LA PASTA SECCA
Dal punto di vista merceologico, le paste alimentari si suddividono in secche, fresche e speciali e tutte sono disponibili in diversi formati e misure.
Il 90% degli acquisti degli italiani è rivolto alla pasta secca.
In termini di produzione, la pasta prodotta e commercializzata in Italia deve rispettare quanto stabilito dalla Legge 580/67 e s.m. secondo la quale gli unici ingredienti ammessi nella produzione di pasta secca sono unicamente l’acqua e la semola di grano duro.
Questa legge è nota anche come “legge di purezza” (un po’ come quella tedesca riguardante la birra) ed è alla base di quegli standard qualitativi della pasta italiana.per merito dei quali, l’utilizzo esclusivo di sfarinati di grano duro, garantisce al prodotto finito di rimanere al dente conferendogli anche il tipico aroma in cottura.
In letteratura, viene riportato che una pasta secca di buona qualità deve presentare un colore giallo ambrato, omogeneo in controluce (senza punti neri o bianchi, bolle d’aria o incrinature) e deve spezzarsi con un suono secco mostrando una sezione non farinosa.
Inoltre deve avere odori e sapori non estranei (acidità, muffa…), deve “tenere la cottura” rimanendo consistente ed elastica, assorbire acqua aumentando di peso e di volume anche due o tre volte limitando le perdite di acqua di cottura.
Tale legislazione, se da un lato pone limiti alle imprese, dall’altro contribuisce a mantenere l’immagine di un prodotto di alta qualità a livello mondiale.
LA QUALITÀ TOTALE DELLA PASTA SECCA
La definizione di qualità espressa dalla norma UNI EN ISO 8402 prevede, accanto alla qualità richiesta dal consumatore (qualità percepita), determinata da fattori soggettivi ed oggettivi e dipendente dal momento e/o dalla situazione, anche una qualità perseguita dalle industrie che riguarda la tecnologia e la sicurezza alimentare (qualità oggettiva).
I fattori che concorrono a determinare la qualità di un alimento pertanto sono numerosi, anche perché nel tempo la società ha aumentato e diversificato notevolmente le sue richieste in termini di qualità, sia sotto il profilo alimentare, chiedendo sempre più di produrre alimenti con caratteristiche positive, sia sociale applicando le nuove concezioni di multifunzionalità, sia per quanto riguarda la sfera ambientale, prevedendo l’uso razionale e la valorizzazione delle risorse naturali.
Nel caso della pasta secca alimentare, la definizione di qualità comprende diversi tipi di valutazione e, di conseguenza, diversi tipi di standard qualitativi.
I punti chiave per il posizionamento qualitativo del prodotto sul mercato sono legati fondamentalmente al prezzo ed ai parametri che incidono realmente sulla qualità della pasta di semola.
Per soddisfare i criteri e le aspettative del consumatore, quindi, le caratteristiche qualitative che la pasta deve possedere sono l’uniformità nel colore, l’aspetto superficiale, la buona tenuta alla cottura e la buona resistenza alla masticazione.
Dal punto di vista della qualità tecnologica oggettiva, le caratteristiche qualitative sono determinate dalla scelta delle materie prime e delle tecnologie di produzione impiegate.
Di conseguenza, avremo un ampio panorama di prodotti distinti per abitudini e frequenza di consumo, proprietà organolettiche e nutrizionali, posizionamento di prezzo sul mercato.
Considerando però il concetto di qualità in maniera più estesa, la cosiddetta “qualità totale”, ad essa contribuisce anche la capacità del produttore di comunicare con i consumatori in maniera trasparente, veritiera e chiara, fornendo non solo le informazioni obbligatorie per legge, ma anche indicazioni su tutti gli altri aspetti che concorrono a definire l’identità e la peculiarità della pasta secca Made in Italy (es. cultivar di grano selezionate, origine del grano, tecnologie produttive adottate, tabelle nutrizionali, conformità del prodotto alla tradizione, ecc.).
LE TECNOLOGIE DI PRODUZIONE
Anche se a livello normativo sono richiesti requisiti ben precisi per quanto riguarda la qualità delle materie prime, nessun vincolo viene imposto alla scelta delle tecnologie produttive per la pastificazione.
Ma la qualità della pasta, oltre che dalle caratteristiche degli ingredienti, dipende anche da un processo di lavorazione che può modificare grandemente il profilo aromatico del prodotto finito (agendo sui diversi componenti della semola) o condizionarne il comportamento in cottura (agendo sulla competizione tra amido e proteine).
Nonostante l’esperienza secolare dei pastifici italiani, il processo produttivo è tutt’oggi in continua evoluzione e, se agli inizi del secolo scorso la produzione artigianale conferiva al prodotto finito caratteristiche uniche in base alla regione di provenienza, oggi i procedimenti produttivi sono sostanzialmente identici sia per i pastifici artigianali che per quelli industriali.
Individuando in impasto, estrusione, essiccazione e confezionamento le quattro fasi principali del processo produttivo, possiamo dire che l’innovazione tecnologica più rilevante degli ultimi anni è stata l’introduzione dell’essiccazione ad alta temperatura.
Ed è qui che si possono cogliere differenze sostanziali tra i diversi pastifici, laddove questi possono operare con modalità e tempi differenti spaziando da metodi tradizionali e temperature anche molto al di sotto dei 60°C (Low Temperature) e tempi di essiccazione variabili da 24h a diversi giorni (Long Time), fino a temperature oltre i 100°C (Very High Temperature) e tempi anche inferiori alle 3h (Short Time).
Ora, se da un lato tali innovazioni tecnologiche hanno contribuito a ridurre i costi di produzione, ad aumentare igienicità e costanza nella qualità del prodotto ed a migliorarne la qualità in cottura, non bisogna perdere di vista il fatto che le modificazioni che avvengono durante i processi produttivi più “hard”, influiscono sensibilmente su alcune proprietà sensoriali del prodotto appiattendone il gusto, modificandone il colore ed apportandovi un non trascurabile danno termico-nutrizionale.
L’INFORMAZIONE DEL CONSUMATORE ED IL SUO CONTRIBUTO ALLA “QUALITÀ TOTALE”
La Circolare 168/2003 del Ministero delle Attività Produttive sancisce che la qualità della pasta non dipende dalla qualifica artigianale o industriale del produttore e del metodo produttivo ma solo dalle sue caratteristiche organolettiche, chimico-fisiche e nutrizionali (vale a dire che la “qualifica” di una azienda non può essere trasformata in valore aggiunto dal punto di vista qualitativo).
Tuttavia, il consumatore, al momento dell’acquisto, indirizza la propria scelta in funzione di diversi fattori, tra i quali sicuramente il prezzo e l’abitudine a preferire una certa marca.
Quando però andiamo a cercare conferma di alcune caratteristiche del prodotto sulla confezione, non sempre siamo confortati da quanto riportato in etichetta.
Se ad esempio acquistiamo una pasta con la dicitura “Made in Italy”, siamo portati a pensare che questa sia prodotta con grano italiano anche se questo vuol dire solo che la lavorazione delle materie prime è avvenuta in Italia ma non ne certifica la provenienza.
La stessa dicitura “100% Grano Italiano” non attesta la qualità superiore del prodotto, dipendendo questa, oltre che dalla qualità della materia prima impiegata, anche dalla capacità di trasformarla in maniera “adeguata”.
Purtroppo, a discapito della cultura pastaria di cui siamo depositari, troppo spesso siamo portati ad associare espressioni come “prodotto artigianale” piuttosto che “di qualità superiore” a fasi secondarie del processo di lavorazione o ad elementi di dettaglio come l’origine del grano che non hanno alcuna incidenza reale sulla qualità della pasta, a discapito dell’onestà dei produttori e della corretta tutela dei consumatori.
INDICATORI CONVENZIONALI VS NUOVI MARKER MOLECOLARI
Caratterizzare un alimento in base a parametri oggettivi e, magari, misurabili, è fondamentale per tutelarlo sul mercato.
Parlando della pasta, i principali parametri di qualità misurati sono: colore, tenuta in cottura e proprietà di texture.
I controlli in materia effettuato normalmente dai Produttori, riguardano prevalentemente quei fattori che sono direttamente correlabili con la “qualità percepita” richiesta dal consumatore.
Tuttavia vengono trascurati completamente quegli aspetti nutrizionali e tecnologici che sono invece fondamentali per definire la qualità totale della pasta e che, pur non essendo direttamente percepiti al momento del consumo sono fondamentali per differenziare i prodotti “Premium Price” da quelli di costo inferiore.
Tra l’altro non viene mai preso in considerazione il flavour, vale a dire la combinazione di sapore ed aroma della pasta, pur essendo esso discriminante nelle scelte dei consumatori e potenzialmente utilizzabile per valorizzare i prodotti che, in cottura, conservano maggiormente il tipico flavour di grano maturo nel pieno rispetto della tradizione pastaria italiana.
L’utilizzo dei marker cosiddetti “molecolari” consentirebbe dunque di definire la qualità totale degli alimenti relazionandola alla qualità delle materie prime, alle tecnologie produttive ecc.
CAMBIAMENTI DI COMPOSIZIONE DURANTE IL PROCESSO PRODUTTIVO DELLA PASTA
Le varie fasi del processo di pastificazione inducono processi di modificazione della semola di grano duro che coinvolgono le tre categorie di macronutrienti (glucidi, protidi e lipidi) attraverso reazioni chimiche e/o biologiche che determinano importanti cambiamenti sul piano nutrizionale, organolettico e tossicologico.
Tali parametri andrebbero dunque monitorati e modulati al fine di arrivare ad un prodotto finito che abbia buone proprietà di texture e cottura, colore giallo omogeneo, flavour simile a quello del grano maturo, minime perdite degli amminoacidi essenziali e minima formazione di composti con effetti antinutrizionali.
FUROSINA: MARKER DEL DANNO TERMICO E DEL VALORE NUTRIZIONALE
Il danno termico subito dalle semole durante la pastificazione è dovuto alla reazione di Maillard e può essere quantificato misurando la quantità di particolari molecole quali la furosina che, essendo correlata al contenuto proteico del prodotto, può essere presa a misura della qualità delle semole di partenza.
La reazione tra zuccheri semplici e lisina da cui deriva è un processo irreversibile che rende definitivamente indisponibile l’amminoacido e ne determina una perdita più o meno importante rispetto ai valori inizialmente presenti nella semola.
Oltre al danno nutrizionale derivante dalla perdita di un amminoacido essenziale, elevate concentrazioni di furosina indicano anche elevati contenuti di AGEs (quei composti chimici che derivano dalla combinazione degli zuccheri con le proteine o i grassi).
I livelli di AGEs presenti nel nostro organismo, derivanti dalla somma tra quelli di natura endogena e quelli assunti con la dieta, determinano alterazioni che favoriscono l’insorgere di patologie dannose per la salute.
I fattori che ne favoriscono la formazione sono ancora una volta le temperature, i tempi ed il tipo di cottura utilizzato nella produzione degli alimenti.
Tenere sotto controllo il contenuto di furosina negli alimenti trasformati come la pasta, potrebbe essere dunque utile per limitare l’assunzione di AGEs esogeni e promuovere allo stesso tempo il consumo di prodotti il cui contenuto iniziale di lisina sia stato preservato grazie a processi produttivi che utilizzino basse temperature e lunghi tempi di essiccazione.
Tuttavia, se le temperature di essiccazione dovessero essere particolarmente elevate, la stessa furosina andrebbe a modificarsi in altre molecole e la sua sola misurazione non sarebbe più un parametro utile (ma qui il discorso si complica ulteriormente).
Se è vero che l’impoverimento in amminoacidi essenziali subito dal prodotto ed il suo contenuto in AGEs sono parametri che il consumatore non può valutare direttamente, è anche vero che potrebbero essere inseriti nelle informazioni nutrizionali presenti sulle confezioni.
Inoltre, anche se la perdita di valore nutrizionale della pasta può essere recuperata integrandovi il condimento, va anche giustamente sottolineato il fatto che l’aggiunta di proteine animali alla pasta ha un costo decisamente superiore a quello delle proteine delle semole di partenza.
Nonostante il contenuto in furosina della pasta secca non sia, allo stato attuale, sottoposto ad alcun limite di legge (come lo è invece per il latte crudo ed i formaggi), potrebbe essere uno strumento utile per dare al consumatore una informazione chiara sulla veridicità di diciture quali “pasta essiccata lentamente a bassa temperatura” spesso presenti sulle confezioni.
Potrebbe inoltre rappresentare un buon sistema per smascherare quei prodotti che, pur utilizzando semole scadenti, vangano sottoposti intenzionalmente a processi HT/VHT-st per migliorarne le proprietà in cottura e commercializzarli poi come “prodotto artigianale” o di “qualità superiore”.
COMPOSTI VOLATILI: MARKER DEL FLAVOUR E DEL PROCESSO DI ESSICCAZIONE
Alla definizione di flavour, contribuiscono numerose sostanze volatili presenti spesso solo in tracce.
Queste sono poi fondamentali nella valutazione della qualità di un alimento e diventano il discrimine nella scelta di un prodotto rispetto ad un altro da parte del consumatore quando siano fatti salvi sicurezza alimentare e apporto nutrizionale perchè impartiscono allo stesso caratteristiche organolettiche positive o sgradevoli.
Aroma e sapore: due cose su cui, dunque, puntare per differenziare tra loro i prodotti.
Diversi sono gli studi che recentemente mirano a mettere in relazione la composizione quali/quantitativa del profilo del flavour delle paste secche con i diversi processi di essiccazione cui sono state sottoposte.
A tale scopo la misura quantitativa del profilo aromatico di numerosi campioni di pasta è stata messa in relazione con quella dei livelli di furosina degli stessi, misurati per verificare se effettivamente quest’ultima potesse essere considerata un marker affidabile per diversificare i prodotti “Premium Price” realizzati con metodi tradizionali da quelli industriali ottenuti in impianti che operano in continuo e che hanno prezzi più bassi.
Obiettivo principale era sempre quello di verificare se le informazioni eventualmente fornite dal produttore sulle tecnologie utilizzate (lavorazione artigianale, tipo di trafila, processo di essiccazione…) fossero correlate al contenuto di specifici marker molecolari analiticamente misurabili.
Questo consentirebbe di ricostruire la “storia termica” dei campioni analizzati permettendone la valorizzazione commerciale qualora prodotti con metodi tradizionali.
Ma soprattutto consentirebbe al consumatore di effettuare una scelta consapevole, informata e non orientata unicamente dal prezzo di vendita o fuorviata da pubblicità spesso ingannevoli.
RISULTATI
Quanto emerso da tali studi consente di affermare che c’è una netta separazione tra la pasta prodotta con metodi “tradizionali” e quella prodotta con un approccio “industriale”.
Le paste prodotte con sistemi LT-Lt sono quelle che hanno evidenziato il profilo aromatico più congruente a quello del grano maturo, cosa che conferisce decisa “positività” all’analisi sensoriale.
Al contrario, le paste essiccate a T°>70° presentano una elevata concentrazione di prodotti derivanti dalla reazione di Maillard.
Questi, con il loro caratteristico odore di tostato/bruciato, tendono a conferire al prodotto finito un profilo del flavour decisamente più piatto.
Da ciò, la possibilità di valutare positivamente o meno un prodotto sulla base dell’aroma percepito all’apertura del pacco od in fase di cottura da parte del consumatore.
Dal punto di vista industriale poi, essendo la possibilità di monitorare in continuo la formazione dei composti volatili durante le varie fasi del processo produttivo molto più semplice ed immediata che non misurare la quantità di furosina, si potrebbe utilizzare tale metodo per modulare l’intensità del trattamento termico ai fini del miglioramento delle caratteristiche organolettiche del prodotto finito.
CONCLUSIONI
La pasta, lo ripeto, è uno dei componenti principali della nostra dieta quotidiana.
La qualità di alcune paste italiane è il frutto della combinazione tra l’impiego di grani duri selezionati, lunga tradizione produttiva, ricerca tecnologica e sperimentazione.
La Qualità totale della pasta ed il suo (teoricamente conseguente) posizionamento in una determinata fascia prezzo, si realizza dunque selezionando opportunamente le materie prime e le tecnologie produttive, valorizzando il prodotto finito con informazioni esaustive e pubblicità non ingannevoli nel pieno rispetto del consumatore.
La legge, pur imponendo il rispetto di alcuni requisiti minimi per quanto riguarda le materie prime, non da indicazioni sulle scelte produttive nè pone vincoli in materia di confezionamento ed etichettatura.
Questo rende la scelta del consumatore particolarmente difficile limitandola unicamente al prezzo di vendita od alla preferenza di una marca rispetto ad un’altra, fattori che non costituiscono necessariamente una garanzia di qualità superiore della pasta acquistata.
In aggiunta alle caratteristiche della pasta che il consumatore può valutare direttamente (colore, proprietà in cottura…) vi sono poi numerose importanti peculiarità qualitative strettamente dipendenti dal processo produttivo, non direttamente percepibili ma più o meno quantificabili mediante la misura di specifici marker, ovvero di composti chimici che si sviluppano nel prodotto alimentare durante i trattamenti tecnologici cui questo è sottoposto, modificandone la composizione e, di conseguenza, le proprietà nutrizionali e sensoriali.
Il marker scelto per misurare le prime è la furosina, le seconde possono essere invece messe in relazione al flavour ed ambedue sono strettamente correlate ai processi di essiccazione utilizzati (LT-Lt o HT/VHT-St).
Dalle ricerche effettuate è risultato evidente che l’utilizzo di mild technologies consente di ottenere prodotti finali con caratteristiche organolettiche e nutrizionali in grado di rappresentare un valore aggiunto che può essere utilizzato sui mercati nazionali ed internazionali per difendere le produzioni tradizionali di pasta secca Made in Italy.
Dal punto di vista “legale” infine, un controllo qualitativo della pasta secca basato sulla misura dei marker di cui si è parlato sopra, consentirebbe facilmente di individuare eventuali frodi in commercio derivanti da paste vendute come prodotti TOP ma, in realtà, non conformi a quanto dichiarato in etichetta.