Quando vado a Gorizia, non ho la sensazione di “arrivare” in una città, ma di “partire” per l’EST.
Per me che sono anziano, se a Piazzale della Transalpina allungo appena il passo, mi ritrovo nella “Yugo” della mia memoria, chè la Slovenia è roba di tempi vicini e futuri sperati.
Cormons, strategica località per Romani e Longobardi, sta ad un quarto d’ora e, da lì, sono poi dieci minuti fino alla collina di Zegla, che il confine lo respira.
Il Monte Quarin a proteggere ed il mare da respirare.
Collio e Brda, di qua e di là da una linea che l’uomo ha tracciato, che la ponca cancella e che il calice fa dimenticare.
Collio e Brda, una mezzaluna di 1600ha, un unicum nel panorama eno-paesaggistico mondiale, di tale singolarità da spingere l’UNESCO a valutarne la candidatura a Patrimonio dell’Umanità.
Certamente no (od almeno non “solo” lui), ma di certo è uno di quelli cui il Collio deve di più.
L’Azienda di Edi ha radici lontane.
Agricoltori da 350 anni, il nonno di Edi iniziò ad imbottigliare alla fine degli anni ’50.
La svolta aziendale verso la fine degli anni ’80, quando Edi comincia a chiedersi se non sia meglio rafforzare il rapporto Vino/Territorio concentrandosi su un ristretto numero di varietà che siano effettivamente rappresentative di quest’ultimo.
Primo step nel 1987: solo due etichette (“TOCAI” e quel “COLLIO BIANCO“o da sempre prodotto in zona con Tocai, Malvasia Istriana e Ribolla Gialla).
Secondo step nel 2008: forte del premio per il miglior “TOCAI” del 2007, ne abbandona la produzione e si dedica solo a quel vino che, d’ora in avanti, insieme ad una K in etichetta che suona come la Z di Zorro, lo renderà famoso.
Oggi coccola 12ha con l’aiuto del figlio Kristian.
Nessun trattamento da troppo tempo per per poterne avere memoria, 50000 bottiglie ed un vino solo, quel “COLLIO BIANCO” che, come detto, è sintesi di tre vitigni (Tocai, Malvasia Istriana e Ribolla Gialla), del lavoro dell’uomo e di un territorio che riunisce sotto lo stesso cielo culture tradizioni.
In cantina, il cemento comanda e custodisce.
Solo una breve ouverture di frutta (agrumi e pesca) e poi inizia lo spettacolo del territorio!
Non serve concentrarsi per visualizzare le radici della vite che si fanno strada tra gli alterni strati di arenarie e marne traendone il succo della terra.
La mineralità di questo vino è “totalizzante” ma perfettamente integrata con freschezza e morbidezza.
Un sorso di larghe spalle e naturale eleganza, di raro equilibrio e commovente lunghezza.
Un vino che ti guarda dentro e da dentro.
Spenderete meno di 20€ in enoteca per portarVi a casa una “sconfinata” emozione.