“Si direbbero i cittadini di Guardiagrele per tradizione tanto più civili quanto più aspro e solitario il luogo, estremo insediamento urbano di qualche importanza che spinge sotto la Majella…il nostro benefattore: …un giovane studente, Nicola Santoleri. Ventisei anni. Sta per laurearsi a Roma in architettura, e intanto si occupa personalmente dell’azienda enologica famigliare. Santoleri. Tenuta e cantina di Crognaleto. Coltivazione, produzione e imbottigliamento. Quattro vini…Quantitativamente, la produzione si può definire minima…Travasa tre volte entro un anno dalla pigiature. Imbottiglia dopo un anno e mezzo. Vini, cosa rara da queste parti, equilibrati: profumo e sapore abbastanza vivi in rapporto alla gradazione”.
Così scriveva un grande della penna come Mario Soldati negli anni ’70 del secolo scorso.
Oltre righe lette troppi anni fa, dietro il suggerimento dell’amico Rocco Pasetti, è cominciata la mia rincorsa.
Un annaspare, un inseguire un pezzo di storia enologica d’Abruzzo (e non solo).
Che poi era lì, a pochi km da casa di mio suocero, mica su un altro pianeta (oddio: proprio sulla terra non siamo)!
Santoleri era diventato per me una sorta di miraggio, una sfuggente figura, un mistero nella realtà di un vino che ha fatto storia.
Alla fine quattro ruote ed un gps m’hanno portato ad un casale del ‘700 ristrutturato ed adattato a sede aziendale, cantina (anche se quella “storica”, che mi ripropongo di visitare appena possibile, sta a Guardiagrele), struttura ricettiva…
Crognaleto è contrada ad un fiato da Guardiagrele, argille di calanchi in continuo movimento sotto gli occhi della Majella.
Santoleri è invece nome legato alla terra ed al vino fin dal Medioevo, e parliamo di quasi 200ha di Territorio!
Farro e cereali in alto, verso Caprafico, 28ha di pergole abruzzesi a Crognaleto.
Solo Abruzzo con la “A” maiuscola: Montepulciano (declinato in tre versioni) e Trebbiano, il resto del mondo non è di casa qui.
Questo MONTEPULCIANO D’ABRUZZO RISERVA di Giovanni sa di storia e racconta storie.
Le scrive con quell’inchiostro che domina il naso.
A noi sta l’ascoltarle, il seguire quegli intarsi d’ebano, scuri di cioccolato, tabacco e caffè, che precedono il cuoio che sellava i cavalli al lavoro.
Austero, restio, intimistico.
Si dischiude, pudico, alla frutta scura ai pochi che hanno curiosità e pazienza
Consistente, masticabile, concreto nell’assaggio condotto seguendo un sentiero di tannini di decisa eleganza.
Caldo quel tanto che serve a non nascondere le freschezze, lungo quel tanto che serve per gestire l’impazienza di un secondo sorso.
Forte ben più che gentile, cavaliere in armatura più che dama affacciata ad una bifora.
Come quello di Alessandro (Filomusi Guelfi), vuole compagnia nell’assaggio.
Un vino per persone più che per guide.
Carta geografica e non gps.
Una strada da seguire più che una posizione da raggiungere.
Ama le curve e rifugge i rettilinei.
Eppure è di didattica presenza.
Lontano dalle mode, aderente alla tradizione.
Moderno proprio nella sua integrità al passato
Un prodotto pulito frutto di un lavoro “sporco”, di sudore e di terra.
Costa un po’ più dei vini che normalmente Vi consiglio ma…eddaje!