IL DOVE
Dal bacino imbrifero del Gran Sasso alla sua triplice sorgente (da cui il nome) nel comune di Capestrano, le acque del Tirino hanno già percorso 25 dei circa 40 km che devono fare prima di gettarsi nell’Aterno-Pescara all’imbocco delle gole di Popoli.
Nell’alta valle di questo corso d’acqua, troviamo quel paese di Ofena che, oltre a rappresentare, con la Valle Peligna, quella che viene comunemente considerata la culla d’origine del Montepulciano d’Abruzzo ed una delle zone da sempre vocate alla viticoltura
Dal “Guerriero di Capestrano”, alle necropoli italiche, agli antichi borghi di Rocca Calascio e Santo Stefano di Sessanio, fino ai tesori naturalistici del Parco Nazionale del Gran Sasso e dei Monti della Laga, tanti sarebbero i motivi per fare un salto qui, in provincia de L’Aquila.
Enologicamente parlando, l’Alta Valle del Tirino (nel cui territorio ricade il comune di Ofena) rappresenta, insieme alla Valle Peligna, la zona d’origine del Montepulciano d’Abruzzo ed i suoi vini godono da sempre di una fama che ha varcato i confini della Regione.
IL TERRITORIO
Qui, un Territorio unico non solo in Italia, ha aiutato la storica “cocciutaggine” abruzzese invitando i viticoltori a sperimentare e sviluppare.
Se dovessi descrivere con una sola parola le caratteristiche pedoclimatiche del territorio di Ofena, questa sarebbe: UNICHE!
Quota: quasi 500m slm.
Escursioni termiche molto forti: il forte irraggiamento solare e la spiccata “continentalità” favoriscono il raggiungimento di temperature molto elevate (da cui il nome di “forno d’Abruzzo“) che contrastano con le altezze delle vette appenniniche e la breve distanza dal Calderone (quello che è, anche se purtroppo in rapida fase di estinzione, l’unico ghiacciaio del Centro Italia).
Terreni fortemente calcarei in grado di apportare grande mineralità ai vini.
IL CHI, IL QUANDO E LA FILOSOFIA
Adolfo De Cecco, viene da un mondo diverso da quello del vino.
Una famiglia alle spalle di, storicamemente, pastai (e perchè no, “calciatori”) ma l’imprenditorialità non è cosa che si inventa.
2015 l’anno della svolta.
Si diploma sommelier, e cerca a Bordeaux un enologo che possa aiutarlo a produrre i vini che sogna, a partire da quel Montepulciano che vorrebbe diverso dall’immagine comune che in molti si sono fatti negli anni.
Lo trova in Thomas Duroux (Chateau Palmer) che lo accompagna in giro per l’Abruzzo.
Moderni esploratori, arrivano in quel di Ofena e capiscono che quello è “IL” posto che stavano cercando.
Qualche vendemmia in “affitto” per rendersi conto di quello cui poteva aspirare.
La prima annata di INALTO ROSSO vede la luce grazie alla collaborazione iniziale con la Famiglia Gentile, che da sempre possedeva alcuni tra i terreni migliori del comune di e da sempre aveva lavorato duro affinchè la tradizione di qualità non venisse meno (sono stati gli unici a riuscire nell’impresa di continuare la produzione del Pecorino dopo la storica gelata tardiva del 2016).
Poco tempo dopo, Adolfo approfitta di quella che vede come un’occasione unica e perfeziona l’acquisto di 8ha di territorio (non poco parcellizzato) per dedicarsi completamente alla valorizzazione del Territorio e dei vitigni che lo rappresentano (Montepulciano, Trebbiano e Pecorino) e con lo scopo di produrre in proprio un’etichetta che si inserisca subito e di diritto nella fascia medio-alta del mercato.
Nel breve, a quella iniziale, si aggiungono altre due etichette INALTO BIANCO ed un CERASUOLO.
INALTO è però molto più di un’etichetta, è un obiettivo!
E che il suo raggiungimento presupponga continua ricerca e dedizione, lo dimostrano le acquisizioni di altri 5ha (suddivisi in due appezzamenti) in quella Valle Subequana che, nel XIII Sec. era quasi completamente vitata e che ora, a quote comprese tra i 700 e gli 800m slm vede nascere nuovi impianti di Montepulciano e Trebbiano che contribuiscono anche al recupero di un territorio purtroppo, in gran parte, abbandonato.
Bassissime rese, forse una bottiglia per pianta, da impianti che, alle quote più alte, sono coltivati nella forma che preferisco: l’alberello.
I VINI
Vabbè, fin qui la storia (che spero di approfondire presto con il Produttore), ma i vini?
INALTO “ROSSO“
2016 ed ancora “in fasce”.
Una marasca violacea che riempie il calice.
Il naso è quello dei boschi, celtico lo potrei definire.
Ma se c’è una cosa che mi colpisce al di là dei canonici frutti rossi e della solita prugna, è il ricordo pietroso delle dure montagne d’Abruzzo.
Un sorso coerente aiuta a districare la complessità del naso rivelando quelle note ematiche di bistecca quasi ferrose, che rimandano al passato guerriero dei popoli italici.
Tannini morbidi ed integrati a collaborare con una “peposità” intrigante.
Un Montepulciano d’Abruzzo fuori dagli schemi, tradizionale nella struttura ma moderno nel sorso dinamico ed ammiccante.
La prima etichetta aziendale che ho assaggiato, si conferma come un vino “pazzesco”.
Abruzzo Bianco DOC “INALTO“
Un calice oro brunito quasi contrasta con la raffinata freschezza che si rivela al naso.
Attacca floreale e vira poi su toni agrumati senza dimenticare una pesca ancora acerba, il tutto in un contesto più bucolico rispetto al ROSSO, dove alle pietraie si sostituisce l’erba dei pascoli.
INALTO in Bianco rende subito chiara la sua personalità: fresca, raffinata e sapida. Una sorpresa per chi si aspetta un Trebbiano semplice. Questo è un vino bianco molto pregiato, fatto per invecchiare e cantare, oltre che da gustare!
Sapido e mineralissimo senza dimenticare l’elegante mandorla finale.
Un bianco che vuole attesa, per l’affinamento e per la degustazione.
Stappate, assaggiate ed aspettate: vi meraviglierà.
Cerasuolo d’Abruzzo Superiore DOC “INALTO“
Lascio volutamente per ultimo quello che è il vino che meglio rappresenta l’Abruzzo anche e soprattutto dal punto di vista storico e tradizionale.
Già Annibale, dopo la vittoria nella Battaglia di Canne (216 a.c.) ne lodò la proprietà di ridare forza ai guerrieri, ma, in tempi più recenti, i contadini, scartato il vino bianco perchè non ritenuto “vino” e non avendo il tempo per produrre un vero Montepulciano (Tinto) erano usi “pasteggiare in rosa”.
L’inaspettato arriva già quando lo versi.
Il colore? Sembra quello dello sciroppo di amarena ma con una luce dentro che acceca!
Staresti a guardarlo per ore, se non fosse che non vedi l’ora di assaggiarlo.
Il naso è quello di uno di quei Montepulciano che già sai di dover grattare piano piano per vedere cosa c’è sotto.
Frutta rossa di bosco croccante? ovvio.
Ma chi si sarebbe mai aspettato cacao e tabacco in un bicchiere così luminoso?
E poi le erbe aromatiche di quel mare che si intravede lontano ed uno spruzzo di origano come su una pizza marinara.
Il sorso è sapido e sorretto da una robusta spalla acida che aiutano a dimenticare quella nota tannica che, anche se i soloni del vino dicono che in un rosato non deve essere valutata, beh…qui c’è e ci sta proprio bene.
Elegante come il Montepulciano ma mooolto più sportivo!
Da bere con la cannuccia (tenendo però conto che 14° non sono uno scherzo).
E POI?
E poi niente!
O meglio: mi restano un sacco di cose da fare: andare in campagna per toccare con mano è la prima.
Poi parlare “de visu” con il produttore, perchè le persone, gli sguardi, le parole, sono importanti.
Da ultimo?
Mettere in cantina qualche bottiglia di queste emozioni per volare INALTO e condividerle con chi le merita.