IL DOVE
Mattatoio prima, EX-mattatoio poi, Città dell’Altra Economia ora.
Testaccio, fronte “Monte dei Cocci”, centro di Roma tra una Piramide nel deserto della Capitale ed il fiume che ne ha segnato spesso la storia.
Per lungo tempo in stato di abbandono, ha avuto un quasi recente passato come area concerti ed interpreta oggi il ruolo di spazio di ritrovo e condivisione.
IL COSA
Lo scorso fine settimana è stata teatro dell’XI edizione della “Fiera dei Poeti della Terra”, manifestazione cresciuta negli anni e dedicata ad un incontro che potrei definire “informale” tra i piccoli Produttori di “vini naturali” ed il sempre più numeroso pubblico degli appassionati.
Stante la mia intima avversione verso tali prodotti, non potevo certo mancare per accrescere la mia poca cultura in materia ed imparare a valorizzare chi porta avanti con onestà il proprio ruolo di “custode di un Territorio”.
Sorvolando sull’impatto che la location ha su di me ogniqualvolta varco le porte di quel luogo, appena entro in sala sorrido al pensiero che stante l’odore neppure troppo celato di “acetaia”, qui nessuno abbia a temere per il coronavirus!
CHI C’ERA
E confidando nel fatto che gli assaggi non confermino l’impressione olfattiva, comincio a vagare buttando l’occhio qua e là, tra produttori quasi del tutto sconosciuti ed etichette spesso BELLISSIME (si, questo bisogna proprio riconoscerglielo! Le etichette di questi manichei che aborrono le pratiche di cantina sono davvero fighe!).
Direi una cinquantina di Aziende da diverse parti d’Italia, un po’ di Francia ed un po’ di Spagna.
Ampio il parterre di appassionati, tutti omologati nell’atteggiamento modaiolo di chi “beve naturale” perchè è di tendenza e, pensano, controcorrente.
Basta con i vini convenzionali!
Cancelliamo 2000 anni di storia enologica!
Ma io non criminalizzo nessuno ed assaggio per cultura personale, curiosità e voglia di confronto.
GLI ASSAGGI
Dovendo pur cominciare da qualche parte, prendo il mio quadernino (inutile visto che mi sono dimenticato gli occhiali) e aggredisco il primo tavolo in fondo alla sala.
Il Lazio
Siamo nel Lazio, ad ISOLA LIRI, nel frusinate che volge lo sguardo al mare.
IL VECCHIO POGGIO è la scommessa di GRAziella ed AMEdeo, che si innamorano della più bella collina della zona e nel 2014 strappano 1ha di terreno all’abbandono impiantando Cabernet Sauvignon, Sirah, Malvasia e Riesling (e qualche olivo da rimettere in sesto con tenacia).
5000 bottiglie, ‘na puzza!
Praticamente il vino per casa…ma quello BUONO!
“GRAMÈ” è un blend di Malvasia e un 20% di Riesling, quest’ultimo è alla prima vendemmia e stenta un pochino a farsi largo tra i sentori della Malvasia, ma se non si ha fretta, regala un naso che accresce l’intrigante aromaticità del bicchiere.
Fresco e salino il sorso di questo vino pulitissimo che se ne sta 4gg in anfora.
“ENCLAVIO” è dedicato a quello che è Isola Liri ed è un Sirah di quelli che non comprerei per il naso troppo ruffiano ma che si rivela poi avere un corpo tutto suo ed un interessantissimo non so che di salmastro e marino.
“PUDDINGA” è dedicato al terreno che ospita le vigne; 10 mesi di anfora che regalano un Cabernet Sauvignon dal tannino vispo ed un po’ spigoloso ma tipico e fresco.
A loro do il mio personalissimo Premio “INTERPRETAZIONE” per la capacità di raccontare un territorio dall’etichetta al calice facendo vini come piacciono a loro ed incontrando il gusto del pubblico.
L’ABRUZZO
Alle mie spalle incombe l’Abruzzo di “TOCCO D’ITALY” (confesso che il nome non mi piace troppo, ma l’hanno cambiato con uno davvero figo e quindi li perdono), giovanissima azienda di Tocco da Casauria cui va il mio Premio “CORAGGIO” per non aver alcuna remora a condurre gli assaggi partendo dal campione di vasca prima di arrivare alla bottiglia.
Fresco, sapido e beverino il loro “TREBBIANO” che dalla vasca alla bottiglia denota un encomiabile continuum
Il “PECORINO” è un’altra cosa.
Il campione di vasca è vero succo di pera e ricorda ciò che resta della decantazione di “CARONTE” una delle interpretazioni più estreme di questo vitigno, opera del mio amico Massimiliano D’Addario (Marina Palusci), abruzzese “forte e gentile” pure lui.
Dalla bottiglia, ne esce arricchito da un piacevolissimo finale di mandorla e genziana.
Sul “ROSATO“, devono forse lavorare ancora un pochino, ma il “MONTEPULCIANO“, che eleva al quadrato le caratteristiche del primo, è davvero fresco e tipico.
L’EVO arriva da 900 piante di Toccolana ed è un pulitissimo naso di cicoria e pomodoro conforme alla’assaggio.
“MORMAJ” (MORrone MAJella) è l’etichetta ed il nuovo brand aziendale: credo che non ci possa essere dimostrazione migliore di come questi ragazzi, concreti e determinati, siano attaccati al Territorio in cui operano.
LA CALABRIA
LUCÀ mi riporta in Calabria con i classici della regione di cui mi hanno colpito innanzitutto “MARASÀ ROSSO” 2016, un Nerello Calabrese che esce dal suo anno e mezzo di botte grande portandosi dietro l’eleganza di sentori caramellati e speziati.
I passiti sono 2 e conoscono botti grandi di cent’anni: un “MANTONICO” 2013, color tabacco e freschissimo di croccante alla mandorla e con una acidità che lo rende ideale con i formaggi.
L’altro è un “GRECO DI BIANCO” 2015 che mi piace definire con il solo termnine di “masticabile”.
Resto in regione con DIANA e mi preparo a testare le capacità in vigna di un’Azienda TOP dell’EVO.
Tre le proposte: “MILEO BIANCO” è un blend di Malvasia (60%) e Guarnaccia Bianca (40%) in cui i due vitigni si sorreggono vicendevolmente con il primo a dare naso e finale di bocca, ed il secondo ad aggiungere corpo ed accrescere l’eleganza olfattiva.
“MILEO ROSSO” è Lacrima in purezza, freschissimo e dalle note nette di rabarbaro e ciliegia.
Il “MOSCATO DI SARACENA” è il tocco d’artista! A confermare che i passiti vanno si d’accordo con la pasticceria secca, ma che con i formaggi giusti o un buon sigaro (ma, perchè no, anche da soli) non stonano assolutamente.
Gli EVO sono una dimostrazione di capacità (in campagna ed in frantoio) e di tenacia (nel perseverare a gestire una raccolta difficile a causa delle piante secolari).
A loro va con pieno merito il Premio “MODESTIA” per quella che hanno saputo mettere nella presentazione dei loro prodotti in generale e dei loro EVO in particolare (che non è un caso meritino le “5 GOCCE“).
La Qualità ha bisogno di persone che sappiano riconoscere eventuali mancanze (IMHO davvero ininfluenti nel loro caso).
LA TOSCANA
A fianco a loro c’è la Toscana de LA GINESTRA che colpisce la mia attenzione per la presenza della pasta sul tavolo.
4 le etichette a cominciare da “TUTTO ANPHORA FRIZZANTE“, un Sangiovese rifermentato in bottiglia, giovane e spint, acido e limonoso a scimmiottare lo champagne.
“TUTTO ANPHORA BIANCO” è un Trebbiano che dimostra come ci si possa sbagliare nel credere nella sola neutralità di tale vitigno.
E dopo il Canaiolo di “LEA” che conferma le proprie doti di vino beverino, si arriva a “TUTTO ANPHORA ROSSO“, un Sangiovese che esce dall’anfora portandosi dietro davvero tanta roba e da riassaggiare con calma per apprezzarne in pieno le potenzialità.
I 40ha di seminativo, finiscono in parte anche pastificati.
Tanti i formati (forse troppi) e diversi i pastifici cui si affida l’Azienda (nessuna sorpresa lo scoprire che gli spaghettoni sono opera del grande Giovanni Fabbri), aspettate che faccia le mie prove e rimanete sintonizzati: ne risentirete parlare.
LA SICILIA
BRUNO FERRARA SARDO sta a Randazzo e della sua Sicilia, riesce a mettere in bottiglia tutto il vulcano che c’è!
Colpisce la simpatia ed il calore con cui ti accoglie e ti coinvolge nel raccontare il proprio Territorio con cuore e passione.
Nerello Mascalese e basta per “‘NZEMMULA“, quattro annate assaggiate a suo estro ma con grande lungimiranza.
LA 2012 è l’unica con un 10% di legno e, per essere la prima annata, è una bella prova d’autore.
La 2016 è più dinamica e scattante: poco impegno e tanta sostanza.
La 2014 è la dimostrazione che chi sa fare vino esce vincitore anche dalle annate difficili ed infine, la 2015 è la ciliegina sulla torta di un pomeriggio diverso dal solito.
Un’Azienda da riassaggiare assolutamente e con la dovuta calma.
Ovviamente c’era tanto altro!
Ho assaggiato cose di cui è meglio non parlare ed ho certamente fatto torto ad altre Aziende al cui tavolo non mi sono fermato e a cui spero di poter arrivare in una prossima occasione.
E ALLA FINE?
Alla fine della giornata posso ritenermi soddisfatto sotto diversi punti di vista.
Da una parte ho trovato diverse conferme al mio personalissimo parere sulla gran parte dei cosiddetti “vini naturali”.
Dall’altra ho scoperto produttori seri e capaci, con una gran voglia di migliorare e con la testa ben indirizzata verso la Qualità dei prodotti proposti, Produttori a cui concedo volentieri un punto in più per avermi fatto assaggiare vini pulitissimi dandone una definizione di naturale solo a contorno di quanto espresso dal calice.