Sono due anni che TORRE DEI BEATI mi sfugge.
Quest’anno ci riproverò ma nel frattempo continuo ad assaggiare il loro bel lavoro rimanendone ogni volta affascinato.
20ha a 20km dal mare e 20 anni di storia per l’Azienda di Fausto Albanesi ed Adriana Galasso, provenienti da percorsi lontani e convertitisi infine al vino come molti altri amici produttori incontrati negli anni.
Loreto Aprutino è terra di vino da sempre e TORRE DEI BEATI è ormai una realtà affermata che va ad affiancare altri nomi illustri.
Territorio è la parola d’ordine per comprendere l’Azienda.
Dalla scelta dei vitigni rigorosamente autoctoni: Montepulciano, Trebbiano e Pecorino, al rispetto dello stesso anche nella conduzione BIO dei vigneti.
Idee concrete ed a volte coraggiose sono alla base di una filosofia aziendale che pone la tradizione al centro del proprio progetto enologico.
I loro vini sono maledettamente descrittivi del substrato argilloso-calcareo di questo lembo d’Abruzzo che butta un occhio all’Adriatico ed è sorvegliato dalla Majella.
Se dovessi descriverli in due parole, direi: puliti e minerali.
Ed in questo quadro di rispetto, non potevo non porre l’accento su quello che è forse il prodotto che più rappresenta la Regione in un bicchiere.
Storicamente, in Abruzzo, l’unico vino ad essere considerato tale era quello “rosato”.
Il bianco non era vino ed il rosso veniva chiamato “tinto”.
Oggi, il Cerasuolo d’Abruzzo, non solo subisce spesso l’onta dell’oblio (ahimè sorte comune a tutti i vini rosati), ma viene addirittura privato della possibilità di dichiarare con orgoglio il vitigno di provenienza in etichetta.
Ma TORRE DEI BEATI continua il suo percorso in direzione ostinata e contraria.
Il suo Cerasuolo si chiama “ROSA-AE“.
Declinazione latina che mi riporta agli anni del liceo e che sembra rappresentare quel dualismo produttivo che vorrebbe obbligarci a scegliere tra vinificazione in bianco e salasso.
Qui la rosa c’è in etichetta, al naso ed al palato, con un robusto contorno di lampone in una densa nuvola di liquirizia.
Molto lungo l’anglosassone sorso, dove una sapidità potente alza la testa tenendo botta al finale elegantemente chinato.
In enoteca a circa 9€.