomini, territori ed emozioni.
Schietto, gioioso, profumatissimo, di disarmante semplicità quel Salamino che accompagna le merende con gli amici a suon di pane e salame)…
Ed il Grasparossa, quello delle colline, forse poco in linea con i Lambrusco, con quel tannino che negli abbinamenti…
Oppure Il Sorbara, restio a dimenticare la selvaticità di un tempo, quasi aggressivo nel proporre la propria freschezza acida…
Ed in mezzo infinite varianti che mixano le caratteristiche del vitigno con tecniche di vinificazione che vanno dal Metodo Classico (in gran parte nel modenese) a quello ancestrale (affascinante nel Lambrusco) passando per Martinotti più o meno lunghi.
GLI ASSAGGI (LA MASTERCLASS)
Una grande sala ed un grande tavolo per un grande vino!
Condotta con buon piglio da Giuseppe Carrus del Gambero Rosso e da Fabio Ferrari (in rappresentanza del Consorzio), la Masterclass proponeva una impegnativa palette di 14 Lambrusco con la quale giocare a scoprire i tesori celati tra argini e colline di una Emilia che è scrigno di diversità, paesi, campanili, genti…
Qui di seguito troverete le mie personalissime note gustative ma…comprateVi ‘ste bottiglie e bevetevele tutte, sarà un piacere!
1 – VENTIVENTI
30 sono oggi gli ettari vitati di questa realtà familiare nata in quel di Modena nel 2016.
L’attenzione al Territorio ed ai vitigni li ha indirizzati verso il Metodo Classico ma, personalmente, serbo un bellissimo ricordo di un loro Metodo Ancestrale (con alle spalle anche un bel progetto di solidarietà).
LAMBRUSCO DI MODENA METODO CLASSICO BRUT ROSÉ “VENTIVENTI”: prima i piccoli frutti rossi (ma quelli della pasticceria) delicati come i fiori di campo, poi le erbe aromatiche ed i soffi orientali di incenso e sandalo, ed ancora la frutta secca (nocciole e mandorle), il burro, i lieviti…
Sorso cremoso, con un certo grip che supporta la verticale freschezza ed un lungo finale di piacevoli ritorni fruttati con le fragoline in evidenza e gli agrumi a dare una mano.
2 – CANTINA PALTRINIERI
Altra piccola realtà familiare (17ha) con un secolo di storia sulle spalle e numeri ben lontani da quelli che solitamente immaginiamo per il Lambrusco.
Appena convertiti in biologico interpretano il vitigno con rigore e personalità.
LAMBRUSCO DI SORBARA DOC “LECLISSE”: beh, di questo dovreste aver letto già parecchio (qui e qui), in ogni caso ogni sorso è diverso, per cui tra queste righe leggerete dei fiori, della rosa canina, delle violette e poi delle fragole (ma un po’ caramellose), della mela Fuji, di un quid erbaceo che sembra rughetta.
Sorso brioso e di dinamica freschezza, ritmato dall’intercalarsi di sensazioni vegetali e di agrume rosso, con un finale che rimanda alle dolcezze di frutta.
Si, me lo devono levare di sotto!
Da bere ascoltando “ASTRONOMY” dei METALLICA.
3 – CANTINE CAVICCHIOLI U. & FIGLI
Cent’anni per questo nome storico del Lambrusco che da sempre riesce a valorizzarelo mixando tradizione, attenzione al territorio e sguardo rivolto al futuro.
LAMBRUSCO DI SORBARA DOC “VIGNA DEL CRISTO”: intensissimo nel raccontare profumi che sono di petali di rosa e violette che aprono le danze mentre sul palcoscenico danzano fragoline e succose sensazioni di melagrana e scorza d’arancia in una atmosfera vagamente minerale.
Sorso fresco ma soprattutto sapido arricchito da una spuma soffice che veicola con coerenza i rimandi olfattivi e con un finale lungo ed agrumato.
Si becca il mio premio “DIOR”.
Da bere ascoltando “WOMAN’S PARFUME (REMASTERED 2022) DI ARMANDO TROVAJOLI.
4 – GIACOBAZZI
Dal paese dove c’è l’Osteria del mio cuore (Nonantola) e dove sono nati Enzo Ferrari e Luciano Pavarotti.
Una storia nata nel 1958 che lega il vino ai motori (ed allo sport in genere) in un crescendo planetario di successi.
LAMBRUSCO DI SORBARA DOC “BOLLINO ORO”: la loro più importante selezione si pone a metà strada tra i due vini precedenti per colore ed estrazione.
Cala un pochino l’intensità di quel frutto che è rappresentato da un sottobosco di fragoline, i fiori sono un pochino più sugli scudi ma è la mineralità a dettare legge.
In bocca la spuma sottile veicola con maggiore intensità le note fruttate e, in un bell’equilibrio tra dolcezze (anche se siamo a “zerozuccheri”) e sapidità, porta ad un finale di sabbiosa mineralità.
5 – CLETO CHIARLI TENUTE AGRICOLE
Una storia lunga quasi un secolo e mezzo costellata di successi (pure all’Esposizione Universale di Parigi del 1900).
7 le tenute di proprietà (unificate all’inizio del nuovo millennio) e quasi 100 gli ettari vitati.
LAMBRUSCO DI SORBARA DOC “DEL FONDATORE”: tra lamponi e fragoline sono le erbe aromatiche ad alzare la testa ed intorno è un prato fiorito.
Sorso suadente ed irresistibile tutto giocato sul frutto
Un rifermentato in bottiglia con la torbidezza del vino da damigiana, rustico quanto serve, elegante quanto deve.
Un vino impreciso, che fa del “difetto” la propria forza, dell’imprecisione il tecnigrafo gustativo.
Il vino più tattile della batteria.
Si becca il mio premio “ROSSY DE PALMA”.
Da bere ascoltando “CYRANO” di FRANCESCO GUCCINI.
6 – CANTINA DI CARPI E SORBARA
Cent’anni per la parte di Sorbara, venti di più per quella di Carpi fusesi tra loro una decina di anni fa..
Sono oggi 1200 i soci di questa realtà che, come si evince dalle etichette (oltre a quella dii cui leggerete nelle righe successive ce n’è anche una dedicata a quel Gino Friedmann che tanto si spese per l’agricoltura modenese), l’attaccamento al Territorio ed alle tradizioni è fortissimo.
LAMBRUSCO SALAMINO DI SANTA CROCE DOC “DEDICATO AD ALFREDO MOLINARI”: un omaggio al Fondatore della Cantina di Carpi.
Glicerico, segna il calice con densi archi viola, dolce al naso, propone uva rossa e piccoli frutti rossi (ma non quelli che crescono all’ombra) ed infine…un piccolo sgarbo brettato.
Sorso ciccione ma molto dinamico, segue preciso i descrittori olfattivi e chiude tra dolcezze e leggere note piccanti.
Molto emiliano.
7 – ALBINEA CANALI
Perla all’interno di un grande Gruppo (CIV), mantiene comunque il proprio marchio e, soprattutto, il proprio carattere.
Nata nel 1936 si dedica principalmente al Lambrusco ma non dimentica gli altri vitigni autoctoni di questa zona collinare dei dintorni di Reggio Emilia.
LAMBRUSCO REGGIANO DOC EXTRA BRUT “AC”: con queste 70 parti di Sorbara e 30 di Salamino arriviamo a Reggio Emilia.
Ribes, lamponi ed amarene sono accompagnati da lieviti pasticceri e raccontano di dolcezze che si danno di gomito con ebacee amaritudini.
Il perlage, al contempo fine e “strong”, regala al palato dolcezze di ciliegia ed un che di scorza d’agrume conducendo ad un finale in cui, di nuovo, è l’erbacea aromaticità a voler dire la sua.
8 – LOMBARDINI
Prossima festeggiare il secolo di storia ha sempre tenuto un piede ben piantato nella tradizione, proiettato lo sguardo al futuro e…portato sugli scudi il Lambrusco Salamino.
LAMBRUSCO REGGIANO DOC “IL SIGNOR CAMPANONE”: da un’Azienda che fa degli “assemblaggi” il proprio cavallo di battaglia un mix di Sorbara e Salamino in cui il primo ci mette il naso ed il secondo la bocca.
Al naso è una vera spremuta di mirtillo con una bella nota amaricante come di mallo di noce e, forse, una punta d’alcol.
Sorso ben più “ciccione” del previsto, con freschezza in evidenza e sapidità a pareggio, un bel ricordo amaricante ed un finale ben lungo.
Un bel Lambrusco ma con qualcosa di perfettibile.
9 – MEDICI ERMETE
Sin dalla nascita nel lontano 1890, l’Azienda ha saputo interpretare la tradizione in chiave moderna senza mai dimenticare l’attenzione all’etica ed all’Ambiente (ed il vino di cui leggerete nelle prossime righe ne è forse il simbolo).
Date un’occhiata alla campagna “GENERAZIONE 2031” e fatevene un’idea.
REGGIANO LAMBRUSCO DOC “CONCERTO”: da questo 100% Salamino m’aspettavo ribes e fragoline ed invece trovo un erbaceo d’edera e viticcio a dettare legge.
Poi arrivano l’arancia rossa e la ciliegia, ben più che un tocco di spezie orientali ed una spolverata d’erbe aromatiche.
Sorso di grande equilibrio fresco-sapido ravvivato ulteriormente dal leggero grip tannico, didascalico nel concedere alle vegetalità olfattive il centro della scena e con un finale dedicato invece alla frutta.
Si becca il mio premio “SURPRAIS”.
Da bere ascoltando “NOTTE DI CONCERTO” di FLAVIO GIURATO.
10 – VENTURINI BALDINI
Un’Azienda con una storia che affonda le radici in un lontano passato e con un oggi che mixa sapientemente il rispetto per l’Ambiente con le tradizioni di un Territorio, come quello dell’Appennino Reggiano, universalmente conosciuto come culla di eccellenze enogastronomiche, producendo vini davvero espressivi.
REGGIANO LAMBRUSCO DOP “RUBINO DEL CERRO”: Salamino, Montericco e Grasparossa.
Credo sia stata colpa della bottiglia ma questo aveva una sgarbata nota brettata che m’ha rovinato l’assaggio (per carità, il Lambrusco ci sta bene “con” i salumi, ma i salumi non stanno bene “nel” Lambrusco).
Purtuttavia i piccoli frutti di bosco avevano un bel timbro, le viole erano lì davanti, la cannella alzava la voce.
In bocca si riprende con un sorso morbido ed invogliante cui è difficile dire di no.
Vabbè, questo lo devo ri-assaggiare ma per ora gli ammollo il mio premio “PECCATO”.
Da bere ascoltando “AUTOGRILL” di FRANCESCO GUCCINI.
11 – CANTINA DI GUALTIERI
In undici lustri è passata dai 21 soci fondatori agli attuali 220 ed è oggi una realtà profondamente radicata nel tessuto sociale di un Territorio del quale non dimenticano neppure la parte artistica, dedicando alcune delle loro oltre 20 etichette al grande artista Antonio Ligabue.
REGGIANO LAMBRUSCO DOP “IL LIGABUE”: quasi tutto Salamino ed un pochino di Maestri.
Il naso è una tavolozza che dipinge didascalicamente i casali emiliani, le brume autunnali, i camini accesi…
Improntato sulle note fumè, non riesce comunque a nascondere i piccoli frutti di bosco e la leggera scia mentolata.
Sorso succoso e fresco che, se perde il grip del precedente, guadagna interesse per quella nota affumicata che da sola impronta olfattiva diventa qui materica, tattile.
Si becca il mio premio “UAU”.
Da bersi guardando il quadro “LA TIGRE REALE” (o magari ascoltando “SANDOKAN” degli OLIVER ONIONS).
Inaspettato”
12 – PEZZUOLI
Nata nel 1932 a Carpi, s’è poi trasferita là dove si costruisce la “rossa” più famosa del mondo.
Pur non dimenticandosi degli altri membri della famiglia dei Lambruschi (basti leggere del vino di cui si parla nelle prossime righe), hanno un legame particolare con il Salamino di Santa Croce di cui posseggono il primo vitigno iscritto all’Albo della DOC.
LAMBRUSCO GRASPAROSSA DI CASTELVETRO DOC “SUDIGIRI”: da quel di Maranello un’etichetta con un nome che è tutto un programma e, tanto per rimanere in tema di motori, disegnata dal figlio del team manager della Ducati.
Dalla spuma emergono in primis dolcezze di more e ciliegie e poi fresche brezze mentolate.
Sorso avvolgente in cui l’apprezzabile trama tannica duetta simpaticamente con gli zuccheri per un ensemble di grande piacevolezza.
Questo lo vedrei bene con un piatto speziato.
13 – CANTINA SOCIALE SETTECANI
Circa 200 i soci di questa realtà cooperativa che prende il nome da una frazione di Castelvetro.
Un bello spaccato della tradizione vinicola emiliana che spinge sulla Qualità investendo sulla formazione dei propri conferitori.
LAMBRUSCO GRASPAROSSA DI CASTELVETRO DOP “VINI DEL RE”: tutto Grasparossa per quest’etichetta di una delle piccole cantine cooperative.
Questo era un pochino troppo freddo ma dalla spuma “tensioattiva” spunta comunque un palcoscenico vinoso sul quale gli spot si accendono per fragola e ciliegia.
Sorso forse serioso ma reso poi divertente da un’effervescenza che solletica il palato, ben rispondente all’olfatto e ravvivato dal sottile grip tannico e da una piccante sapidità.
14 – FATTORIA MORETTO
Piccola realtà (10ha) sulle colline di Castelvetro che da sempre interpreta al meglio la Denominazione.
Gestione familiare e biologica dei vigneti per una produzione di grande personalità.
LAMBRUSCO GRASPAROSSA DI CASTELVETRO DOC “SEMPREBON”: da ultimo un “amabile” in cui lo zucchero banalizza affatto il Lambrusco.
Naso sottile giocato tutto tra fiori, sciroppi di frutta e succo d’uva.
Sorso teso e saporito, gustosissimo con un residuo zuccherino che…ci sarà pure ma quello che sorprende è quel tannino che non t’aspettavi.