Antonella (Cantarutti), “donna del vino” (soprattutto non solo in termini di associazionismo), non fa che seguire le orme di papà Alfieri.
1969 l’anno di nascita dell’Azienda che ora segue per la parte commerciale validamente coadiuvata dal marito Fabrizio e dal figlio Rodolfo che si occupano della parte enologica.
50 anni di storia e 50 ettari vitati, molti filari dei quali hanno sono lì sin dall’inizio.
Colli Orientali del Friuli, San Giovanni al Natisone, vista Abbazia di Rosazzo se volete inquadrare il dove.
Antonella ha una grande passione per il Pinot Nero e per le “bolle”, ma a me piace ricordarLa qui in quanto “custode” di gran parte dei vitigni più rappresentativi di questo territorio tra cui, oltre al Pinot Grigio ed allo Schioppettino c’è pure il “Pignolo”.
Quella del Pignolo è in realtà una grande famiglia varietale che ha rischiato seriamente l’estinzione circa settant’anni fa quando, a partire dall’Abbazia di Rosazzo, iniziò nuovamente a popolare quei territori che lo avevano reso famoso sin dal XII sec.
Quello di Antonella è un rosso raro, frutto di passione e, scusate il calambur, di “pignoleria”.
Ci vuole infatti una bella dosa di pazienza e sapienza certosina per dosare acciaio, piccoli legni e cemento fino a raggiungere un risultato finale che sia all’altezza degli sforzi profusi.
Già l’occhio, rubino, intenso e fuorviante, nasconde l’età.
E poi anche il naso lascia qualche dubbio, a dimostrazione che quando si sa usare il legno i risultati si ottengono.
Spiccano i profumi di quei piccoli frutti rossi che colorano il calice e la profonda e fresca mineralità su quelle note terziarie e tostate che ci si aspetterebbe essere preponderanti sbirciando l’annata sull’etichetta (la mia è una 2008).
Eleganti e di grande finezza i tannini che impongono la loro presenza senza far passare in secondo piano quel sorso lungo e perfettamente congruente con il naso e la chiusura fresca ed ammaliante.
Non costa poco (in enoteca a più del mio lecito) ma una volta tanto si può fare una pazzia.