È stato “violando l’Arancione” che sono andato a trovare Luca Blasi nella Sua Azienda.
Tenuta Santi Apostoli sta a Frascati ma non sta “nel” Frascati (inteso come Consorzio).
C’avrei tanto da scrivere su Luca, sulla sua filosofia produttiva, sul suo concetto di vino e di Territorio, ma mica poso dirVi tutto in una sola volta!
11ha vista Roma su una delle colate del Vulcano Laziale, terreno ciottoloso che “spinge” da morire, grande ventilazione e nessun ristagno di umidità.
Vermentino, Malvasia Puntinata (o del Lazio), Bellone, Cesanese…
Un’Azienda che, nata nel più classico schema di produrre il vino per la ristorazione, ha cambiato percorso con l’arrivo di Luca nel 1998.
Svolta in vigna (via i vecchi tendoni) ed in cantina.
Prime bottiglie nel 2017.
Pochi scrupoli e nessuna concessione alla Qualità.
Quello che non vale si butta o si manda all’acetificio (e non è certo una cosa che un Produttore fa a cuor leggero).
Certificazione BIO per coscienza ed un enologo bravissimo e “liberale” (Lorenzo Costantini), tanta voglia di fare e nessuna paura di sbagliare.
Nel 2020 ha alzato ancora l’asticella: “corso di Biodinamica” con Carlo Noro e vini naturali nel mirino.
Un campo minato disseminato di ordigni come “Cornoletame”, “Preparato 502” et similia.
Personalmente, in materia, continuo a rimanere della mia opinione (che dovreste conoscere ma che, per correttezza e cortesia, preferisco non esporre).
Dal “TOP” al “FLOP” in un attimo.
Dei prodotti “TOP” do tutto il merito al Territorio ed alla bravura del Vignaiolo, di quelli “FLOP” dico: “chi è causa del suo mal pianga sè stesso”, ma continuo ad assaggiare con curiosità e desiderio di conoscenza.
In termini di produzione, posto che il Vermentino non va dimenticato e che il Cesanese merita davvero (se volete, potrete ficcare il naso anche in quello di Gabriele Magno per scoprirne “affinità e divergenze”), la Malvasia recita la parte della protagonista.
Io ne ho assaggiato le versioni ’17 e ’18, la “vasca” della ’20 e saltato una ’19 che in bottiglia non ci è andata.
Poi una “naturale” nata per caso a fine vendemmia che spara 15° e sembra gasolio (detta così pare brutto ma, avrà fermentato a 40° e non ha un difetto uno! Magari fossi un Diesel: verrei sempre qui a fare rifornimento), ed infine quella dolce che sarebbe andata in bottiglia di lì a pochi giorni.
Oggi, tuttavia, è giorno di Bellone.
“AZADEH”, forse, non è il “biglietto da visita” dell’Azienda ma rappresenta al meglio l’idea che Luca ha del vino, a cominciare da un nome che significa “Libertà” in Curdo, da un logo pensato dal figlio Gianmarco e da uno “spazio nero” di cui Vi invito a scoprire il senso.
Ha fatto un percorso stranissimo: lasciato in macerazione per 24h nella pressa, il pigiato è stato poi pressato il giorno successivo.
Messo in due botti (castagno “cerato”), il liquido ha trascorso tutta la sua vita lì dentro (incluse, magari, anche un paio di malolattiche).
Le fecce?
Tolte dopo un anno!
Come fai a descrivere un vino come questo?!
È complicato descrivere qualcosa che cambia in continuazione, ma bellissimo seguirne la vita facendo finta di dimenticarselo nel bicchiere o cercando di far durare la bottiglia per più giorni.
Forse non dovrei dirlo ma è un vino ed al contempo la sua antitesi: non si presta ad abbinamenti (almeno non nella mia concezione degli stessi, per quanto liberale essa sia).
È un vino da bere per il piacere di berlo e forse, proprio per questo suo essere a suo agio lontano dal cibo, è anche lontano dal mio concetto di vino.
Ora lascio che siate Voi a raccoglierne la sfida: cercatelo (Luca ne ha fatte solo 800 bottiglie, quindi…), compratelo (il prezzo lascio che sia “misterioso” come il vino cui si riferisce), “studiatevelo” e pensateci su.