Lo so sarà una lettura difficile ma il vino, oltre che piacere, è cultura e quindi…
Perchè ho deciso di imbarcarmi in un articolo sul vino nella Pasqua ebraica non lo so, sarà colpa della prolungata quarantena (e non solo quaresima) cui ‘sto Coronavirus mi ha costretto, ma ad un certo punto mi sono chiesto il perchè tanti riti religiosi ruotino attorno ad esso.
Noi cristiani lo vediamo solo per un momento, perchè subito dopo si “trasforma” in altro, ma gli ebrei, ci costruiscono intorno tutte le celebrazioni della loro lunga Pesach ed il vino rimane tale.
Ed ora: speriamo di non dire stupidaggini e di scrivere bene parole che faccio ancora fatica a ricordare (in caso contrario, spero mi perdonerete e correggerete)!
Il significato della Pasqua
Quella della Pasqua sembra essere una festa legata a filo doppio con la Primavera.
La Pasqua Cattolica (di Resurrezione) si festeggia la prima domenica successiva al primo plenilunio dopo l’equinozio di Primavera, quella Ortodossa la domenica successiva alla prima luna nuova dopo l’equinozio di Primavera (ma qui si parla di calendario Giuliano) e quella Ebraica (la Pesach) al tramonto del 14° giorno del mese di Nissan (e questo è un calendario luni-solare) che è variabile e cade tra marzo ed aprile (quest’anno dall’8 al 16 Aprile).
La Pesach
La (Pesach) celebra la liberazione del popolo ebraico dalla schiavitù egiziana (Nissan è il mese in cui il popolo ebraico è stato redento dalla schiavitù e quello in cui sarà redenta l’intera umanità).
Un rito lungo otto giorni durante le celebrazioni del quale, in ogni famiglia si legge l’Haggdà (il libro delle leggende).
Pesach significa “passaggio” e si riferisce all’angelo sterminatore che, nella decima piaga d’Egitto dell’Antico Testamento, passò sul paese uccidendo tutti i primogeniti (umani e non).
Il Seder di Pesach è la cena di Pasqua.
Nel rito cristiano, il vino, durante la consacrazione, si trasforma nel sangue di Cristo (transustanziazione) e, fino a non molto tempo fa, era solo il celebrante a “goderne”.
Durante il Seder invece, il suo ruolo è ben più centrale e prolungato, scandisce l’ordine della celebrazione e ne fruiscono tutti i partecipanti.
IL VINO KOSHER
Inutile dire che il vino deve rispettare le severe norme Kosher che ne regolano la produzione.
Viene certificato come:
- vino solo kosher: da bere tutti i giorni tranne che durante lo Shabbat;
- vino Kosher per Pesach: deve essere privo di qualsiasi traccia di pane o pasta dato che in questo periodo è assolutamente proibito consumare lieviti di farinacei.
- vino yayin mevushal (pastorizzato): quello che può essere servito a tavola anche dai non ebrei.
Tra le tante norme da osservare, a regola dell’Orla impone che l’uva provenga da viti di almeno quattro anni (i grappoli prodotti negli anni precedenti devono essere distrutti prima della fioritura).
Ogni sette anni la vite deve essere lasciata a riposo (ecco a voi il famoso “anno sabbatico”).
Nell’interfilare non sono consentiti ortaggi o piante da frutto (ma in alcuni paesi è consentito il sovescio).
Tutto il personale addetto alla lavorazione deve poi essere ebreo osservante.
Tutto quanto usato per la raccolta e lo stoccaggio deve essere Kosher e pulito con acqua bollente (devono essere nuove le parti in gomma).
Tutte le sostanze usate nella produzione (lieviti compresi) devono essere Kosher.
Non deve essere stato prodotto nè toccato da mani “gentili” (a meno che non venga pastorizzato).
Se il rabbino presiede alle operazioni di cantina, il vino può anche non essere pastorizzato ma deve essere servito a tavola solo da personale ebreo.
Sull’etichetta c’è il nome del rabbino che ha effettuato i controlli.
In rispetto dell’offerta da fare al Tempio di Gerusalemme, alla fine della produzione, l’1% massimo viene versato lontano dalle botti utilizzate.
IL SERVIZIO
Volendo parlare di “servizio” bisogna sapere che i bicchieri non devono presentare incrinature (ma sarebbe brutto anche su una tavola di atei) e devono essere riempiti fino all’orlo a simboleggiare abbondanza e felicità.
Il vino andrebbe consumato tutto d’un fiato (e letto così si potrebbe pensare alla “passatella” romana) ma, qualora non fosse possibile, la prima sorsata deve essere almeno la metà del bicchiere.
Il vino va consumato stando seduti comodamente e poggiando il gomito sinistro sul tavolo.
Durante tutto il Seder, la regola prevede che nessuno si versi il vino da solo (come accadeva invece durante la schiavitù).
Alcuni usano versare alcune gocce d’acqua nel vino per ricordare che in Israele, era vietato bere vino non annacquato a causa dell’elevata gradazione alcolica.
IL SEDER
Seder significa “ordine” ed è proprio secondo un preciso ordine rituale che si svolge la cena.
La benedizione del vino (Kiddush) dà inizio al Seder, durante il quale se ne bevono quattro bicchieri che, secondo il Talmud rappresentano le quattro promesse di riscatto che Yahvè diede a Mosè (astemi e bambini possono bere succo d’uva):
- Vehotzeti: vi sottrarro alle tribolazioni dell’Egitto;
- Vehitzaltì: vi salverò dal loro servaggio;:
- Vegaaltì: vi libererò con braccio disteso;
- Velakachti: vi porenderò quale Popolo, a me.
Il primo bicchiere di vino si beve subito dopo il Kiddush (la benedizione) e ciascuno deve bere dal proprio a differenza di quanto si fa durante lo Shabbat.
Il secondo bicchiere si consuma al termine della prima parte dell’Haggadà.
Il terzo dopo il Birkàt Hamazò (la benedizione di fine pasto.
Il quarto al termine dell’Haggadà.
Di questi, a seconda poi della provenienza geografica (Safarditi o Ashkenaziti), vengono benedetti il primo ed il terzo oppure tutti e quattro.
Il Seder proseguirà poi con il Karpas, l’antipasto fatto di cipolla, patata o sedano intinto nell’acqua salata (che rappresenta le lacrime amare versate dagli antenati in Egitto).
C’è poi Yachatz durante il quale la Maztà (il pane azzimo) viene spezzatta il due a simboleggiuare la divisione del Mar Rosso.
Durante il pasto si consumano le erbe amare (che ricordano l’amarezza della schiavitù) intingendole nel Chaoset (una pasta scura di frutta e noci che rappresenta l’argilla fatta in Egitto).
Si mangia poi un uovo sodo (intinto anch’esso nell’acqua salata e che, non avendo nè spigoli, nè inizio e nè fine, rappresenta l’eternità della vita.
L’agnello pasquale viene mangiato in ricordo di quelli che ciascuna famiglia dovette procurarsi alla vigilia della fuga.
Benedizioni, inni e lodi segnano poi la fine del Seder.
Ed ora…
Ed ora, se sarete riusciti a leggere tutte queste righe senza annoiarVi, vi meriterete il brindisi di Pasqua che preferite (magari con una delle bottiglie che Vi ho consigliato finora o che mi consiglierete voi in futuro).
E non è poco!