Chi è
Federico (Artico) è giovane (beato lui) e bravo!
Classe 1985 e studi umanistici alle spalle, non lo classificherei tra i vignaioli “per passione”, ma tra quelli “per vocazione”.
Un po’ come ingegneri e carabinieri, vignaioli si nasce e Federico, modestamente, “lo nacque”.
Appartiene a quella ormai folta categoria di vignerons che riprendono in mano la passione dei nonni con sguardo attento al futuro e radici ben piantate nella tradizione.
Cosa mi ha spinto a conoscere Federico?
Oltre al buono, il bello
Sarà banale e sarà quello che ha spinto tanti altri a farlo, ma basta guardare il packaging dei suoi vini per capirlo.
In un universo di ridondanza e classicismi, le sue etichette acchiappano proprio!
Nascono da una forte collaborazione con quel grande street-artist che è DIAMOND, raccontano ciascuna una storia (ma qui occorrerebbe aprire un capitolo a parte) e, tutte insieme, l’anima di Federico.
Ti attirano come le sirene di Ulisse, ti irretiscono, poi stappi e ti trovi di fronte ad un vino che non credevi.
Se sei un consumatore “di nicchia”, un “estremista del vino”, uno di quelli cui piacciono le “puzzette” perchè fanno figo e credi che solo il vino di zio Tonino abbia un perchè, allora resterai fregato.
Federico fa vini da bere prima che da capire.
In fondo, cosa ci sarà mai da capire in un vino?
Cosa potrà mai raccontarti un vino che non sia il terroir cui è collegato e le emozioni che lo stesso scatena quando lo conosci!
I vini di Federico sono così: sinceri, schietti, raccontano quegli 11ha del Parco Regionale dei Castelli Romani di cui Lanuvio fa parte ma, e consentitemi di dire “una volta tanto”, raccontano soprattutto Federico.
Dinamismo a 360°
Federico non è solo giovane, è anche pratico e dinamico.
Pratico e dinamico vuol dire che lo è anche fuori dalla vigna, laddove bisogna sapersi proporre, ad un pubblico ormai sempre più vasto e variegato, con un piglio ed una visione d’insieme che spesso viene trascurata da Aziende anche blasonate.
Federico ha in grande considerazione sia la campagna che il mondo che la circonda, e sa benissimo che non si può prescindere da questo e da quelli che sono i moderni sistemi di comunicazione.
Anche in un momento particolare come quello dell’imposta quarantena che ci ha costretto a casa per oltre 2 mesi, il tam tam di “Artico a casa tua” che proponeva le consegne a domicilio ha riempito pagine di Instagram e Facebook sostituendosi a quello degli ormai sempre più rituali “aperitivi social” che lo vedevano coinvolto in prima persona nel far conoscere il suo lavoro ed i suoi “lavori”in giro tra wine-bar ed enoteche.
Pur conscio dell’importanza sempre maggiore che le “aberranti” degustazioni virtuali hanno ora ed avranno nell’immediato futuro, Federico rimane fedele all’idea del vino come “condivisione” reale di un piacere quell’idea ben evidenziata dagli ormai famosi e strategici hashtag #panefapanzavinofadanza e #vinobonotavolalunga.
Ed in questo mondo dominato da social-media, influencer e quant’atro, si è reso conto che forse conviene proporre non solo il vino ma anche il vignaiolo.
Quando inizi a seguirlo e magari lo incontri, ti rendi conto che dice di sè molto più di quanto non dica di quei suoi vini che, come Vi ho già detto sopra, parlano in realtà da soli, in tutta sincerità e senza significati reconditi.
La campagna
E quando racconta dei suoi vini lo fa senza atteggiarsi a Solone o tuttologo, parole chiare, pochi tecnicismi e tanta sostanza: alla fine, il vino si fa prima di tutto in vigna, cercando di assecondare la natura e parandone, quando possibile, i colpi bassi.
La cantina, poi, viene da sè: si fa quel che si deve per non rovinare quanto si è fatto in campagna.
Parlando di vitigni, Federico non insegue solo la strada dell’autoctono, come ormai sembra volere la moda del momento, ma sa dare il giusto valore anche agli internazionali (che poi, come nel caso del Merlot del territorio tra Lanuvio e Aprilia, sono ormai autoctoni anche loro), riconoscendogli quel plus di raccontare veramente il territorio per quello che è.
I vini
“AMALTEA” è Trebbiano al 100%, erbaceo quel tanto da non coprire i fiori del prato in cui Vi trasporta.
Anglosassone la corrispondenza del sorso, maschio ma con grazia.
Un sorso fresco, che richiede il bis.
La spalla acida vorrebbe convincerVi ad aspettare ad aprire, ma il sorso oltremodo fresco richiede il bis e quindi, meglio ve ne compriate qualche bottiglia se volete “dimenticarle” in cantina per i giorni a venire!
Chi l’ha detto che il “SAUVIGNON” deve sapere di “pipì di gatto” (ops! Si dice: “di bosso”)?
Aromatico con garbo, morbido e masticabile.
Una sapidità tutta “lanuvina” a coprire la pur importante freschezza.
Se dovessi muovere un appunto, parlerei di quella sottile nota di ananas che me lo estranea dal panorama del Sud del Lazio, ma poi arriva quella nota mentolata e rinfrescante finale che rinnova la voglia di un secondo bicchiere e… tutto il resto scompare.
“SPERONE” (Merlot 60%, Cabernet Sauvignon 30%, Montepulciano 10%)
È il primo vino dell’Azienda, una sorta di monumento a quei vitigni internazionali che il territorio pontino ha visto arrivare sin dal dopoguerra e che, ormai “naturalizzati” autoctoni, garantiscono con le loro caratteristiche la perfetta espressione del territorio.
Un vino ruffiano quel tanto che basta per attirare tutti senza scontentare nessuno.
Piccoli frutti rossi perfettamente integrati al giusto apporto di spezie e tabacco in un sorso giustamente tannico e di salina freschezza.