I Vignaioli Artigiani Naturali sono tornati a Roma lo scorso 6 Novembre nella ormai consueta location della Città dell’Altra Economia all’interno dell’EX MATTATOIO di Testaccio.
Una quarantina i Produttori presenti ed abbastanza numeroso il pubblico di appassionati ed addetti del settore intervenuto.
C’ero anch’io, come sempre “intruso” in un mondo di “vini naturali” che sapete non appartenermi ma che frequento con una certa costanza nel tentativo di capirci qualcosa in più e di meravigliarmi di fronte a produzioni inaspettate.
Diverse Aziende le conoscevo da tempo ed alcune le ho saltate cercando, a lume di naso o rubando qua e là qualche dritta, qualcosa che potesse emozionarmi.
E qualcosa ho trovato!
Ma ho anche trovato qualche brutta sorpresa: su alcune ho chiuso volentieri un occhio per l’onestà dimostrata dal Produttore, ma ad altri (in buona parte neppure citati nelle righe seguenti) non ce l’ho proprio fatta a perdonare errori che si continuano a commettere nella convinzione che un difetto possa essere un valore aggiunto ad un prodotto che, ahimè da molti, ho visto acquistare con questa convinzione o, peggio ancora, per moda.
Non è mia intenzione aprire qui ed ora un dibattito su questa categoria di vini, ma certo, il fatto che la Qualità sia randomica al suo interno, dovrebbe far riflettere: i Produttori in primis, gli “addetti ai lavori” in seconda battuta e, da ultimi, i Consumatori.
Comunque date un’occhiata a quanto da me assaggiato, mettendo da parte le chiacchiere ma tenendone comunque conto per fare una eventuale “tara” sulle mie poche parole.
GLI ASSAGGI
IL PIEMONTE
PODERI CELLARIO
16ha dei primi filari che si incontrano scendendo dalle Alpi, in Alta Langa.
Una “scommessa” fatta vent’anni fa da Fausto per “far bere” una moglie (Cinzia) allergica ai solfiti.
In gran parte Dolcetto ma senza dimenticarsi di Nebbiolo, Barbera, Nascetta…
ALTA LANGA DOCG METODO CLASSICO ROSATO “LA GROTTA DI REINER”: un Pinot Nero vinificato rosé.
Un lungo riposo di 36 mesi sui lieviti prima di un anno di cantina ed un’altro di grotta (quella di Reiner).
Le canoniche fragoline di bosco, il melograno, ribes, geranio ed un tocco di cassis.
Sorso verticale e di sapidità minerale e decisa, ampliato dalla bolla cremosa che chiama a rapporto quanto percepito al naso.
VINO BIANCO “È ORANGE”: 90% Nascetta ed il saldo di Moscato.
Da una settimanella sulle bucce nasce un “Orange” per chi vuole avvicinarsi alla categoria, ruffiano nel suo presentarsi con le avanguardie del Moscato a precedere truppe di fiori gialli, mele mature, agrumi canditi e tè.
L’assaggio diverte con l’astringenza di un tannino affatto nascosto e di un agrume che fa a sportellate con una retroguardia, affidata nuovamente al Moscato, che rimanda a dolcezze candite.
DOGLIANI DOCG “SAN LUIGI”: “IL” Dolcetto, quello con il suo bel frutto grasso (mora in primis), ma anche con tanta vegetalità boschiva da comunicare: muschio, humus, corteccia.
Sorso fresco come la brezza del Tanaro, coi tannini vispi ma educati, ferroso, amaricante, di cementizie piccantezze.
Il vino del cuore, quello che si merita il mio premio “COUP DE COEUR”
LANGHE DOC NEBBIOLO “GALLI”: un Nebbiolo “old style” a partire dalla irrinunciabile botte grande da 25hl.
Un naso scuro come il bosco, le sue bacche ed una manciata di humus ma con luminosi spot su rose e viole.
Finisce su alpine balsamicità introducendo un sorso agile e beverino reso ancor più dinamico dai tannini delicati e da dolci piccantezze.
VINO ROSSO “IL VINO CHE NON C’È”: 13 filari di Dolcetto e 7 di un vitigno ripescato nel pinerolese di cui “NON” si potrebbe dire ma che, Ve lo dico in un orecchio, è Doux d’Henry.
Dopo un anno di anfora ci regala un naso ciccione di ciliegia, mirtillo, mora, qualche violetta ed un bell’affondo ferroso.
Tagliente, affilato, sapidissimo, scorrevolissimo.
Pistolero e brigante.
LA TOSCANA
AZIENDA AGRICOLA “CASALE” (GIGLIOLI RINALDI)
Qui, a Certaldo (FI), si fa vino sin dal 1770 e, duecentonove anni dopo è iniziata la storia dell’Azienda biodinamica più vecchia d’Italia (forse).
Oggi c’è Antonio alla guida e, sorvolando sulle mie personali considerazioni riguardo i vari “preparati” 500 e/o 501, produce vini rustici, poco formali, quotidiani.
Cose non da poco in un oggi “dominato” da wine-influencers et similia.
Oddio, a mio modestissimo parere, bisogna, qua e là, chiudere un occhio su prodotti che troppo spesso si muovono pericolosamente sul filo del difetto (ed a volte finiscono nel precipizio) ma alcuni sono DAVVERO da non perdere!
Inizio (quasi) ovviamente dai bianchi e, tenuto conto della quantità di annate in assaggio e nell’indecisione del partire da un prima o da un dopo, affido il mio spirito nelle mani di Antonio lasciandomi condurre in una degustazione “trasversale” assolutamente fuori dagli schemi ma cucita sartorialmente sul personaggio.
COLLI DELLA TOSCANA CENTRALE IGT TREBBIANO 2021: 15gg di macerazione sulle bucce per il primo della serie.
Al naso è vero succo di pera ma niente…l’atmosfera che si respira, asfittica e ridotta, non sembra migliorare nonostante rotazioni del calice da tunnel carpale.
Questo NO!
COLLI DELLA TOSCANA CENTRALE IGT TREBBIANO 2011: “surpraisnamberuan”!
Fatto un salto spazio-temporale di 10 anni lo vediamo assumere complessità di frutta secca, albicocca e pesca disidratate, tostature di legni pregiati, cera d’api ed amaritudini di campo.
Sorso brillante che evidenzia larghe spalle fresco-sapide, ben sostenuto da una intrigante trina di tannini.
Figo ‘sto “ragazzino”!
COLLI DELLA TOSCANA CENTRALE IGT TREBBIANO 2016: un salto in avanti (o indietro?) di 5 anni, giorni di macerazione raddoppiano (30) ed un incipit timido e scontroso.
Va coccolato un po’ per far sfumare una nota laccata un pochino sgarbata ma poi sciorina un’orchestra di frutta matura e secca, dolcezze di acacia e caramello ed un quid di amaritudini di erbe aromatiche a contrasto.
Sorso fresco ben sostenuto dai sottili tannini e ravvivato dalle sportellate tra la parte amaricante e quella delle dolcezze candite fino ad un allungo di importante sapidità.
COLLI DELLA TOSCANA CENTRALE IGT TREBBIANO 2012: con gli stessi 30gg sulle bucce, c’ha un naso di tiglio, miele, erbe e fiori di campo.
La frutta candita e le spezie dolci sono quelle del panforte
L’assaggio è verticale, una lunga lama a fresco-sapida a doppio filo.
Troppo complesso per un vino che, nella breve intro ho definito “quotidiano”!
TOPPP!
COLLI DELLA TOSCANA CENTRALE IGT TREBBIANO 2004: ancora 30gg di segregazione sulle bucce per questo vino arrivato alla “maggiore età”.
Quasi completamente celata da un caramello un pochino bruciacchiato e dalla frutta secca tostata, la parte fruttata (candita) rialza la testa in un rush finale di buccia d’arancio sulla piastra della stufa.
L’assaggio è, ahimè, un pochino stanco, poco energico, tenuto appena in piedi dagli ultimi sprazzi di freschezza e da una sapidità ancora presente all’orizzonte.
COLLI DELLA TOSCANA CENTRALE IGT TREBBIANO 1997: qui si vota per il Senato (“votava” viste le novità).
Solo un goccio, col “cantuccio” (che fa pure rima).
Fatta la tara su un minimo di volatile, Vi acchiappa con acidità ancora stellari ed un inestricabile bouquet di frutta disidratata che accompagna una neanche troppo nascosta nota di cioccolato al latte.
Affatto un esperimento (vista la sicurezza dimostrata nel proporre l’abbinamento) ed assolutamente riuscito: meglio del Vin Santo!
COLLI DELLA TOSCANA CENTRALE IGT SANGIOVESE 2021: il naso vi trasporta in soffitta, tra polvere di ricordi sollevata da finestre appena spalancate.
Qui, fatta la tara sulla eccessiva riduzione, si presentano frutta, spezie (chiodi di garofano) ed una lontana idea di oliva.
Assaggio succoso, tannini vispi, sapidità esuberante e lontane dolcezze speziate.
COLLI DELLA TOSCANA CENTRALE IGT SANGIOVESE 2015: peccato che qui la volatile sia partita per la tangente!
Perchè sottosotto c’è quella giovanile esuberanza di frutto e vegetalità che ben conoscono gli amanti del Sangiovese.
Interessante l’acuto di oliva regalato dal calice vuoto dopo aver terminato un assaggio comunque succoso e vitale.
CHIANTI DOCG 2011: qui c’è un 3% di Colorino che ho imparato a conoscere anche quando cerca di camminare con passo felpato.
Decisamente più educata in questo caso, la volatile, pur silenziosamente presente, lascia apprezzare un bouquet ricco di frutta e spezie (anche dolci) e qualche graffio vegetale.
Assaggio brillante che, nonostante gli anni di affinamento, mi sento di definire “quotidiano”.
TOSCANA IGT ROSSO “AMOR DI VINO” 2016: il naso ha un incipit singolare: umido di bosco, quasi fungino.
Poi l’intenso della ciliegia nera matura si prende il suo spazio ma non riesce a nascondere l’impronta ferrosa ed una riduzione in precario equilibrio.
Assaggio rotondo, con tannini ben disposti a tener vivi i richiami di frutta rossa accompagnando il sorso verso un finale di leggera speziatura.
“LIBARE” 2019: esce dalla vecchia botte di rovere e propone tanta frutta croccante, tostature eleganti, zucchero di canna, chiodi di garofano.
Assaggio fresco e giustamente sapido, reso più interessante dai tannini integrati e spiritosi.
Quotidianamente vino!
CHIANTI DOCG 2006 RISERVA: 10 anni botte di castagno e 5 di bottiglia per una complessità che meriterebbe altre location!
Uno spettro olfattivo che sciorina tutta la frutta del mondo, quella matura e quella secca, secchi anche i fiori (ma in una elegante composizione).
Poi tostature di caffè, il cioccolato e la balsamicità che si fondono in un netto after-eight, boero, incenso…
Più luminoso l’assaggio, freschissimo, succoso di arancia rossa ed amaricante della sua scorza.
ASSOLUTAMENTE TOPPP!!!
L’EVO: classico blend toscano di Frantoio, Moraiolo, Leccino e Pendolino, sciorina al naso un fruttato maturo di mela che evolve nel breve presentando toni di frutta secca e cicoria in padella (aglio compreso).
Assaggio dai composti toni amaro-piccanti, di buona rispondenza e con un finale dedicato alla mandorla.
Una nota anche per quell’ASPRETTO (da uve Sangiovese ed acetificazione “al truciolo”) che fa il verso all’Aceto Balsamico Tradizionale presentando un concentrato di sensazioni gusto-olfattive ed una qualità no compromise e per un LIMONCELLO che si presenta con la vegetalità della foglia ma è prodotto unicamente con la buccia del frutto.
IL LAZIO
D.S. BIO
Giovane realtà (nell’anagrafica aziendale ed in quella del proprietario) che racconta di recupero e valorizzazione in quel di Pescosolido.
Dueettariemezzo dedicati a vitigni come Maturano, Lecinaro, Uva Giulia e “governati” dalla Luna.
MATURANO DEL FRUSINATE IGT “ARCARO” 2020: naso “ni”, giocato tra soffitte polverose e dolcezze di spezie ed agrumi.
Dell’assaggio colpisce il contrasto tra la discreta freschezza ed un residuo zuccherino che mi sembra c’entri poco se non con i richiami fruttati di un finale che dimentica pure le spezie del naso.
“INDOMATO” ORANGE 2021: dallo stesso vigneto del precedente, 20 giorni di macerazione regalano un naso marcatamente minerale ed aromatico.
Assaggio interessante, sapido e ben più che moderatamente tannico, lascia comunque perplessi il contrasto, forse eccessivo, tra le componenti dure ed un residuo zuccherino che non abbandona neppure il finale.
BIANCO DEL FRUSINATE IGT “MATRE” 2019: MATurano e TREbbiano in un acronimo fuso sulla “T” ma, in realtà, molto di più.
Perchè io lo immagino come dedicato alle “madri viti”, ultracentenarie ed ancora a piede franco.
Al naso si presenta con più equilibrio, giocando sui toni gialli di ginestra e camomilla ed accostando alle dolcezze di quest’ultima, quelle di mela matura e farinosa.
Il sorso racconta freschezza e sapidità che contribuiscono ciascuna per la propria parte e s’allunga (senza esagerare) in un finale di interessanti amaritudini.
VINO ROSATO “INDOMATO”: l’Uva Giulia è entrata nel Registro Nazionale delle Varietà della Vite solo da un paio di anni e a DS BIO va il merito di contribuire a mantenerne vivo il patrimonio genetico.
Peccato per lo schiaffo che la volatile dà al naso, perchè i sentori di piccoli frutti rossi e succosi, le asprezze della melagrana e la sottile speziatura inquadrano un bouquet olfattivo interessante.
Tutt’altro che “solo” beverino, propone un assaggio schietto, fresco, sapido, che ben scandisce quanto apprezzato dall’olfatto.
Peccato davvero per naso…
ROSSO DEL FRUSINATE IGT “VOLUMNIA” 2020: singolare blend di 60 parti di Sangiovese, 20 di Lecinaro, e 20 di Uva Giulia.
La frutta rossa spinge sull’acceleratore staccando quella nera di qualche lunghezza e coprendo in parte un soffio laccato.
Guadagna qualche punto con un assaggio morbido, di buona freschezza e discretamente sapido che non nasconde, per fortuna, qualche spigoletto vegetale.
LECINARO DEL FRUSINATE IGT “PALMIERI” 2020: questo è tutto Lecinaro ed all’olfatto rivela mazzi di viole, marasche, terra umida, un quid di spezie ed l’affondo di una lama di ferro.
Assaggio fresco e di buona coerenza reso più dinamico da tannini ancora un pochino ispidi che accompagnano amaritudini di mallo di noce fino al finale lungo e di buona sapidità.
Questa si: bella prova.
IL VECCHIO POGGIO
Isola Liri non è la Val Comino, qui la Storia parla di carta, di acqua, ma non di Vino!
Ci vuole dunque un bel po’ di coraggio (o forse tanta passione) per inventarsi qui un’Azienda vitivinicola
1ha di vigna e cinquemila bottiglie, questi sono i numeri, oggi, di unAzienda nata solo 4 anni fa.
LAZIO BIANCO IGP “GRAMÈ” 2020: GRAziella ed AmEdeo, 80 parti di Malvasia e 20 di Riesling.
Il naso racconta molto del secondo e di una riduzione un pochino troppo spinta ma che il calice addomestica nel breve.
Dolcezze di frutta a polpa gialla, albicocca disidratata e graffi agrumati sono picchi che si alternano e che ben si accordano alla vitalità di un vitigno come il Riesling e che si accompagnano a note di frutta secca.
Sorso fresco e vitale, con rimandi alla frutta resi più dinamici dalla importante sapidità che chiude mediamente lungo sulle note della Malvasia.
LAZIO IGP SYRAH “ENCLAVIO” 2018: una dedica a quell’enclave che è Isola Liri dal punto di vista geografico ed enologico.
Frutta e… frutta!
Ribes, more, visciole, mirtilli, appena un soffio di spezia…solo un soffio.
Fresco e parimenti sapido il sorso, delicati i tannini.
Semplice ed immediato, mancano solo gli amici e due fette di salame.
LAZIO IGP CABERNET SAUVIGNON “PUDDINGA” 2019: 2 anni di anfora per questo Cabernet dal naso non immediato ma, forse proprio per questo, interessante da sfogliare.
I piccoli frutti rossi maturi, una macinata di spezie, aromaticità tabaccose e quel vegetale che non può mancare.
Assaggio coerente nel seguire il percorso olfattivo, accompagnato per mano da tannini ancora vispi ma educati fino al finale dedicato ancora al tabacco.
L’ABRUZZO
MORMAJ (TOCCO D’ITALY)
Dal punto focale dove convergono le ombre del Monte Morrone e della Majella, questa vecchia conoscenza si presenta con una produzione totalmente rinnovata nella livrea e nei contenuti.
Due le linee, acciaio ed anfora, due binari paralleli che, all’infinito, si incontrano.
COLLINE PESCARESI TREBBIANO IGT 2021: un pochino fuori sincrono il naso proposto da questo Trebbiano che racconta di erba brillante e prati fioriti e s’addolcisce poi, un pochino, sui toni della mela.
Sorso brillante e succoso che cala presto l’asso di una sapidità coinvolgente per vincere facile la partita della piacevolezza di beva.
COLLINE PESCARESI IGT TREBBIANO “ANFORA” 2021: questa versione “anfora” si propone con un naso che, dalla pesca gialla, sterza verso scorza d’agrume e dolcezze di camomilla prima di imboccare un rettilineo di erbe aromatiche ed alloro.
L’assaggio vive su una affilata lama fresco-sapida richiamando al palato sensazioni di agrume e lasciandoci infine con una buona persistenza aromatica verde.
CERASUOLO D’ABRUZZO DOC 2021: spiace dirlo ma l’olfatto dice “NO”, e pure ad alta voce.
Davvero troppo marcata quella riduzione che, ahimè, Vi catapulta a Bagni di Tivoli coprendo quasi del tutto ribes, lamponi e scampoli di violetta.
L’assaggio gli fa recuperare qualche punto presentandoci un sorso deciso, fresco e sapido che espone brillantezze di melagrana e le vegetalità tipiche del vitigno.
No, qui non ci siamo…
CERASUOLO D’ABRUZZO DOC “ANFORA” 2021: l’olfatto guadagna diversi punti proponendoci il compito di districare dal bouquet fragoline di bosco, lamponi, ciliegie, speziature dolcemente piccanti di curry ed un quid di anice.
Marcatamente fresco e sapido l’assaggio che, seppure un po’ corto, risulta essere abbastanza coerente e ravvivato da sottili tannini e fresche vegetalità.
MONTEPULCIANO D’ABRUZZO DOC “ANFORA” 2021: frutti di bosco, ciliegia, vegetalità di macchia mediterranea, piccantezze aromatiche di chiodi di garofano ed una lontana brezza mentolata descrivono il bouquet un pochino scontroso di questo Montepulciano che, come confermerà l’assaggio, si presenta come un puledro che ha bisogno di tempo per essere addomesticato.
Sorso succoso con freschezza e sapidità a sorreggere il frutto aiutati dalla stampella dei tannini ancora scalpitanti.
Forse non diventerà Ribot, ma sarà comunque un bel destriero.
In chiusura, gli voglio assegnare il mio personalissimo premio “GREEN GOLD” per aver portato in assaggio, in una manifestazione dedicata al vino, un EVO monocultivar di Toccolana (alias Pollice) assolutamente BUUUMMMMM!
Un’olfatto esplosivo e vegetale di cardo, frutta secca e foglia di pomodoro, ma pure carciofo ed uno sprint agrumato.
L’assaggio?
Speculare e detonante, con una crescita gustativa logaritmica dei descrittori olfattivi ed un finale che intender non lo può chi non lo “strippa”.
MCCALIN
Colgo volentieri l’occasione per incontrare di nuovo Federico facendo finta di non conoscere una produzione davvero degna di attenzione sotto tutti gli aspetti a partire, cosa non da poco, dall’UOMO, passando per le sue capacità artistiche e finendo, perchè no, sul suo modo di interpretare Territorio e Vitigni.
VINO ROSSO “ALKEMIKO”: in questo Montepulciano l’evidente amarena introduce il “vedo non vedo” del bosco, con i suoi piccoli frutti, la terra umida, le cortecce, le radici.
Assaggio coinvolgente e affatto misterioso come poteva far sembrare il naso.
Fresco, sapido, beverino.
So che definirlo “quotidiano” può sembrare riduttivo ma trovateli Voi, oggi, dei vini così “scarnificati”!
VINO BIANCO “BIANCO BOP” 2021: Trebbiano, Passerina e Malvasia: basso, tromba e batteria.
Quando qualche vorticoso roteare del calice sistema un incipit un pochino troppo ridotto per i miei standard, inizia l’incedere di squillanti freschezze, ritmato dalle rotazioni di spazzola della camomilla sul rullante ed accompagnato dalle linee della mandorla acerba.
Valgono, “in bianco” le considerazioni fatte in coda ad “ALKEMIKO”.
“ORANGE BOP”: una Malvasia lasciata stare 6 mesi sulle bucce che regala al naso un cestino colmo di frutta secca dal quale alza la testa l’arachide.
Poi è la volta degli agrumi canditi e delle dolcezze di miele.
Bocca coerente e di impatto che, seguendo l’affilata lama fresco-sapida, sciorina, dribblando tannini sottili, richiami olfattivi cui aggiunge soffi di vegetalità.
Datemi retta, fategli visita in quel di Martinsicuro.
LA PUGLIA
AGRICOLA PAGLIONE
A Lucera, in mezzo alla seconda pianura più grande d’Italia, c’è questa realtà che da generazioni si dedica all’agricoltura e che, da una ventina d’anni, ha imboccato anche la strada del Vino.
DAUNIA BIANCO IGT “DILUCERE” 2021: 50 Bombino Bianco, 50 Malvasia Bianca ed un nome già di per sè luminoso senza scomodare la geografia.
Netto e dettagliato il naso, nei suoi richiami di pesca noce ed agrumi.
Stona appena su un ananas poco territoriale ma si riprende subito con mineralità e dolcezze di miele a contrasto.
Sorso fresco e davvero dinamico, reso più vibrante da tannini simpatici che introducono un finale di agrumi pasticceri.
VINO DA TAVOLA BIANCO “L’ECLETTICO“: Bombino Bianco e Malvasia in parti uguali, acciaio e 15gg di macerazione sulle bucce.
Frutta bianca ed acacia precedono piccantezze speziate, vegetalità di erbe amare e soffi balsamici ma non riescono a pareggiare una sapidità marina (quasi d’acciuga) davvero singolare per un vino che viene dalla seconda pianura d’Italia.
Assaggio fresco, coinvolgente, di buona rispondenza, graffiante sapidità ed allungo dai fruttati rimandi.
VINO ROSATO “MANIA” 2020: più della metà è Nero di Troia, il resto Montepulciano e Bombino Bianco.
Un rosato che celebra il Cacc’ e Mmitte di una volta con ricordi di frutti rossi, nere peposità, balsamicità di alloro e liquirizia ed una idea lontanamente tostata, come di cappuccino.
Assaggio coerente, verticalmente fresco-sapido e dai tannini ben impostati, grasso, gastronomico.
Davvero una bella sorpresa!
CACC’ e MMITTE DI LUCERA DOP “CAPORALE” 2017: da un’annata difficile un naso complicato.
Vegetalità di bacche e radici, pepe macinato in rappresentanza delle spezie, ed un quid come di aglio.
Il sorso ha invece quella semplicità che, del vino, spesso dimentichiamo: balsamico e speziato, tannico quanto deve, di verticale freschezza ed ampiezza da tavoliere.
Lo riassaggerei davvero volentieri.
PUGLIA IGT ROSSO “SANTAJUSTA” 2017: Nero di Troia e botte di 2° e 3° passaggio per un naso che è scuro di rabarbaro e liquirizia, verde di corteccia, scura e matura pure la frutta (prugna ed amarena).
Poi arriva il turno del cioccolato (anche mentolato after-eight style) e del caffè.
Corpo muscoloso di morbida coerenza che rimanda quasi ad un Sagrantino “old style” per i rimandi di dolcezza.
ED ORA?
Ora è il momento dei ringraziamenti: agli Organizzatori per il lavoro svolto, ai Produttori per il loro impegno ed a Voi per aver letto (spero) le mie sciocchezze.
Ma è anche il momento, per me, di meditare su quanto, di quello che ho assaggiato, vorrei ri-assaggiare per capirci qualcosa di più.
Ma anche su quanto ho assaggiato e di cui non ho scritto per una sorta di “pudore”, nell’attesa di capire per quale motivo, almeno nel corso di questi Eventi, certi Produttori non assaggino dai colleghi per fare quel salto che li possa condurre nel mondo della Qualità.
Mo però basta, che c’ho da scrivere di un sacco di altri Eventi ed io sono davvero lento nell’addomesticare quelle parole che vorrei riuscire a mettere nero su bianco con più facilità.
Alla prossima.