COSA E DOVE
A Seguito del convegno “VINO 4.0“, lo SHERATON dell’EUR ha ospitato lo scorso 17.02 l’evento dedicato da GAMBERO ROSSO ai vini che saranno protagonisti delle prossime FIERE enoiche nazionali e non.
CHI C’ERA
Oltre 40 Aziende e 5 Consorzi (CONSORZIO CHIANTI COLLI FIORENTINI, CONSORZIO BARBERA D’ASTI E VINI DEL MONFERRATO, CONSORZIO TUTELA CUSTOZA DOC, CONSORZI DI TUTELA E PRODUZIONE DEI LAMBRUSCHI e CONSORZIO DI TUTELA DEL PRIMITIVO DI MANDURIA DOC) hanno presentato le propri eccellenze alla solita pletora di professionisti, appassionati e/o semplici “bevitori” e, a giudicare dal “il buffet è aperto” style, il successo è stato notevole.
CHE ASSAGGIO?
Davvero speravo si trattasse di una cosa più consona all’assaggio ma le lunghe file di fronte agli espositori più blasonati (che novità eh!?) mi hanno subito reinserito nel mondo reale.
Forte della mia check-list e con il calice ad armacollo ho buttato il solito sguardo indagatore per rendermi conto ancora una volta che i programmi sono fatti per essere stravolti.
Il fatto di non avere neppure molto tempo a disposizione mi fa ben presto decidere per l’opportunità di chiudere il cerchio con alcune lacune del Friuli Venezia Giulia e dell’Abruzzo senza dimenticare qualche sortita in Toscana, Emilia Romagna e Piemonte.
IL FRIULI VENEZIA GIULIA:
Iniziamo dalla Famiglia ZORZETTIG, vocata alla vigna da diverse generazioni, e dalla bellissima etichetta che cela una “Ribolla Gialla” 2018 di spessore, ammiccante del vento che spira in collina, floreale e dalla bella mineralità.
Ci vuole poi un bel gioco di parole ed un gran lavoro di botte per arrotondare il rotundone del Refosco “MYO” 2016 e farlo con tale sapienza.
Con OBIZ ci si sposta verso quella zona del Friuli cui già i Romani avevano dato importanza a livello commerciale e che ultimamente mi sta regalando interessantissime scoperte.
Siamo ad Aquileia, dove il mare è una presenza importante per l’occhio e per il palato e dove le colline sono un lontano panorama.
È un’Azienda relativamente giovane ristrutturata nei suoi 25ha e con successo, nel periodo tra il 1997 ed il 2000.
Inutile dire che la salinità del porto romano, nelle loro bottiglie ci sta tutta!
La “RIBOLLA” 2018, se anzichè al naso la avvicinate all’orecchio, vi fa sentire il mare ed il “REFOSCO” 2017 dimostra che un legno di terzo passaggio c’ha il suo perchè.
OBIZ c’è! La Ribolla col mare dentro
MONVIERT è l’Azienda Ronchi di San Giuseppe 2.0: un azzeccato passo in avanti a livello di mentalità supportato dalla convinzione di NON voler assolutamente abbandonare il solco della tradizione e della Qualità che caratterizzano questo lembo dei Colli Orientali del Friuli.
Qui assaggio lo “SCHIOPPETTINO” 2016, proveniente dai vigneti di Spessa che, pur non regalandomi le intensità dei cugini provenienti da Prepotto, sottolinea ancora una volta la potenza e la peposità del rotundone.
Tuttavia, il premio “TRADIZIONE”, lo do al loro “TOCAI”, intanto perchè lo chiamano piratescamente come me (FRIULANO è per i fighetti) e poi perchè è maledettamente didattico e territoriale.
Il grande “REFOSCO” ed il grandissimo “SAUVIGNON” (ambedue della serie “VIGNETO BELLAZOIA GRAND CRU“) che addobbavano il tavolo di TENIMENTI CIVA, mi hanno deliziato con i loro profumi austeri, maschili ma mai invadenti, evocando emozioni di confine.
BELLAZOIA in parata. BELLAZOIA al fresco.
L’ABRUZZO
COL DEL MONDO è una vecchia conoscenza della mia tavola e qui era presente con due declinazioni di “MONTEPULCIANO” 2016 e 2015 in cui Fabrizio (Mazzocchetti) riesce ad illustrare l’ampiezza gusto olfattiva di un vitigno che, nell’annata più giovane, si presenta dapprima fresco e quasi femminile, rivelando però poi un inaspettato polso da vero duro; la 2015 è stata una gran bella annata e qui si sente tutta: maschio e tradizionale, con quei toni verdi e un po’ scontrosi che rappresentano l’Abruzzo “forte e gentile”.
SAN GIACOMO gioca sui toni marini a regalarci un “PECORINO” 2019 giocato molto sui fiori e poco sulla mineralità, giovanile al naso ed al sorso: manca solo il pesce o qualche amico in una sera fresca, ad accompagnarlo.
CIAVOLICH non lo assaggiavo da un po’ e qui ho avuto l’occasione per pentirmene.
Il “PECORINO” 2016 dimostra le potenzialità di un vitigno spesso snaturato e qui proposto in veste “fermentazione spontanea”.
Davvero notevoli le note erbacee che riesce ad esprimere!
Ugualmente importante l’impatto del “MONTEPULCIANO” 2015, ancora giovane al naso ed in bocca, “grezzo” (in senso buono); il Montepulciano di una volta.
LA TOSCANA
La toscana che assaggio è quella dell’amico Marco (Ferretti) e di LA QUERCE.
Siamo ad Imruneta piena DOC Chianti Colli Fiorentini e, ci tengo a sottolinearlo, hanno anche l’EVO in catalogo (ed una ammirevole modestia nel proporlo).
Ah il Canaiolo di “BELROSSO“! Portatemene un’autobotte ed una cannuccia!
360° di freschezza!
“SORRETTOLE” è un interessante mix di eleganza e tradizione, con una lacrima di Merlot ad arrotondare i toni del Sangiovese.
“LA TORRETTA” è un bella dimostrazione di come vada usata la botte per conservare una tradizione che va oltre la DOCG e che è ormai sempre più spesso dimenticata.
E poi “TERRA DI VINO“, che vince il mio personalissimo premio “CORAGGIO”.
Basta con queste “anfore”! Qui siamo in Toscana e, abbiamo il coraggio di dirlo, si usa “l’ORCIO” per fare un vino “piacione” al naso ma dannatamente maschio in bocca.
Beh, un’altra occasione per ricredermi nei confronti del Sangiovese apprezzandone la potenza.
LA QUERCE in grande spolvero! Ma quale anfora! Qui c’è lORCIO!
A TENUTA IL CORNO, do il Premio “AZZARDO” per un’etichetta che Vi invito ad scoprire da soli e per un “VIN SANTO” che, per la presenza di Colorino è forse poco classico nel colore ma cela un naso davvero gourmet, di una complessità che è difficile sviscerare e che spazia dalla creme brulee al cioccolato passando per una serie infinita di altri possibili riconoscimenti.
TENUTA IL CORNO: la bottiglia “alla carta” TENUTA IL CORNO: tre signori
IL PIEMONTE
GOZZELINO vince il premio per le etichette “MENO” tradizionali e per questo più fighe e mi fa assaggiare un Barbera 2019 che…porca miseria! Ma la bottiglia è già finita prima ancora che possa dirvi di quanto possa risultare beverino nonostante il suo naso austero.
E poi “IL” Moscato, quello che vorresti fosse sempre natale per far capire alla gente che con il panettone non ci vuole il BRUT!
L’EMILIA ROMAGNA
Quando parlo del mio AMORE per il Lambrusco (o meglio: I Lambruschi), spesso mi guardano male e faccio non poca fatica a decantare le lodi di una famiglia ampelografica in cui, forse, eleggo a figlio prediletto il “Maestri“; ma è davvero un GRANDE FORSE!
Per carità, il vino, deve essere innanzitutto BUONO a prescindere dai gusti personali, ma nella mia tavola periodica del buon bere, al Lambrusco assegno un posto di riguardo ed una marcia in più!
Il Lambrusco è l’anima di una regione che fa del bel vivere un credo e potrei decantarne note organolettiche per ore, ma l’unica cosa che conta è che, in tavola, fa stringere amicizie!
E se ad una certa ora mi è concesso recriminare su una cosa della giornata odierna, è che sono stato troppo “orgoglione“.
Ho assaggiato già un sacco di cose ed ora, ora che vorrei avere una sedia per chiacchierare con il bicchiere in mano, capisco di non poter passare in rassegna tutte le etichette che mi riempiono gli occhi.
Scelgo dunque a caso e mi butto su quanto proposto da CANTINA DI CARPI E SORBARA.
Le etichette meritano sicuramente il podio per l’avere un non so che di “felliniano” ma è il Sorbara che sta sugli scudi con “OMAGGIO A GINO FRIEDMANN“.
E siccome a fine serata bisogna procedere con cautela, faccio un piccolo passo a destra e ficco il naso da CANTINE LOMBARDINI: Reggiano Lambrusco “IL CAMPANONE” 2019
Più morbido perchè anche Marani.
ED ORA?
Ed ora niente! vado a casa avendo imparato un sacco di cose nuove con il buon proposito di “stalkerare” i produttori per poter saperne di più sulle loro storie e poter riassaggiare con la dovuta calma quanto di buono hanno saputo regalarmi in questa bella giornata.