Quando si parla con Giovanni Fabbri, c’è sempre da imparare qualcosa ed è quindi con vero piacere che colgo l’occasione per farVi partecipi di come questa meravigliosa realtà, che produce pasta in quella Terra del Chianti che tutti conoscono solo per il vino, fin dai primi anni del secolo scorso, avesse bene in testa non solo la Qualità ma anche quell’evoluzione tecnologica ad essa asservita.
Leggete con curiosità questo articolo che ricevo e volentieri pubblico.
09 Apr 2020|Pubblicazioni
di Pierre Guichard
Nel 1911, il Pastificio Fabbri passò dalla ruota di marmo col cavallo all’energia elettrica offrendo da allora una “lavorazione igienica” ai suoi clienti. Per accompagnare questo cambiamento, lo storico stabilimento di costruzioni meccaniche Pietro Veraci[1]di Firenze, propose un preventivo accompagnato da una pianta del futuro impianto del Pastificio e dai disegni dei futuri macchinari. Scopriamo insieme questi eccezionali pezzi d’archivio:
Pianta progettuale dell’impianto elettrico del Pastificio Fabbri, Stabilimento Società Veraci – Firenze, 20 marzo 1911
Preventivo dell’impianto elettrico del Pastificio Fabbri, Stabilimento Società Veraci, 6 aprile 1911
1. L’impastatrice
Impastatrice per semolini, capacità Kg: 40, Stabilimento Società Veraci – Firenze, 6 febbraio 1923
Impastatrice tipo semplice, disegno raffigurato nel catalogo di macchine per pastifici, Ditta Fratelli Costa & Figli. Bologna (1910 circa)
Prima macchina del processo produttivo, l’impastatrice ha la funzione di mescolare la semola e l’acqua per creare l’impasto. L’operazione deve essere eseguita in un tempo abbastanza breve per evitare ogni aerazione e fermentazione dell’impasto.
Giovanni Fabbri scelse un modello che presentava una capacità di 35/40 kg di semola ed una vasca con 450 mm di diametro. Questo permetteva una produzione oraria compresa fra i 75 ed i 120 kg. Per ottenere l’impasto giusto, l’operaio doveva usare circa 8/9 litri d’acqua per 35 kg di semola di grano duro.
Una volta pronto l’impasto, la pasta veniva immediatamente immessa nella gramola.
2. La gramola
Gramola a coni da paste, Stabilimento Società Veraci – Firenze, 8 maggio 1909
Gramola a rulli conici scanalati tipo “Attara”, disegno raffigurato nel catalogo di macchine per pastifici, Ditta Fratelli Costa & Figli, Bologna (1910 circa)
La gramolatura completa il lavoro svolto dentro l’impastatrice. Il suo compito è di rendere più omogeneo e amalgamato l’impasto, fase critica per dare un bel aspetto alla pasta. La pasta veniva gramolata per circa 10-15 minuti prima di poterla passare successivamente al torchio.
Nel 1911, il Pastificio Fabbri ha scelto un modello di gramola a rulli conici scanalati con una capacità di 35/40kg di semola di grano duro. Il metro di diametro della vasca permetteva una produzione oraria di circa 75-120 kg.
3 e 4. Il torchio
Strettoio[2] grosso da paste lunghe, Stabilimento Società Veraci – Firenze, 8 maggio 1909
Torchio verticale a vite a due campane, disegno raffigurato nel catalogo di macchine per pastifici, Ditta Fratelli Costa & Figli, Bologna (1910 circa)
Dopo la gramolatura, la pasta veniva passata al torchio, il quale era verticale per la produzione dei formati lunghi ed orizzontale per tutta la pasta corta. L’impasto veniva incastrato manualmente dentro la “campana” del torchio e spinto sotto la pressione della vite attraverso la trafila. Quest’ultima, grazie ai suoi fori di differenti forme e dimensioni, permetteva la fuoriuscita della pasta nel formato desiderato.
Nel 1911, il Pastificio comprò due modelli di ultima generazione con un diametro di 285 mm (280 mm per il torchio orizzontale), “stacco automatico a frizione quando è finita la pasta nella campana e camicia per riscaldamento ad acqua calda”, come dice il preventivo (vedi. foto…). Tali macchinari permettevano di produrre fra i 60 e i 120 kg di pasta l’ora, a seconda della qualità del grano, dell’impasto e del formato scelto.
Il modello verticale possedeva due campane di pressione che permettevano di ottimizzare notevolmente la trafilatura. Infatti, mentre una campana era attiva, l’operaio poteva procedere alla pulizia, al ricaricamento e all’eventuale sostituzione della trafila dell’altra campana. Il torchio per pasta tagliata invece era munito di un coltello rotante automatico a 10 velocità posto all’esterno della trafila stessa, permettendo di produrre un’ampia gamma di formati.
Strettoino[3] per fare le paste tagliate, Stabilimento Società Veraci – Firenze, 8 maggio 1909
Torchio orizzontale a vite tipo “Tuo”, disegno raffigurato nel catalogo di macchine per pastifici, Ditta Fratelli Costa & Figli, Bologna (1910 circa)
La pasta, una volta pronta, andava messa nelle celle d’essiccazione per 3 giorni per i formati di pasta corta fino a 6 giorni per i formati lunghi. Fino ad oggi, il Pastificio ha sempre rispettato questi criteri d’essiccazione ed ha mantenuto lo stesso volume di produzione.
Illustrazioni della “Columbia Macaroni Manufacturing Company”, pastificio di New York City raffigurato nella rivista Scientific American, 27 maggio 1893
Note e referenze
[1] Dal 1985, l’archivio della ditta Veraci ha ottenuto il provvedimento di dichiarazione di notevole interesse storico dalla Soprintendenza Archivistica Toscana
[2] “Strettoio” è già accertata come sinonimo di “Torchio” nella 1° edizione (1612) del Vocabolario degli accademici della Crusca, p. 857.
[3] Diminutivo di Strettoio 4° edizione (1729-1738) del Vocabolario degli accademici della Crusca, vol.4 p.776.
R. Rovetta, Industria Del Pastificio O Dei Maccheroni – Terza Edizione Ampliata Ad Uso Degli Industriali Ed Ingegneri, Ulrico Hoepli, Milano, 1929, 840p.
Macchine per pastifici, Fratelli Costa & Figli, Premiata officina meccanica con fonderia, Bologna, (circa 1910), 20p.
Macchine per pastifici, Officine Riunite Italiane (O.R.I.), Unione tipo litografica Bresciana, Brescia, 1923, (circa 1910), 160p.