Still ladies, still Sauvignon Blanc: ormai sono finito in loop!
Lo so, forse state cominciando a stancarVi di assaggiare Sauvignon Blanc (tra l’altro, sempre ‘sto clone R3 che tanto mi piace) ma ‘sto periodo m’ha preso così…
Il Bordolese e la Valle della Loira se ne contendono l’incerta provenienza e, a seconda delle zone di produzione, viene utilizzato per produrre dai vini liquorosi ai bianchi secchi e leggeri.
Friuli Venezia Giulia ed Alto Adige sono da noi le zone di eccellenza per questa cultivar ma, stavolta, Vi porto decisamente più a Sud.
Siamo a Zagarolo (quello dell’Ultimo tango di Nando Cicero), tra i calcari dei Monti Tiburtini e gli ultimi tufi del Vulcano Laziale.
La CANTINA DEL TUFAIO che nasce nel 1994 per mano di Claudio (Loreti) e di sua moglie Maria, non è che il proseguimento di una storia iniziata nel 1881 (epoca cui risale la grotta profonda 16 metri scavata a mano nel tufo ed utilizzata per l’affinamento dei vini).
Una scommessa continua che, dalla scelta di impiantare Pinot Bianco in una zona così, alla volontà di creare il primo Metodo Classico (rigorosamente Pas Dosè), arriva oggi, grazie alla spinta femminile di Nicoletta, alla sfida di quei vini naturali che ancora non digerisco ma che mi impegno costantemente a studiare (e questi del Tufaio meritano un capitolo a parte).
Rese tendenti al basso (diciamo poco più di un chilo per pianta) e pazienti attese in cantina danno 20000 bottiglie, 10 etichette e tante idee nuove cui è dovuto un approfondimento nel breve termine (prometto).
Tra queste, il caso vuole che, chiacchierando con Nicoletta e Davide (Teti), “ANNIKÈ” mi tenda un agguato.
Dedicata proprio a Nicoletta, ecco a voi una bottiglia tutt’altro che banale di un’annata tutt’altro che banale.
Dovete avere pazienza con lei: stapparla FREDDA e porVi all’ascolto.
Niente “pipì di gatto”, ma un cesto di frutta che svetta verticale.
Aspettate che le nebbie di banana matura si dissolvano e scoprirete come ogni singolo frutto ha una sua precisa collocazione e confini ben definiti, pompelmo e bergamotto si contendono il primato senza riuscire però ad annullare del tutto una vegetalità di pomodoro e salvia.
Nonostante la freschezza e la pazzesca sapidità che chiederebbero ben più del secondo bicchiere, non è un vino da bere e basta.
E forse mi piace un sacco proprio per questo suo essere parte integrante di quella tavola da cui le nostre elucubrazioni da pseudo-assaggiatori vorrebbero estrapolarlo.
In attesa di leggere delle altre etichette (e di un sacco di altre cose tra cui di quel numero 660 che mi ha steso letteralmente per potenza comunicativa), questa la potete acquistare con ca. 20€.