È trascorso un secolo e mezzo da quando la Famiglia di Tommaso (Masciantonio) ha iniziato a lavorare le olive e quasi 100 anni da quando Paolo Masciantonio ha acquistato quell’Azienda che oggi è quel TRAPPETO DI CAPRAFICO che è diventato un vero e proprio uliveto dal 1966.
Un’Azienda da sempre proiettata nel futuro ma con un fortissimo legame con la tradizione evidenziato da un frantoio che è un perfetto mix tra antico e moderno, dove tra granitiche molazze e presse a diaframmi non stonano frangitori, gramole, decanter e stoccaggio in azoto.
E Tommaso è “uomo del futuro” (non l’unico, invero e per fortuna, nell’Abruzzo di oggi); crede nella storia dell’olivicoltura abruzzese ma sa che se non sono i produttori in primis a spingere per migliorare il frutto del loro lavoro, il movimento della Qualità andrà poco lontano.
“Fare rete” è fondamentale, ancor più in una Regione come l’Abruzzo: assolutamente unica per Territorio ed enogastronomia ma ancora “bloccata” da una mentalità troppo chiusa.
Casoli è città ricca di storia e di storie ed ha un profondo legame con quell’olivo che ne caratterizza il paesaggio.
18ha di questo Territorio sono di proprietà della Famiglia Masciantonio.
500m slm vista Majella.
5000 piante di proprietà ed un altro migliaio in affitto.
Gentile di Chieti ed Intosso (autoctono del casolano) la fanno da padrone.
BIO (dal 2001) per scelta quasi obbligata.
Produzione abbastanza costante negli anni (compatibilmente con i rischi intrinsechi in una conduzione biologica) grazie alle caratteristiche pedoclimatiche in cui opera l’Azienda.
Terreno calcareo e ricco di scheletro e pochi rischi parassitari grazie alla scarsa umidità ed al freddo invernale (neve compresa).
4 etichette (aromatizzati a parte) tra cui una DOP Colline Teatine (90% Gentile di Chieti e 10% Intosso), una monocultivar di Intosso di Casoli (presidio Slow Food) ed un’altra monocultivar di Crognalegno.
L’INTOSSO ha un bel fruttato verde di erba tagliata, carciofo, foglia di pomodoro e…verza.
Tutti sentori che ritornano parimenti all’assaggio con l’aggiunta di una bella cicoria di campo ed un pizzico di cardo.
Amaro e piccante di grande equilibrio e intensià.
“CROGNALE “è l’altra monocultivar (di CROGNALEGNO).
All’interno del suo fruttato verde, spiccano i sentori di mallo di noce e spezie.
Anche in questo caso, il palato conferma il naso all’interno di un amaro/piccante di media intensità e buona persistenza.
La DOP Colline Teatine (Gentile di Chieti e Intosso), ha naso e bocca di pomodoro, rughetta ed erba tagliata.
Denota anch’esso un bell’equilibrio tra amaro e piccante ed una buona persistenza gusto/olfattiva.
C’e poi un’altra storia, che è quella del vino.
Pecorino in primis, declinato in due diverse etichette, ed un Montepulciano “misterioso” di cui ho perso le tracce dopo il 2018.
Ma un’altra storia vuole (e merita) un’altra collocazione, e quindi niente: appuntamento alla seconda puntata (intanto io prometto di impegnarmi per rinfrescare la memoria dell’assaggio)…