Introduzione
La pasta, uno degli alimenti su cui si basa l’alimentazione in Italia, è da tutti riconosciuta (esperti della nutrizione compresi), come uno degli alimenti che contribuisce a migliorare la qualità della vita.
L’elevata densità energetica (350 kcal/100 g) ed il basso contenuto in grassi, sono caratteristiche nutrizionali che ne fanno raccomandare un consumo regolare nell’ottica di una sana e corretta alimentazione.
È uno dei pilastri di quella “dieta mediterranea” che l’UNESCO ha innalzato a patrimonio culturale immateriale dell’Umanità e che WHO e FAO indicano come “modello alimentare salutare, sostenibile e di qualità”.
La sua filiera produttiva raccoglie circa 6000 imprese di varie dimensioni che sono l’apice di un indotto che, passando per l’industria di trasformazione delle semole, influisce anche e non poco su un’ampia fetta del comparto agricolo nazionale.
Se poi parliamo di export, è suo il quarto posto nelle voci più importanti (dopo il vino, le conserve vegetali e le carni preparate), cosa che contribuisce non poco all’immagine che tradizionalmente il mondo ha del made in Italy.
Ciascuno di noi ne mangia circa 28 kg, vale a dire quasi il triplo di quanta se ne consuma in qualsiasi altro paese.
Certo non si può nascondere una certa crisi del settore che lascia spazio all’ingresso di alcuni competitor stranieri ma, l’enorme patrimonio economico e culturale rappresentato dalla pasta viene strenuamente difeso dai produttori che, in un’ottica anche protezionistica, cercano di portare avanti una rigorosa politica di qualità.
Alla pasta secca spetta sicuramente la quota di mercato maggiore e diversi sono i fattori che contribuiscono all’elevato standard qualitativo di molti produttori.
Una lunga tradizione produttiva, anni di ricerca e l’utilizzo di semole di grani duri della migliore qualità sono alla base di questo successo.
Dal punto di vista legale (Legge n. 580/67 e successive modifiche) è prescritto l’obbligo di utilizzare solamente grano duro ma nessun vincolo è posto al processo produttivo.
Diversamente, in altri Paesi, si può produrre pasta anche con sfarinati di grano tenero e questa può benissimo venir venduta in Italia a patto di rispettare l’obbligo di una denominazione di vendita ben precisa (es. pasta di semola di grano duro e di farina di grano tenero).
Dal punto di vista legale è anche fondamentale porre l’accento sul fatto che per il Ministero delle Attività Produttive, la qualità della pasta di semola di grano duro non dipende da una eventuale qualifica “artigianale” o “industriale” del Produttore e/o del metodo produttivo, ma esclusivamente dalle sue caratteristiche organolettiche, chimico-fisiche e nutrizionali (e qui si potrebbe aprire un altro infinito dibattito).
La Furosina
I numerosi prodotti pastari presenti sul mercato, differiscono tra loro per caratteristiche della materia prima e del processo produttivo.
L’essiccazione rappresenta senza dubbio il parametro fondamentale per quella che sarà la qualità finale di una pasta di semola di grano duro ed i suoi parametri critici sono temperatura e tempo.
Per quanto riguarda quest’ultimo, si va dalle 24-60 ore (dipendendo dal formato) dei procedimenti a T° < 60°C alle 2-3 ore dei procedimenti ad alta temperatura.
In linea generale, i procedimenti a bassa temperatura limitano il “danno termico” non alterando la struttura del glutine e mantenendo intatte le caratteristiche organolettiche e nutrizionali del prodotto.
Tuttavia, la grande industria fa largo uso di procedimenti veloci ad Alta (60-80°C) o Altissima temperatura (>100°C) che “mascherano” dietro i pro di una riduzione di contaminazione microbica ed del miglioramento del comportamento della pasta in cottura, la necessità di abbattere i costi di esercizio aumentando la produttività dell’impianto.
Le alte temperature favoriscono però la formazione di prodotti della reazione di Maillard che causano cambiamenti nella composizione del prodotto finito.
Evitando di scendere nei dettagli delle reazioni che hanno luogo durante la reazione di Maillard, mi limito a dire che durante la fase di essiccazione della pasta, questa produce via via dei cambiamenti nelle proprietà funzionali, nel valore nutrizionale del prodotto (blocco o distruzione della Lisina), nell’aroma ed infine nel colore.
A misura della quantità di Lisina non più disponibile, si è concordi ad utilizzare la quantità di Furosina sviluppatasi in quanto marker assolutamente affidabile del danno termico e nutrizionale subito dagli alimenti nel corso della lavorazione.
Detto questo, va da sè che il livello di Furosina potrà essere utilizzato per esaltare il valore aggiunto di quelle paste prodotte con metodi a bassa temperatura rispetto alle altre, nonostante tale livello non sia sottoposto ad alcun limite normativo.
I sistemi di analisi, i risultati e…le CONCLUSIONI
Purtroppo, allo stato attuale, i metodi analitici per determinare la Furosina sono lunghi e laboriosi e, soprattutto nel caso della pasta, poco idonei a misure quantitative
Buoni risultati si sono tuttavia ottenuti utilizzando una colonna cromatografica che ha consentito di verificare quanto atteso in teoria e cioè che nei prodotti “industriali” la concentrazione di Furosina è particolarmente elevata, lasciando supporre che i valori più alti riscontrati siano ascrivibili a metodi di essiccazione ad altissima temperatura.
Procedimenti di essiccazione a bassa temperatura portano a valori di furosina estremamente più bassi.
La cosa singolare ed in parte “disturbante” è che in diversi campioni di pasta “artigianale” i livelli di Furosina risultino paragonabili a quelli “industriali”, lasciando supporre che numerosi prodotti presenti sul mercato con dicitura “pasta artigianale” siano in realtà essiccati a T° >60°C.
Gli stessi dati sperimentali, evidenziano come i livelli di Furosina siano influenzati anche dal formato della pasta, attestandosi sui valori maggiori nei formati “lunghi”.
È tuttavia appurato che il contenuto di Furosina è un buon indice del danno termico subito dalla pasta durante la lavorazione, un marker sensibile al processo di essiccamento adottato ed un potenziale parametro per “smascherare” eventuali prodotti ingannevoli.