
IL COSA ED IL DOVE
CITTÀ DELL’ALTRA ECONOMIA è per me che sono “anziano”, EX MATTATOIO TESTACCIO.
LA PECORA NERA EDITORE ha scelto questa location per mettere in scena un Evento come “UVA FIERA 2022“, una manifestazione dedicata ai vitigni vinificati in purezza.
Ampia e variegata la proposta, tanti Produttori (fortunatamente presenti di persona) in rappresentanza di tutto lo stivale italico e decisamente alto il livello di quanto in assaggio.
Tante novità e qualche vecchia conoscenza mi hanno consentito di conoscere nuovi Territori (e soprattutto belle Persone) e/o di confrontare produzioni note a distanza di anni.
Bella la formula e notevole il successo di pubblico: non resta che aspettare la prossima edizione.

GLI ASSAGGI
IL FRIULI VENEZIA GIULIA
SOSOL
Oslavia vuol dire Ribolla ma, come dimostra Ivan (qui rappresentato dal padre Mariano), anche altro.
Con l’entusiasmo dei vent’anni gestisce un collage di appezzamenti di proprietà e qualcosa in affitto dimostrando capacità ben più alte di quello che ci si potrebbe aspettare dalla sua giovane età.
Sorsi di Territorio senza inutili giri di parole.
Me lo sono segnato: appena tornerò in Friuli andrò a rompergli le scatole!
COLLIO DOC “RIBOLLA GIALLA”: qui si respira la collina e si ansima correndovi su e giù!
Fresco di collina ma sapido del mare sepolto.
ISONZO DOC “FRIULANO”: fresco e sapido, sa di briscola al tavolo e bestemmia al bancone dell’osteria.
Una trama tutta da sfogliare ed un finale in cui la nocciola parla ad alta voce.
Da vigne di quasi 10 lustri, un vino moderno con un piede nella tradizione.
BIANCO “BORJAČ” 2019: Friulano, Chardonnay, Malvasia e Ribolla se ne stanno ciascuno per conto proprio come quattro caballeros un po’ scontrosi.
Francamente, il primo me lo sono perso ma, il secondo marca il territorio, il terzo allunga il finale e l’ultimo regala freschezze.
Uno spettro aromatico che spazia dal fieno alla macchia mediterranea in un’atmosfera sapida che sa di mare antico.
PINOT GRIGIO “BAKREN” 2019 e 2020: di sloveno conosco poche parole, molte delle quali, guarda caso, si riferiscono alla montagna o al vino.
E “bakren” vuol dire “macerato” (così come “borjač” dovrebbe avere qualcosa a che fare con i combattimenti, ma non fidateVi troppo), quindi…
Comunque, tre giorni di riposo sulle bucce estraggono colore e non solo.
Se la 2020 (appena finita in bottiglia) è femminile, floreale ed immediata, la 2019 è tutta da sfogliare.
E poi quei tannini così dispettosi che fanno capolino…
“Quattordicigradiemezzo” di sostanza e calore.
Un vino totale.

LA TOSCANA
LA QUERCE
42ha a Impruneta.
La grande quercia da cui prende nome l’Azienda se la portò via la guerra.
È rimasta invece la villa del Quattrocento, nel cuore dei Colli Fiorentini.
25000 bottiglie e certificazione BIO dal 2019.
TOSCANA IGT “BELROSSO” 2020: in una annata calda, la vendemmia anticipata è servita per non renderlo troppo impegnativo.
Spigoloso e sbarazzino, un vino “pane e salame” (cosa chiedere in più ad un bicchiere di vino?) che, fresco, strizza l’occhio al pesce.
CHIANTI COLLI FIORENTINI DOCG “SORRETTOLE” 2019: solo acciaio per un vino in cui il Merlot serve per domare il Sangiovese.
Fresco e sapido per un sorso a tutto pasto.
CHIANTI COLLI FIORENTINI DOCG RISERVA “LA TORRETTA” 2019: legno grande, in giusto di Canaiolo ed un’idea di Merlot per rendere più aggraziato il Sangiovese aggiungendogli frutto e rotondità senza snaturarlo.
Spezie e cuoio ne aumentano la complessità ma il sorso risulta sempre estremamente dinamico.
TOSCANA ROSSO IGT “TERRA DI VINO” 2018: dalla parte argillosa del vigneto e dall’argilla degli orci, esce un vino cromaticamente scarico (tanto da dovergli aggiungere delle bucce dopo la fermentazione).
Un Sangiovese vecchio stile, aiutato dalla bottiglia che sa di tabacco e di mare.
AndateVi a leggere qui qualcosa in più.
TOSCANA IGT “LA QUERCE” 2016: forse il “biglietto da visita dell’Azienda.
Sangiovese e Colorino in botte da 10hl regalano un frutto amplificato a valvole, le complessità di spezie e cioccolato e tutta la freschezza dei Colli Forentini.
TOSCANA IGT MERLOT “M” 2013: un Merlot “NON” Merlot dedicato ai settant’anni di Massimo Marchi
Tagliente e “toscanaccio”.
“Duro” di sigaro e caffè, succoso di liquirizia ma oltremodo elegante.
Toppp.
TOSCANA IGT PASSITO “DAMA ROSA” 2016: dalla stessa massa del Canaiolo, dopo tre mesi di tettoia, un sorso incredibile che, un noto cioccolatiere fiorentino, ha voluto nobilitare dedicandogli una declinazione dei suoi tartufi.
A proposito: a condurre gli assaggi c’è l’inossidabile Marco Ferretti (che, guarda caso, comincia con la M pure lui).

LE MARCHE
GAGLIARDI
È ormai una certezza (oltre che una vecchia conoscenza) ma senza i Verdicchi interpretati magistralmente dal “factotum” Umberto (Gagliardi) non posso stare.
“VERDICCHIO DI MATELICA” DOC 2020: da una attenta selezione, questo concentrato di verticali freschezze e sapidità cui il cemento aggiunge, qualora servisse, ulteriore sprint.
Nocciole ed erbe officinali a profusione ed una cremosità inaspettata.
VERDICCHIO DI MATELICA DOCG “MACCAGNANO” 2019: ci vogliono 3.5ha di vigneto cinquantenne (circondato come un clos da massi di arenaria), tanta sapienza e certezze sulle capacità a lunga scadenza del vino per produrre gioielli come questo!
Un vino che riempie con un estratto di materiale etereità ed una sapidità fuori scala.
Vince il mio premio “REPETITA” se non altro perchè RIassaggiarlo non fa mai male (ne potete leggere qui).
“Residuo zero” è solo un plus, come lo sono il “basso impatto” ambientale ed un “biologico” per rispetto alla natura ed all’uomo.
E comunque, andateVi a leggere l’articolo in merito: lo trovate qui.
MARCHE ROSSO IGT CILIEGIOLO “CERESI” 2020: fa tutto in cemento dalla fermentazione in poi.
Una lunga sosta sulle bucce per estrarre il più possibile da un vitigno che altrimenti poco potrebbe.
Frutta rossa matura ed intarsi minerali per un risultato di sicuro successo non fosse altro che per la grande beva.

IL LAZIO
PIANCARDO
Se è vero che “nella botte piccola c’è il vino buono”, Lino (Catalano) c’ha solo caratelli!
1ha di vigna, 1000 bottiglie e sei etichette: praticamente il vino per casa.
Siamo a Marta, sul quel Lago di Bolsena che è come una enclave di mare tra Lazio e Toscana
“TRAPONZO” 2019: fa fifty/fifty tra Trebbiano Toscano e Roscetto e c’ha tutto un vulcano dentro!
Sapido di piroclastiti, fresco come le brezze del lago ed i boschi sulle pendici della caldera (ma forse è una depressione vulcano-tettonica).
Un pout pourry di erbe aromatiche da sfogliare con cura ed una inaspettata atmosfera di dolcezze.
LAZIO ROSSO “CATENACCIO” 2018: Sangiovese in gran parte e poi Ciliegiolo e Shyraz è più “toscano” di tanti toscani.
COLLI ETRUSCHI VITERBESI DOP CANNAIOLA “LARTHE” 2020: è un mix di sapidità e dolcezze che ricorda, per intensità e persistenza, olive candite.
Un vino per la pasticceria secca?
Nah! Troppo banale (così come pensarlo “da meditazione”).
Sembrerò un iconoclasta ma…io non lo vedo male con alcuni pesci.
Imparate “LARTHE” e mettetela da parte!
LAZIO IGP PASSITO “LORENZO”: Moscatello Viterbese (al secolo Moscato Giallo) propone una pletora di frutta secca e disidratata, quella della pasticceria natalizia.
E niente: c’ho in mente un Pecorino siciliano che ho assaggiato dall’amico Sandro Tomei che…
Maravilloso!
Una produzione che si merita il mio premio “PESSCIONN”.

L’ABRUZZO
NIC TARTAGLIA
Di Nic ci sarebbe così tanto da dire che aspetto di farlo dopo che sarò riuscito a fargli visita in cantina.
Una “terza via” al vino abruzzese, quella che riesce ad essere moderna proprio per il fatto di non abbandonare completamente la tradizione.
TREBBIANO D’ABRUZZO DOC “T” 2020: è il primo esempio di quanto accennatoVi nell’incipit: sapido di mare, caldo di sole, di appenninica freschezza, profumato, intenso e luuungo.
Moderno?
No, tradizionale (o viceversa?)!
COLLINE PESCARESI IGT PECORINO “P” 2020: “P” come Pecorino per un vino “B” come Boom!
14° ben portati (ma che impongono attenzione) ed un naso che sa di affumicature alpine tutto da sfogliare.
Mineralmente identitario.
CERASUOLO D’ABRUZZO DOC “C” 2020: beh, qui Nic m’ha voluto spiazzare con un’interpretazione da Wine-bar del principe dei vini abruzzesi.
Tanta frutta a coprire, per quanto possibile, gli spigoli del Montepulciano ed assicurargli un sicuro successo.
COLLINE PESCARESI IGT CHARDONNAY “NIRVANA” 2016: ecco il gancio del KO!
Chardonnay d’Abruzzo decisamente più forte che gentile!
Caldo come le steppe della Majella al sole d’Agosto, rotondo come le balle di fieno appena mietuto, spalle forti e dolcezze di frutta secca sotto miele, un accenno di fresco melone e poi una nuvola balsamica.
Un vino totalizzante.
MONTEPULCIANO D’ABRUZZO DOC “M” 2018: non perdete tempo!
andateVi a leggere l’articolo a riguardo qui!
COLLINE PESCARESI IGT CABERNET “BIFOLCO” 2016: lo so, l’ho scritto poco sopra ma, dopo aver curiosato, tra vocabolario e mitologia, cosa si cela dietro il termine “bifolco“: rileggete gente, rileggete (fatelo qui)…
MONTEPULCIANO D’ABRUZZO DOC “IO” SELVA DELLE MURA 2015: il più identitario ed il più moderno, dannatamente intenso ma mai invadente.
Frutta matura, il giusto di spezie, tannini che colpiscono dove serve come fossero cecchini.
Da riassaggiare con cura.

CINGILIA
3.5ha e 20000 bottiglie in quel di Cugnoli (PE), ancora Gran Sasso e quasi mare.
Azienda giovane ma dalle idee ben chiare.
COLLINE PESCARESI IGT COCOCCIOLA FRIZZANTE “COL FONDO”: un Metodo Ancestrale dal vino ”vecchio” cui si aggiunge mosto nuovo, un sorso tagliente come il lime con un finale cinerino molto interessante.
COLLINE PESCARESI IGT “COCOCCIOLA” 2020: stessa base del precedente per una Cococciola meno “aggressive” in cui la malolattica (svolta insieme all’alcolica) aggiunge un tocco di mielose dolcezze.
COLLINE PESCARESI IGT “PASSERINA” 2021: siete andati a farVi una corsetta e Vi sentite accaldati?
Beh, questa è meglio di una limonata per dissetarVi e, di sicuro, funziona benissimo per il successivo e meritato relax.
COLLINE PESCARESI IGT “PECORINO” 2021: una sorta di fumosa atmosfera (forse generatasi con la malolattica) contribuisce a rendere interessante un vino che, per i miei gusti, è giocato troppo sul frutto e si dimentica della propria identità minerale.
VIGNE VECCHIE BIANCO “COLLE BERDO” 2020: un Trebbiano che sa “di una volta”.
Mi viene il dubbio che “VIGNE VECCHIE” significhi Trebbiano e Passerina (chè una volta, per gli abruzzesi, era tutto “vino bianco” e, nei vigneti promiscui, non facevano prigionieri).
Cremosità citrine fanno a spallate con minerali freschezze e sbuffi mentolati non stanno a guardare.
“CERASUOLO D’ABRUZZO” DOC 2021: buona la rispondenza all’identità territoriale di questo Cerasuolo in cui la modernità non manca ed in cui tutto è alla luce del giorno ed aiuta la facilità di beva.
Insieme al “COLLE BERDO”, forse il più centrato della batteria.
“MONTEPULCIANO D’ABRUZZO” DOC 2019: prendete le uve del Cerasuolo di prima e fatele riposare un paio d’anni in acciaio.
Il risultato è un Montepulciano che non manca di vegetalità ed in cui una sorta di nota animale rimanda alla fatica dei campi ed al territorio.

TENUTA I FAURI
La scorsa estate ero lì lì per andare a trovarli in Azienda, poi il caso non ha voluto; ma quest’anno non hanno scampo.
Valentì (Di Camillo), sei avvisata!
PECORINO METODO ANCESTRALE “LA BELLE”: una prima produzione facile, beverina, freschissima e di limonosa sostanza.

Un vino “easy” ma, non per questo da sottovalutare, anzi…
ABRUZZO DOC “PECORINO” 2020, 2014 e 2013: tre annate differenti (di cui 2 ben lontane dai nostri giorni) in cui si riconosce la stessa mano e nessuna banalità.
Il cemento aggiunge pepevolezza al sorso rendendolo più interessante.
Sostanza e tradizione si affacciano in una 2014 dall’assaggio insolitamente cremoso e l’anglosassone rispondenza naso-bocca è ben evidente nella 2013.
Per tutte il giusto equilibrio (sia al naso che al sorso) tra agrume, ginestra e identità minerali senza concedere il fianco a esoticità fuori luogo.
CERASUOLO D’ABRUZZO DOC “BALDOVINO” 2021: bottiglia scurissima per un vino che si vende per quello che è e non per il colore; se chiudete gli occhi Vi sembra di bere un bianco vestito di rosso.
Rossa la frutta, rossi i fiori…
E poi: le spalle del Montepulciano, quelle che intrecciano tra loro vegetalità, freschezza e note saline.
MONTEPULCIANO D’ABRUZZO DOC “OTTOBRE ROSSO” 2020: selvatico nei frutti e nelle note verdi di corteccia.
Scuro di spezie e balsamico il giusto.
Tannini intarsiati rendono più interessante un sorso fresco ma di glicerico calore.

ABBAZIA DI PROPEZZANO
Volevo andarci la scorsa estate, poi qualcosa non andò per il verso giusto e…
Ma il destino, intanto, me li ha fatti comunque incontrare qui a Roma in attesa che tornino l’Estate ed i miei giri in Abruzzo.
Comunque: 20ha d’Abruzzo tra il Gran Sasso e le sabbie dell’Adriatico oltre ad una perla dell’architettura sacra della Regione.
L’occhio ed il gusto!
TREBBIANO D’ABRUZZO DOC “Tab” 2020: solo acciaio e spalle larghe per questo Trebbiano che regala agrumi e profumi di messi.
CERASUOLO D’ABRUZZO DOC “Cab” 2020: giocato su una freschezza dirompente che annebbia le vegetalità del vitigno.
MONTEPULCIANO D’ABRUZZO DOC “MAb” 2020: dalla stessa vigna del Cerasuolo, un Montepulciano didattico nelle sua ruvida identità.
La frutta scura introduce un gioco condotto, poi, da spezie ed erbe aromatiche.
Tutt’altro che pesante
“MONTEPULCIANO D’ABRUZZO” COLLINE TERAMANE DOCG 2017: qui la frutta vuole il suo spazio e si mette a fare il tiro alla fune con gli spigoli propri del vitigno.
“MONTEPULCIANO D’ABRUZZO” COLLINE TERAMANE DOCG RISERVA 2015 e 2012: e qui si comincia a giocare pesante…
Didattica l’annata 2015, nella sua frutta rossa matura, nel bouquet di fiori secchi, in quel giusto di “verde” che rende più interessante e mai stancante l’assaggio.
La 2012 apre su attese morbidezze di ciliegia sciroppata meravigliando poi per essere, forse, ancor più agile e scorrevole, nonostante i 10 anni, della 2015.
OLIO EVO: con questo, il Produttore si aggiudica ben due dei miei “ambitissimi” premi: quello “CORAGGIO” per averne avuto nel portare un EVO ad una fiera di vini e quello “PECCATO” per aver dimenticato a casa i bicchierini (lo riassaggerò con molto piacere).

GIOVENZO
Azienda giovane e dinamica che, ad Ortona (CH) si impegna a coniugare tradizione, modernità e rispetto per il Territorio.
Arriverà l’Estate e li andrò a trovare, chè ‘sti assaggi veloci…
“TREBBIANO D’ABRUZZO” DOC 2020: un assaggio giocato sulle freschezze beverine a scapito, forse, dei profumi del territorio.
TERRE DI CHIETI IGT “COCOCCIOLA” 2020: una bella interpretazione di questo vitigno in un assaggio che sa dei prati in Primavera e che agrume e mineralità rendono vincente.
“CERASUOLO D’ABRUZZO” DOC 2021: un naso “fragoloso” introduce un sorso che sa di freschezza e vegetalità: gioca con la prima e vince con la seconda.
MONTEPULCIANO D’ABRUZZO DOC “RITORNA” 2020: un naso che vuole attenzione e che spazia da un caleidoscopio di frutta rossa passando per ombre boschive e frutta secca (noce in primis).
Il “verde” demandato ad un non so che di olive, le paradigmatiche spezie, il tabacco, il cuoio…
Sorso, dinamico e sbarazzino pur nella sua coerente complessità.
Un vino che abbraccia la tavola abruzzese a 360°, dai monti fino al mare.

LA CAMPANIA
TERRE DELL’ANGELO
Da una terra “dura” ieri come oggi (anche se per motivi differenti), dei vini che colpiscono forte l’occhio, il naso ed il resto come Marvin “THE MARVELLOUS” Hagler.
E non Vi meravigli che ne faccia una descrizione così diversa dalle altre!
SONO vini diversi dagli altri (almeno da una buona parte di quelli che ho assaggiato recentemente), sono vini che vorrei riassaggiare con la dovuta calma!
TERRE DEL VOLTURNO IGP CASAVECCHIA “L’ARCA”: un nome che sa di viti e di terre salvate dal diluvio dell’oblio.
Un vitigno, un sopravvissuto e la sua leggenda.
Il primo Casavecchia che abbiano visto le pendici del Matese.
Nasconde vulcani lontani nel tempo in un naso che sa del mare di oggi.
Dei tre assaggi (mannaggia: solo tre!) quello custodito per più tempo in anfora.
Moderno nella sua anima antica.
Semplice di ciliegia, gentile di fiori rossi, orientale di spezie dolci.
Dinamico e birbante.

TERRE DEL VOLTURNO IGT PALLAGRELLO NERO “IL TEMPO” 2018 e 2017: un rosso che vi porta sul ring con l’entusiasmo del pubblico urlante, l’adrenalina che scorre, gli spot che fendono il buio ed illuminano un quadrato bianco da cui uscirete solo battendoVi.
Due annate diversissime accomunate dal riposo nell’antico della terra cotta ad arte e fatta orcio.
Nessuna pesantezza neppure qua, nessuna incertezza, freschezze che colpiscono come il boma della barca in etichetta se non prestate attenzione alla testa.
Percepite il mare lontano e quello che era, spigoli nell’uno e nell’altro ma che nel secondo, sembrano quelli di casa vostra e che avete imparato a schivare anche quando Vi alzate di notte senza accendere la luce.
L’assaggio è lo stesso del naso, quello delle more e del mare, leggero e frizzante (paradossalmente più strapiombante quello della 2017).
Il sorso è dinamico, sorretto da tannini che danzano come i piedi di “Cassius” che facevano intrecciare gli occhi agli avversari.
Un vino (una annata per l’altra) per il quale non Vi basteranno le bottiglie che avete in cantina.
All’Azienda va, insindacabilmente, il mio prestigioso premio “SURPRAIS”.

TENUTE BIANCHINO
Da 10 anni la Storia del Falerno (del Massico) al centro del palcoscenico.
Il primo (da Primitivo) fu nel 2015, cui seguirono Falanghina ed Aglianico nel 2018.
Convinti delle capacità evolutive dei Loro vini (2018 l’annata ora in commercio) non hanno avuto difficoltà a dimostrarmi di aver ragione, anche perchè Concetta (Bianchino) c’ha un piglio che…si merita il mio premio “DAJE”!).
CAMPANIA IGT FALANGHINA “BALLARINO” BIANCO 2020 un nome che ricorda la torre mausoleo presente nella proprietà, propone un interessantissimo mix di vegetalità d’erbe aromatiche e sapida sostanza tenute insieme da una certa dolcezza.
Lungo e di soddisfazione…
FALERNO DEL MASSICO BIANCO “ARIANNA” 2018: prima etichetta del mosaico composto con quelle di “TESEO” e “BACCO” si propone come una selezione di uve dalle stesse vigne del “BALLARINO” BIANCO.
Aumenta la minerale sapidità che si avvale di un sostanzioso estratto e di una nota fumè che lo rende ancora più interessante (ed elegante).
CAMPANIA IGT AGLIANICO “BALLARINO” ROSSO 2018: un Aglianico dalla beva fuori dai canoni ma di profonda identità.
Un sottobosco di frutta su un palcoscenico scuro di cioccolato, cuoio e china.
Qualche sbuffo d’incenso che non guasta…
I tannini, delicati e materici, giocano un ruolo fondamentale nella piacevolezza del sorso.
FALERNO DEL MASSICO ROSSO “TESEO” 2018: anche in questo caso si tratta di una selezione di uve dalle stesse vigne.
Allo spettro olfattivo che si infittisce e richiede più attenzione, fa da contr’altare una freschezza che aumenta e che…beh, con qualche pizza “strutturata”…
FALERNO DEL MASSICO DOC PRIMITIVO “BACCO” 2018: un Primitivo di grande estrazione da impianti anche centenari.
Ci trovate di tutto: freschezza, sapidità, frutta, spezie ma, soprattutto piacevolezza infinita.
Intriganti le atmosfere scure di spezie, caffè e liquirizia e poi…quegli sbuffi sulfurei…

CAMPANIA IGT “FALANGHINA” 2017: citrina e spigolosa, vulcanica nell’animo ed al contempo suadente quando gioca con il lungo finale di mandorla fresca.
Nel complesso, vini birbanti e sportivi nei quali il rischio è quello di sacrificare le complessità sull’altare di una beva sempre piacevolissima.

FRATELLI ADDIMANDA
Da 3 viti a 3ha di quel Roviello Bianco che era scomparso è stato un attimo (oddio: ci sono voluti 10 anni e tanta fermezza d’animo, ma l’impegno gli vale ora il mio premio “NEVER GIVE UP”)!
“ACINELL’” Roviello Bianco 2019 e 2018: inizio dalla 2019 che mi aspettavo davvero più verticale e che si rivela invece in ampiezza.
Sapidità subito e nel lungo finale.
La 2018 è invece tutta un’altra storia giocata su sottili equilibri fresco-sapidi e sulla sottile guerra di nervi tra durezze e morbidezze.
Calore e freschezza.

“CAMPI TAURASINI” 2016: tannini appena addomesticati accompagnano freschezze di frutta croccante.
“TAURASI” 2015: impianti mediamente di settant’anni (ma anche bicentenari) regalano un Taurasi che Taurasi lo è davvero.
Scuro come una soffitta, con frutta e spezie che brillano nonostante l’atmosfera fumè, con tannini di lodevole eleganza a rendere ancora più interessante un sorso restio ad aprirsi (ma, ne sono sicuro, è solo colpa della fretta di questi assaggi troppo veloci).

LA SICILIA
MAENZA
Alla “prova del nove” dopo il piccolo “inciampo” nella serata che GO WINE ha dedicato alla Sicilia, questa giovane Azienda dell’Alto Belìce, dimostra di avere quelle capacità che già avevo intuito.
Un solido legame tra famiglia e Territorio portato avanti con tenacia ed evidenziato da una “tipicità” non comune.
TERRE SICILIANE IGP CATARRATTO “BÈA” 2020 e 2019: se è forse troppo scorbutico il Catarratto dell’annata 2020, quello della 2019 è un esame superato brillantemente.
Intenso il richiamo floreale e deciso l’apporto minerale dei terreni argillosi.
Sorso lungo e bilanciato.
TERRE SICILIANE IGP SYRAH “JACQUES” 2019: un giusto mix di mistero orientale e solari luminosità mediterranee.
Frutta e spezie si compenetrano ed “il giusto” di legno regala un assaggio di buona sfericità.
GURRIERI
15ha di Ragusano, 45000 bottiglie, 12 etichette o forse più (e pure l’EVO di Qualità!) e l’estro di vinificare in bianco Frappato e Nero d’Avola nel bel mezzo della DOCG del Cerasuolo di Vittoria (cosa che gli vale il mio specialissimo premio “BLACK IN WHITE”).
Le poche parole scambiate con Giovanni (Gurrieri)sono state sufficienti a descrivere il forte attaccamento alla propria terra e l’orgoglio di proseguire nel solco della tradizione familiare senza perdere di vista il futuro.
Un’Azienda che meriterebbe molto più delle poche parole che seguiranno e dei vini che mi piacerebbe riassaggiare con la dovuta calma.
VINO BIANCO “DONNA GRAZIA” 2020: 60% Nero d’Avola e 40% Frappato.
Chiudete gli occhi ed abbandonateVi all’assaggio di un “Cerasuolo Bianco”!
Zagara, arancia, ciliegia (!), il giusto di erbe aromatiche, fresche brezze e calore isolano.
Una sorpresa, DAVVERO!
“DONNA GRAZIA” VINO FRIZZANTE BIOLOGICO: è un petillant ottenuto da metodo Charmat e leggermente degassato all’atto dell’imbottigliamento per una bollicina facile e birbante che unisce fiori ed agrumi in una inattesa cremosità.
L’allungo sapido gli dona una bevibilità assolutamente fuori dal comune.
SICILIA SPUMANTE METODO CLASSICO PÀS DOSÈ (36 MESI) “DONNA GRAZIA”: crosta di pane e lieviti di pasticceria si aggiungono a frutta candita e saline mineralità regalando un sorso che…ne vorrebbe un secondo!
SICILIA SPUMANTE METODO CLASSICO BRUT (44 MESI) “DONNA GRAZIA”: complesso, cremoso e…più pas dosè del pas dosè.
Fragranze di crosta di pane si sposano a scorze d’agrume candito ed ad una intrigante nota di tabacco fresco.
Lungo e leggermente sapido il finale di questo assaggio davvero “vivo”.
SICILIA SPUMANTE METODO CLASSICO EXTRA BRUT (22 mesi) “HIC EST XXII”: qui crosta di pane e lieviti governano indisturbati e si affacciano, neppur troppo timidi, profumi di pasticceria, scorze di frutta candita e pompelmo che introducono un sorso birichino e di marine sapidità seppur delicato.
“BRUT ROSÈ” 2 soli mesi in autoclave per un Frappato dal sorso fragoloso e giovanile intarsiato di miele d’acacia.

SICILIA ROSATO “DONNA GRAZIA”: è un assaggio sorprendente!.
In una atmosfera che sa di marine affumicature, nonostante non si dovrebbe dire, il tannino marca e persiste accentuando la lunga sapidità cui le nitide percezioni di arancia e fragola possono solo fare da contorno.
TERRE SICILIANE IGT “FRAPPATO”: marino in corpo ed in spirito, accosta marasche, more e fragole a sbuffi balsamici.
Dinamico e mai stancante.
VITTORIA DOC “NERO D’AVOLA” 2020: snello e rinfrescante, mai esagerato ed eccessivo.
Un vino “educato”.
CERASUOLO DI VITTORIA DOCG CLASSICO “DON VICÈ” 2019 e 2017: un anno di barrique per il Nero d’Avola, il resto acciaio ed il tutto, infine, riassemblato in botte.
Una ciliegia croccante a contornare sapidità marine che, nella 2017 diventano più grasse e sostanziose.
Gli anni aggiungono balsamicità e complessità di confettura al naso, ma non sottraggono freschezza ed eleganza.
TERRE SICILIANE IGT “SYRAH”: ecco il deserto (quello dei Tuareg e delle scimitarre), il sole ed il sale.
Ecco le spezie e l’Oriente.
Ecco il Syrah.
“MOSCATO SECCO”: era solo una “prova”, ma la sua complessità di erbe officinali, gli sbuffi di lavanda e salvia, quel tocco neppure troppo gentile di mineralità…
Aspettarne la “versione definitiva” sarà snervante!

ADDENDUM:
A margine degli assaggi, mi preme evidenziare la presenza dell’Azienda LA MIA PASTA dei F.lli Troiani, cui assegno il mio personalissimo premio “TENACIA” per la ferma volontà di portare avanti il concetto di Qualità anche in manifestazioni nelle quali i protagonisti sono altri.
La Vite e l’Ulivo sono sicuramente due dei tesori del Mediterraneo, ma non dobbiamo dimenticarci del terzo: quel Grano che è attore principale sulle nostre tavole e che troppo pochi di noi guardano con il dovuto rispetto.
Materie prime di altissimo livello sposano qui tecniche di trasformazione rispettose delle materie prime e di Noi Consumatori.
Cercate, assaggiate e poi…fatemi sapere!

ED ORA?
Ora, a parte il fatto che, se non mi do una mossa, l’articolo sull’altro Evento cui ho avuto la fortuna di partecipare questa settimana non riuscirò mai a finirlo in tempo, mentre aspetto di poter far visita ai Produttori cui l’ho promesso (non ho le catene, quindi mi tocca aspettare che arrivi il 15 Aprile per potermi muovere in autostrada), mi porto avanti ed approfondisco le conoscenze su quanto di nuovo ho avuto la fortuna di conoscere in questi giorni.
Nel frattempo Voi, per non perdere tempo, assaggiate!