IL COSA ED IL DOVE
Nella sua instancabile opera di promozione di Territori, Produttori e Vini, Go Wine ci ha portato, lo scorso 21 Ottobre, alla scoperta del Piemonte, quello famoso e quello meno noto.
Oltre 20 le Aziende presenti ed una ricca scelta di etichette consentivano di aprire le porte sulle produzioni di una delle regioni vitivinicole più note.
Una bellissima occasione per riassaggiare ma soprattutto scoprire.
Per me è stato il proseguire un percorso iniziato a Settembre, un aprire gli occhi su eleganze e modernità, per stupirmi di fronte a coraggio e voglia di valorizzare.
Alla fine, pure nella fretta di una serata mordi e fuggi, non sono mancate nè le conferme, nè le sorprese.
Che dire: BRAVI TUTTI, Organizzatori e Produttori (pure io che, per dedicare almeno due righe ad ogni vino assaggiato, ho dovuto far guerra a parole ritrose a comunicare emozioni.
GLI ASSAGGI
GIUSEPPE NADA
Non è una novità (vv. CANTINE D’ITALIA 2021) e voglio iniziare da lui per ricordare e confrontare.
Produttori storici di Barbaresco, Nebbiolo e Barbera, non disdegnano i bianchi e stasera una delle 200 bottiglie di Riesling Renano è il primo dei miei assaggi.
Sulle fecce fino alla Primavera, “TECUM” si è riposato tre anni in bottiglia prima di farsi assaggiare.
Tanti agrumi a colpire il naso ed un solo accenno a quegli idrocarburi che invece escono ad un assaggio che propone freschezza si ma, soprattutto, grande sapidità.
Il “NEBBIOLO” 2020, fresco e beverino propone le tipicità croccanti dell’acciaio con il quid di qualche mese in tonneaux.
Stuzzicante di spezie e ben giocato tra viole, lamponi, sbuffi mentolati ed un accenno di rabarbaro.
Fresco e birbante regala sorsi di gioventù.
Passando al Barbaresco, “CASOT” (Riserva di un uno dei due CRU aziendali) è presente con le annate 2018 e 2017.
La prima attacca con quel tocco di arancia sanguinella che rinfresca l’assaggio rendendolo divertente nel suo essere impegnativo per un naso che coglie una sequenza di terra umida, cannella, pepe ed accenni mentolati.
Fresco, sapido e dai tannini abbondanti e rotondi.
La 2017 è un’altra cosa.
Primo anno di BIO, si ammanta di scuro mistero proponendosi come soffitta da esplorare.
Spostate i frutti di bosco e troverete fiori secchi dimenticati tra pagine di libri, i mobili dei nonni con il loro profumo di storie celate, ma pure le “banali” spezie ed un tocco di balsamicità.
Bilanciate freschezza e sapidità ed eleganti morbidezze e tannini.
“CASMAR” 2016 assembla anche nel nome il primo CRU a quello MARCARINI e viene prodotto solo nelle annate migliori.
È, se possibile, ancora più fresco del “CASOT” 2017 e attraversa i sensi come una brezza (un soffio d’aria fresca).
“MAI PIÙ” 2011 è l’ultima cartuccia sparata da una vigna del 1936 che chissà fin dove affonda le radici per regalare certe emozioni!
Si mette il frac e, perfettamente a suo agio sotto i riflettori, scende in pista con stile ed eleganza supplendo all’inesorabile incalzare del tempo con la classe che solo “chi sa” riesce ad avere.
BOERI
C’è Giulia dietro il banco, “La” Barbera sul tavolo, le etichette che sembrano un sabba di streghe…DEVO star fermo qui almeno un turno, come a Monopoli (dove per altro, chissà perchè, ho sempre usato il fiasco come segnalino).
12ha e circa 120000 bottiglie da quando questa Azienda ha cominciato ad imbottigliare 25 anni fa.
Primaprima era solo vendita di uva ma ora, giunti alla 5a generazione, si comincia a fare sul serio.
L’introduzione è un “Metodo Martinotti” BRUT che, dopo 24 mesi sui lieviti propone grande aromaticità ma una bolla un po’ troppo “aggressive” (Chardonnay e Pinot Nero in pari misura).
Ancora una interpretazione di Chardonnay (ma questa volta senza alcuna compagnia) per una delle pochissime bottiglie di “BEVIÒN” SELEZIONE, fermentato direttamente in botte.
15.5° dedicati a colui che fu proprietario dell’azienda fino al 1940.
Un’idea di riduzione “natural style” ma senza puzze.
Elegantemente orientale in puro stile giapponese (tra l’altro, direi che ci sta bene con il sushi, sia per sentori che per grado alcolico).
“MARTINETTE” è quella Barbera femmina che sa un po’ di “facile”, quella che va con tutti, forse per quell’idea di fumé, di budoir, per il viola dell’etichetta…
Non mi interessa, basta co’ ‘sti vini complicati: LEVATEMELA prima del coma etilico!
“PÖRLAPÀ” (dall’italiano: “senza parole”) 2017: cioè come rimase il nonno quando assaggiò questo vino per la prima volta.
Da un vigneto di 70 anni.
Colore “aggressive”, unghie laccate.
Graffiante come i tannini pistoleri che dominano la scena.
Trafigge il cuore come l’ago rosso che domina l’etichetta.
“BIONZO” 2017 dismette i panni da “pantera” ed indossa quelli di una signora ingioiellata che se ne sta da Tiffany a fare colazione.
Elegante, affascinante, forse sin troppo.
CANTINA DELLA SERRA
Se prima era Barbera, ora è Erbaluce di Caluso.
Una realtà datata 1953, 150ha, 230 Soci e 400000 bottilglie.
Si inizia dal brut “SERRA CLASSIC” DOCG, un Metodo Classico cui 36 mesi sui lieviti non bastano di sicuro per mettere d’accordo grande aromaticità ed effervescenza scalpitante.
Tra pere ed agrumi, si fa strada una nota mentolata che mi sblocca un ricordo di “POLO”: il buco con la menta intorno.
Un assaggio “curioso” che meriterebbe essere più calmo e meditato (mi impegno a riprovare) peccato davvero per le bolle…
“RAMBLÈ”: da un unico vigneto (Cariola) di 2ha, esce questo mix tra “RAMBLAS” ed “OLÈ” per un assaggio che con le nacchere.
BIO, 50% legno e 50% anfora ci conducono ad un vino “di una volta”, con un’idea di naturale.
Un naso “dolce” ed un assaggio sapido da “margarita” che spenderei benissimo con formaggi stagionati e sushi.
Una bella interpretazione del Territorio.
Direi la seconda sorpresa della serata.
Il “PASSITO” è un’altra bella prova!
L’Erbaluce ha una buccia particolarmente spessa che ne consente una perfetta conservazione anche dopo lunghi appassimenti in fruttaio.
Pigiati ad Aprile, i grappoli spargoli (gli unici raccolti) regalano 130-150 gr/l di zuccheri sostenuti da una elevatissima acidità ed uno spettro olfattivo che va dal sigaro agli agrumi (canditi ma non solo) passando per la frutta secca sotto miele.
Non sprecatelo con i dolci!
SorprendeteVi con formaggi impegnativi e, forse, cioccolato fondente (>70%).
VIRNA BORGOGNO
Sapete come la penso su “Donne e Vino”.
E qui pure l’Azienda ha un nome femminile quindi: indagherò presto più a fondo (per ora ho scoperto che è stata la prima Donna a laurearsi in Enologia all’Università di Torino).
“LA”, Barbera d’Alba 2019, è frutto di vigne giovani e forse ancora un po’ troppo ragazzina.
Fresca e scalpitante, di difficile doma.
“IL”, Nebbiolo 2018, parte con un naso dimesso ed un pochino “alcolico” ma rivela un assaggio di nerbo e tannini che vuole almeno un altro sorso (per piacere, non per conferma).
“NOI”, Barolo 2016 (il primo della batteria) è un blend di 5 vigne dislocate in tutti i comuni dell’areale.
Ed ecco che ritorna quell’idea di soffitta da esplorare ed un ricordo della tabacchiera di nonna (poco aromatica in realtà visto che fumava trinciato forte).
Intrigante mix di Territori da andare a spulciare uno ad uno per un risultato di moderna classicità.
Il “CANNUBI” 2016 alza il tiro e la dinamica.
Gioca con i fiori, stuzzica con le spezie.
Fresco di visciole, umido di bosco, intrigante di tabacco.
Di grande freschezza e tannini importanti.
Verticalmente profondo.
Peccato doverlo assaggiare così di fretta!
Con il BAROLO “DEL COMUNE DI BAROLO” 2016 si aggiunge l’arancia sanguinella ed il risultato è di estrema didatticità.
Scuro di more, rosmarino e liquirizia porta ad un assaggio “giusto” ma che ha bisogno ancora di integrazione e completamento.
Il “SARMASSA”, 2016 anche lui, ci riporta in soffitta tra polvere da soffiar via dai libri da sfogliare e la sorpresa dell’inaspettato.
Carico, intenso, materico, ma ancora “in divenire”.
In assoluto: tutti “giovincelli”, ma proprio per questo interessanti (li vorrò riassagiare tra qualche anno).
A proposito: azzeccatissime le etichette “IL”, “LA” e “NOI”!
TORRACCIA DEL PIANTAVIGNA
40ha di vigneti che spaziano tra Ghemme e Gattinara affondando le radici tra ciottoli ed argille.
“ERBAVOGLIO” 2020 è Erbaluce ma non si può dire. Un bel prato verde appena falciato.
Peccato solo che quella nota sapida che mi aspettavo, arrivi dopo un enorme mazzo di fiori che regala un assaggio un po’ troppo ricco di femminili dolcezze per i miei gusti.
“BARLAN” 2020, rosato di Nebbiolo, si aggiudica senza dubbio il premio per il packaging più azzeccato.
In questa “magnum” e con quelle etichette, sembra vodka invecchiata.
E poi, quel naso di fragoline e lamponi, quegli sbuffi minerali e fumé…
Fresco, sapido, “acchiappante”.
In un wine bar ce ne vorrebbero almeno un paio di bancali a sera.
“NEB” 2018 è il prodotto dei vigneti più giovani.
Giustissimo per chi non sa di Nebbiolo.
Non sono solo rose e viole, c’è pure il giusto di bosco umido.
Botte da 70 a 150hl per un Nebbiolo giovane, scalpitante e birichino.
Pure questo da wine bar, pure questo da cannuccia.
“TRE CONFINI” è una proposta per la ristorazione.
E qui arriva il naso e l’assaggio si fa complesso.
Non sono solo rose e viole, c’è pure il giusto di bosco umido.
Sapidità e freschezze per un assaggio sostenuto da pimpanti tannini.
Un nebbiolo da studiare.
“GATTINARA” 2017.
Tre anni e mezzo di legno alzano il tiro.
Tra fiori e frutta la spunta una nota ferrosa che ricorda brulle zolle su prati alpini.
Quasi salato, propone un assaggio vulcanico e territoriale.
“GHEMME” 2015 è polvere da sparo e scoppia davvero.
Irretisce con le visciole, offre mirtilli e colpisce come un maglio di ferro.
Minerale di polvere da sparo, scoppia davvero e propone un assaggio di dinamiche alternanze tra freschezza e sapidità su un letto di tannini invidiabili.
Spettacolo pirotecnico!
“VIGNA PELIZZANE” 2011.
Dopo sei anni di legno, l’unica espressione possibile è…(la tengo per me, chè è forse un po’ troppo “forte” per questo consesso).
Ampio l’olfatto, dominato dall’arancia sanguinella ma sostenuto energicamente da humus e cortecce tra sbuffi balsamici e speziature.
L’assaggio è completo, di composta armonia tra sapidità e freschezza, propone morbidezze giustamente compensate da tannini levigati.
LUIGI VICO
Sono solo 2.5ha e 15000 bottiglie ma…
A parte le etichette più fighe della serata (merito dell’artista Purpleryta), vince a mani basse il premio “GIROTONDO” per avermi regalato una esperienza unicamente completa.
Un cerchio di emozioni che inizia e si conclude con il “VERMOUTH DI TORINO“!
“VERMOUTH”, una parola che mi riporta ad una infanzia di pranzi della domenica in cui si portavano cioccolatini e pastarelle…
Questo è, come si dovrebbe, a base Moscato ed è davvero un tuffo nei ricordi!
Rose, scorze d’arancio candite, cannella…
Una sorta di panforte da bere, di vibrante acidità, con una chiusura in cui note di genziana e residui zuccherini si abbracciano.
“DOLCETTO”: può un vino semplice stupire?
Assolutamente si!
E questo “DE DULCIS IN FUNDO” ne è la conferma.
“IN FUNDO” è vino!
Basta con tutte ‘ste storie! Facciamolo scendere dal piedistallo su cui lo abbiamo collocato e riappropriamoci della sua identità, facciamola nostra e godiamone.
Dietro parvenze di femminili dolcezze, cela tannini di maschile e composta ruvidezza.
“ROBUR VITAE” 2019 è dimostrazione che la Barbera è tutta “femmina”, a partire dall’etichetta “scapigliata”.
Piglio e gentilezza.
“NE BIS IN IDEM” come suggerisce la locuzione latina è invece come l’uomo: ogni giorno sempre uguale a sè stesso eppure sempre diverso.
Qui: sempre Nebbiolo ma…non Barolo.
Tagliente e trainante.
Il Barolo “PRAPÒ” 2017 interpreta alla grande le marne dalle quali, le viti con le quali viene prodotto, traggono nutrimento.
Verde il giusto, quella scorza d’arancia che stempera liquirizia e tabacco.
Nella sua complessità, risulta essere divertente e beverino anche più del nebbiolo, quasi a volersi prendere gioco del nome che porta (sarà colpa/merito di quel cemento che tanto mi piace).
“ECHINOPSIS MIRABILIS”, il Moscato d’Asti, è un grande Moscato, giocato su un naso di dolcezze ed un assaggio di una freschezza che sorprende.
Il cerchio si chiude con il VERMOUTH che, nel frattempo, sembra essere divenuto un’altra cosa!
2 assaggi completamente diversi nel breve arco di qualche minuto, a dimostrazione che lo stesso vino regala emozioni differenti al mutare del nostro stato d’animo.
CHIONETTI
CHIONETTI è Dogliani.
“SAN LUIGI” 2020 si presenta giovincello e sbicchierabile:
Piacerà ai maschi per quella sua grinta di ferro e ruggine e piacerà alle donne perchè piace a i maschi e per quella ciliegia croccante.
Sapido e di buon equilibrio.
“BRICCOLERO” 2020 propone la nota dolce del vitigno tra amarene e peposità cementizie, senza dimenticare un accenno di camino.
Di grande sapidità, propone un assaggio garbato e di lunga persistenza sulle corde della freschezza.
ED ORA?
Ora, mentre aspetto il prossimo evento di GoWine (di cui ho già preso nota per non rischiare di perdermelo), comincia il lavoro di ricerca ed approfondimento.
Leggere, documentarsi, studiare, rompere le scatole alle Aziende (quelle che hanno ricevuto il “preziosissimo” biglietto da visita di enoevo stiano su ci va là)…
Stay tuned!